venerdì 31 agosto 2007

A.A.A. LAVAVETRI CERCASI




Il nostro cocco bill allineato al governo, anzi ne ha anticipato le mosse
peccato che non abbiamo lavavetri, dovremmo importarli!
Questo povero paese afflitto da chi scarabocchia muri ed elemosina!

venerdì 24 agosto 2007

RAPPORTO CARRER

La città di Ventimiglia

La realtà socio-economico

criminologica
Rapporto di ricerca
Francesco Carrer
2006

Indice
i . La metodologia della ricerca p. 3
2. La realtà storico-urbanistica p. li
3. I dati demografici p. 25
4. La realtà socio-economica p. 28
5. La realtà criminologia p. 70
6. Le forze dipolizia p. 112
Conclusioni p. 124
Bibliografia p. 135

2

i . La metodologia della ricerca
Per quanto riguarda lo studio della criminalità nel suo insieme, un aspetto oggi particolarmente significativo è rappresentato dalla divergenza esistente fra la criminalità ufficiale, la criminalità reale, la criminalità percepita e il senso di insicurezza vissuto dai cittadini.
A questo riguardo, si può citare quanto molto opportunamente ricordato nel Rapporto del Ministero dell’Interno su “Lo stato della sicurezza in Italia” del 2003 a introduzione della presentazione dei dati sulla criminalità ufficiale.
La “criminalità ufficiale” è quella cui è opportuno fare riferimento in prima battuta, in quanto è quella che si riferisce ai dati ufficiali, ricavabili dalle denunce dci cittadini e da quanto operato autonomamente dalle forze di polizia e dalla magistratura. Pur con i loro limiti, questi dati rappresentano 11 punto di partenza per qualsiasi altra ricerca e considerazione. I dati della criminalità ufficiale risentono dei limiti del fenomeno del cosiddetto “numero oscuro” dei reati, cioè dell’insieme di reati che, per diversi motivi, non arriva a conoscenza delle agenzie deputate alla raccolta delle scgnalazioni dei reati stessi. Il “numero oscuro” varia a seconda della gravità dei reati e, nel tempo, in base al diverso atteggiamento dei cittadini ed alla loro propensione a sporgere denuncia degli episodi delittuosi di cui sono stati vittime o sono venuti a conoscenza.
La “criminalità reale”, da parte sua, è rappresentata dal numero effettivo dei reati commessi. Si tratta di un dato non conoscibile nella sua globalità, considerando che, per diversi motivi, non è possibile registrare il numero esatto di tutti i reati commessi. E peraltro possibile avvicinarsi alla conoscenza dell’insieme della criminalità reale impiegando particolari tecniche di misurazione, complesse e costose, quali le ricerche di vittimizzazione e di auto-denuncia. Si tratta di rilevamenti che, utilizzando metodologie che tutelano l’anonimato di chi risponde, raccolgono dati sui reati subiti o commessi dalle persone del campione considerato.
La “criminalità percepita”, infine, è un dato soggettivo, che varia per ciascuno di noi, e rappresenta la quantità di reati che ogni persona ritiene vengano commessi in una specifica realtà. Si tratta di un dato che, spesso, risente di una sovrapercezione, collegata alle caratteristiche soggettive di ognuno ed a quelle, oggettive, che caratterizzano il suo ambiente di vita. La “criminalità percepita” è quella che maggiormente interferisce nella costruzione, individuale e collettiva, della nostra percezione dell’insicurezza e che concorre a delineare l’insieme dcl fenomeno del cosiddetto “allarme sociale”. Un allarme sociale che talora concorre a costruire in maniera deviata l’informazione e la consapevolezza dei cittadini rispetto alla gravità dei reati cd alla corretta priorità degli interventi.

3

Il senso di insicurezza, infine, si costruisce quotidianamente in ogni essere umano per l’intcrrelazione di parametri - individuali e collettivi, oggettivi e soggettivi, ambientali, psicologici, sociali, relazionali, culturali - correlati alla qualità della vita e alla vivibilità delle realtà urbane, fra i quali la criminalità è certo importante, ma non esaustiva.
A proposito del “numero oscuro” dei reati, si può rilevare che, nell’indagine Istat sulla sicurezza dci cittadini, effettuata in Italia nel 1997 - 1998, è stato rilevato che solo il 36% dei reati segnalati come subiti dai cittadini del campione è stato denunciato alle forze di polizia. Ci sono differenze molto significative a seconda del tipo di reato; i reati più denunciati sono quelli che riguardano i furti di veicoli (dal 90 % delle auto al 77 % delle moto), seguiti dal 69 % dei furti in abitazione, dal 56 % degli scippi, dal 54 % delle rapine e dal 52 % dei borseggi per arrivare all’i % della tentata violenza sessuale. La variazione del “numero oscuro” dello stesso reato dipende anche dalla “politica” messa in atto dalle forze di polizia nelle diverse epoche storiche. E evidente ad esempio che, se si desidera abbassare la percentuale dei borseggi, è sufficiente convincere le vittime che si presentano a sporgere denuncia che - non potendo indicare con precisione come e quanto sono state borseggiate - si tratta “più banalmente” dello “smarrimento” di oggetti che erano nella borsa, e quindi non esiste reato, abbassando così la percentuale dei reati insoluti.
In una recente polemica sulla realtà dei dati criminologici disponibili per serie analisi scientifiche sorta in Francia (Liberation, 28 aprile 2006), si fa riferimento a “cifre sparse e contraddittorie, ad analisi disperse, parcellari, contraddittorie e poco pragmatiche, ed alla difficoltà di disporre di dati affidabili cd interprctabili”.
I dati della ‘criminalità ufficiale”, inoltre, risentono notoriamente del diverso impegno delle forze di polizia nel perseguire un dato reato, delle diverse modalità di registrazione dei dati stessi e degli eventuali cambiamenti legislativi intercorsi nei periodi di tempo considerati.
Ancora a proposito dell’accesso ai dati, come ricordava Philippe Robert (Liberation, 28 aprile 2006), “i dati sono difficilmente accessibili e ottimamente protetti contro le curiosità dei ricercatori”.
A proposito del senso di insicurezza, soprattutto per quanto si può riferire all’eventuale presenza di forme di criminalità organizzata, è noto che, soprattutto nelle realtà dove queste sono “più evolute”, esse vengono percepite come particolarmente negative e problematiche solo dagli esperti e dai cittadini più attenti e consapevoli. È giocoforza, purtroppo, che gli aspetti relativi alla microcriminalità, che certo incide in maniera più significativa sulla sicurezza “spicciola” dei cittadini e sulla loro vita quotidiana, siano vissuti dalla gran parte delle persone con maggiore preoccupazione rispetto alle espressioni più specifiche dell’attività di criminalità organizzata, da considerare ben più gravi nell’economia globale del Paese.

4

Come ho ricordato,”se, da una parte, fenomeni qualitativamente negativi generalizzabili quali la globalizzazione dei mercati, l’inquinamento, il rischio nucleare, l’instabilità del posto di lavoro contribuiscono ad aumentare l’inquietudine della maggior parte di noi e ad aggravare la percezione di fenomeni negativi legati alla nostra quotidianità, bisogna riconoscere che altri reati, oggettivamente ben più gravi di questi ultimi, quali corruzione, white collar crirnes e grande criminalità organizzata generano, alla gran parte dci cittadini, sentimenti di paura e di inquietudine in misura molto minore. A questo proposito, l’allontanamento di una prostituta o l’arresto di un piccolo spacciatore o di uno scippatore, per quanto temporanei, sono apprezzati dalla maggior parte delle persone molto più della cattura di un importante mafioso, della scoperta di una filiera di riciclaggio di denaro sporco o di un traffico internazionale di armi o di rifiuti tossici”.
Anche la stessa essenza o meno di un determinato fenomeno criminale specifico consente
- in assenza di altre informazioni che possano indirizzarne l’interpretazione in una direzione piuttosto che in un’altra - la possibilità di interpretazioni del tutto dicotomiche. La presenza di spacciatori, ad esempio, è certo indicativa dell’esistenza di un certo mercato di sostanze stupefacenti, e quella di prostitute, magari con alcove segnalate da lurninarie colorate, indica l’esistenza di una specifico traffico economico-sessuale. Analogamente, il susseguirsi di scippi in una data zona è indicativo della presenza di individui o bande dedite a quest’attività delinquenziale e gli incendi frequenti di autoveicoli o di esercizi commerciali può ben essere indicativo della presenza di forme di racket estorsivi.
D’altra parte, l’assenza di una loro visibilità non ci permette di escluderne consequenzialmente l’esistenza. In molti casi, i fenomeni sopraccitati possono esistere in forme poco visibili, quali le case di appuntamento discretamente inserite in quartieri “bene” di una realtà urbana e alimentate da casalinghe annoiate e da studentesse prive di altre borse di studio, le sostanze stupefacenti possono essere consegnate a domicilio da discreti corrieri e il pagamento del “pizzo” può essere accettato come un male minore da industriali e commercianti, fra un’Ici alzata e abbassata in funzione elettorale e una tassa sui rifiuti trasformata nel pagamento di un servizio.
È noto, ad esempio, che dal punto di vista della “microcriminalità”, la città di Palermo può essere considerata fra le più sicure d’Italia, proprio perché un ferreo controllo del territorio da parte dell’antistato contribuisce a tenerla lontana dalla città in funzione mediatica di costruzione di una propria immagine positiva. In maniera più generale, un fenomeno criminale può non apparire perché non esiste oppure perché viene tenuto nascosto per evitare controlli più pressanti e ulteriori presenze delle istituzioni dello Stato.
Analogamente, la presenza palese di taluni reati e l’esistenza di organizzate campagne moralizzatrici o finalizzate al ripristino di un particolare ordine, possono ben fungere da “falso scopo” per nascondere reati più gravi ed interessi illeciti più o meno reconditi. In questo caso, da un lato, si offrono a cittadini facili obiettivi alle loro giuste proteste, dall’altro si tende a saturare le istituzioni con interventi

5

defatiganti e irrinunciabili. Infine, si può utilizzare una data situazione socio- ambientale per meglio strutturare le proprie attività illecite.
Visto che si parla di fenomeni socio-criminali, non si può sottovalutare neppure il fatto che è molto difficile pensare che legami parentali e inveterate abitudini delinquenziali possano venire a cessare con un semplice trasloco di alcune centinaia di chilometri. Analogamente, bisogna considerare la possibilità del “pendolarismo criminale”, messo in atto da persone che si spostano per mettere in atto i propri comportamenti criminali e conservano un’apparenza di legalità laddove risiedono. Infine, può essere facile o quanto meno attraente, per chi risiede in una determinata zona, utilizzare l’esistenza di provenienze geografiche, parentele, legami affettivi. convivenze e sodalizi vari per costruire ipotesi esplicative. Ma le più affascinanti, o banali, ipotesi di lavoro
- come d’altra parte accade per le ipotesi investigativc - restano tali in assenza di concrete prove provate.
La rapidità delle operazioni finanziarie, la possibilità di disporre di prestanomi di ogni sorta, l’estensione della rete, sempre più virtuale, del sistema finanziario, impedisce
- in assenza di specifici strumenti e poteri investigativi - di arrivare agli eventuali centri di potere economico. In particolare, nel caso di Ventimiglia, la vicinanza con le realtà economico-finanziarie di oltre frontiera e la stessa presenza fisica di connazionali, corregionali, sodali e familiari può facilitare, se necessario, lo spostamento di capitali e l’effettuazione di qualsiasi tipo di operazioni, che sfuggono ad ogni ragionevole controllo di tipo scientifico.
Anche per questo motivo, il numero di sportelli bancari non può essere preso ad unita di misura di una determinata situazione Fra l’altro, come ricorda Dalla Pellegrina, la presenza di un maggior numero di sportelli bancari, “sebbene tenda a ridurre la propensione al credito usurario, è debolmente significativo”. Inoltre, per quanto riguarda il nostro caso specifico, come è stato ricordato da un tecnico del settore,
‘dato il tzpo di economia, ci sono molti sportelli, alcuni storici, e, forse sovradimensionati, altri minimi, ma tenuti aperti per onor di bandiera”.
Anche per quanto si riferisce ai dati di carattere economico e finanziario, collega- bili con possibili fenomeni criminali, è necessario sottolineare che i parametri di riferimento, come si può rilevare anche da opinioni più avanti riportate, non garantiscono la possibilità di una lettura consequcnziale e non possono aiutare alla definizione certa di fenomeni delinquenziali. Ciò anche in considerazione non solo della (quasi sempre comprensibile) riservatezza delle istituzioni preposte, ma anche delle disposizioni esistenti e dell’estrema libertà di carattere operativo concessa ad ogni cittadino ed operatore commerciale. Il solo fatto che - senza volcr pensare alla vicina Francia o ai solo geograficamente più lontani “paradisi fiscali”
- ogni cittadino italiano sia in grado, del tutto liberamente e lecitamente, di effettuare qualsiasi operazione bancaria - prelievi, versamenti, accensioni di mutui o altri crediti eccetera - presso qualsiasi istituto bancario della Repubblica, rende operativamente inutile qualsiasi analisi, riducendola a mero esercizio statistico. Quest’inutilità è confermata dalla possibilità, molto praticata dalla criminalità organizzata, di utilizzare figure ‘pulite” con funzione di prestanomi.
6

LE

Analogamente, basti pensare che la scelta del commercialista può spostare nel suo ufficio la sede di ogni attività economica e può contribuire a complicame la storia e le attività. Le stesse visure camerali non consentono, di fatto, l’analisi delle effettive proprietà e gli eventuali passaggi avvenuti.
In un Paese con uno Stato ‘in attacco” anche contro il malaffarc e l’evasione fiscale, dovrebbe essere possibile, alle forze di polizia specificamente interessate, un controllo anche su tutti questi aspetti (anagrafe tributaria, indagini patrimoniali, analisi del tenore di vita eccetera) fondamentali per inquadrare l’attività fiscale di ogni contribuente o presunto tale.
Come opportunamente evidenziato da Catanzaro e Trentini, “non sembra esserci nemmeno una relazione fra livello di sviluppo economico di una realtà e diffusione della criminalità economica. Ad esempio, i reati di stampo economico sono particolarmente diffusi sia in una regione dall’elevato dinamismo come la Lombardia, sia in Campania. La mancanza di tendenze univoche è confermata dalle informazioni contraddittorie che emergono a seconda che si consideri l’indice assoluto di criminalità economica o quello relativo nelle due diverse forme (inclusi o esclusi i furti): in ogni contesto, sembrano affermarsi peculiari modelli di sviluppo locale anche per quanto riguarda il rapporto fra economia e illegalità. Altra questione aperta è in che misura la diffusione di reati economici sia collegata alla presenza di criminalità organizzata. Infatti, alloro interno rientrano reati diversi, che vanno dalle truffe alla ricettazionc, all’evasione fiscale, all’omesso versamento di ritenute previdenziali, all’emissione di assegni a vuoto. Soprattutto gli ultimi tre possono essere considerati degli indicatori della qualità dell’ambiente in termini di propensione alla legalità, più che la diretta espressione della presenza di criminalità organizzata che esercita attività illecite”. Analogamente, si può ricordare che la Lombardia e la Campania sono le regioni dove risulta più consistente la presenza di intermediari finanziari.
Gli stessi autori evidenziano le difficoltà a loro volta incontrate in occasione di un’analisi simile a questa, anche se agevolata dalla maggiore ampiezza dell’ambito esaminato. “L’oggetto del nostro studio non si presta ad essere esplorato agevolmente attraverso la ricerca empirica. L’intreccio fra economia legale e illegale e il ruolo svolto dalla criminalità organizzata sono, infatti, fenomeni che sfuggono a un’immediata rilevazione e per i quali è necessario ricorre ad indicatori indiretti con tutte le problematiche che questo implica. Lo stesso obiettivo di individuare eventuali anomalie non è privo di criticità. Una prima questione riguarda la definizione stessa di anomalia del funzionamento di un sistema economico. Infatti, essa richiama all’esistenza di regolarità e, per certi aspetti, a una certa staticità, vale a dire due aspetti in contraddizione con l’andamento delle economie reali. Altro punto critico riguarda l’interpretazione delle anomalie eventualmente riscontrate. Come più volte affermato, può essere semplicistico ricondurle solo alla presenza di criminalità organizzata”.

7

In terna di sicurezza, controllo dcl territorio e contrasto alla criminalità, bisogna sottolineare anche il fatto che il nostro Paese non è particolarmente all’avanguardia per quanto riguarda la misura e la valutazione obiettiva delle modalità di lavoro delle forze di polizia, mancando ogni criterio e parametro in merito. A questo, si possono aggiungere altri aspetti, ancora prodromici ai precedenti, quale la valutazione degli organici del personale rispetto alle esigenze specifiche. Per ragioni di riservatezza ed opportunità, le polizie militari non comunicano la “forza” delle proprie strutture e reparti. Conseguentemente, il ricercatore - pur trattandosi in molti casi di un “non-segreto”, visto che, soprattutto nelle piccole realtà, tutti sanno chi e quanti siano i militari presenti, con i quali condividono la quotidianità nella realtà stessa - non dispone di dati ufficiali.
Ciò premesso, l’acquisizione dei dati necessari per il raggiungimento degli obiettivi posti da questa ricerca è stata attuata analizzando la realtà con una serie di strumenti tipici delle scienze sociali.
É necessario partire dalla raccolta dei dati ufficiali che é possibile acquisire presso le agenzie ufficiali deputate alla loro gestione: Uffici comunali, Istituto Nazionale di Statistica, Tribunale, Prefettura, Questura, Camera di commercio. A questo proposito, purtroppo, bisogna ricordare che non sempre é possibile trovare informazioni utilizzabili per la nostra analisi, in quanto si tratta in gran parte, se non nella totalità, di dati non disaggregati e non disaggregabili al di sotto della grandezza “provinciale”, e spesso non comparabili in quanto diversamente strutturati anche dalle stesse fonti ufficiali. In certi casi, infine, i dati disponibili, soprattutto se recentemente informatizzati, non sono in grado di coprire periodi di tempo sufficientemente significativi. Infine, ancora a titolo di esempio, visto che si parla ormai della seconda o terza generazione di immigrati, anche il controllo del luogo di nascita anagrafico rispetto ad un’appartenenza culturale perde ogni significativa indicazione.
A proposito dei limiti relativi ai dati ufficiali relativi alla criminalità, ed al conseguente senso di insicurezza da parte dei cittadini correlata alla precedente, è opportuno sottolineare le difficoltà che si incontrano per misurare la prima e l’interrelazione dei numerosi fattori che concorrono a costruire il secondo.
Altri dati vengono raccolti, per quanto possibile, dalla lettura di libri, monografie, tesi di laurea, quotidiani locali.
L’insieme di questi dati, comunque inficiati dalle limitazioni ricordate, è stato integrato da altre informazioni che sono state raccolte da una serie di “interviste” a “testimoni privilegiati”. I “testimoni privilegiati” sono persone che, per la particolare posizione che occupano rispetto all’universo da esplorare o per l’esperienza connessa al ruolo ricoperto, sono in grado di fornire opinioni particolarmente qualificate rispetto alla realtà che si vuole esaminare. Nel nostro caso, sono state individuate una ventina di persone
- responsabili delle forze di polizia e dei servizi comunali, magistrati, diplomatici, amministratori locali, religiosi, sindacalisti, di-

8

rettori di banca, commercianti e “semplici” cittadini - italiani e francesi, residenti o professionalmente interessati alla realtà di Ventimiglia.
Su un piano pratico, ed ancor prima in linea teorica, anche i risultati forniti da questi incontri si presentano, comunque, limitati, da un lato, dalla posizione ufficiale di molti, che, ovviamente, porterà a fornire risposte formali ed ufficiali, o, se fornite più liberamente, vincolate da una non citabilità dei contenuti e della fonte. E bene ricordare che “gli incontri ufficiali portano sempre risposte ufficiali” che tendono anzitutto a tutelare l’immagine di chi risponde e quella dell’organizzazione che rappresenta.
Qualsiasi “reticenza” o rifiuto di incontro da parte di rappresentanti di istituzioni pubbliche o private, del tutto legittimi sul piano formale, non potrebbero neppure essere interpretate in maniera negativa, in quanto le opportunità di riservatezza e di carattere investigativo bilanciano i cattivi pensieri legati alla volontà di nascondere inattività, incapacità, interessi e complicità proprie o altrui.
Inoltre, anche in considerazione della delicatezza delle tematiche affrontate, non si può dare per scontato, come peraltro accade in qualsiasi rilevazione sociologica o di mercato, che tutte le persone interpellate siano disposte a incontrare il ricercatore, vogliano rispondere a tutte le sue domande o lo facciano in maniera veritiera e completa rispetto alle questioni loro poste. L’elevata non affidabilità, o, se si preferisce la limitata scientificità anche di questi sistemi è stata recentemente dimostrata e posta sotto gli occhi di tutti dalle divergenze fra l’analisi dei risultati dichiarati agli exit poii elettorali ed i risultati definitivi delle stesse scadenze elettorali. Nel nostro caso, la paura per un danno all’immagine della propria realtà o delle proprie capacità professionali, la prudenza e la riservatezza, il proverbiale riserbo delle genti liguri, ammesso che ancora se ne trovino, oltre a sempre possibili connivenze dirette o indirette con gli eventuali comportamenti criminali in oggetto d’analisi, possono portare a risposte comunque parziali o fuorvianti.
In questa occasione, invece, devo dire di aver trovato la più ampia e cordiale disponibilità da parte di tutti i miei interlocutori, che ringrazio ancora di cuore per il loro aiuto e la loro collaborazione.
Anche l’estraneità del ricercatore alla realtà sociale esaminata, se da un lato garantisce una maggiore obiettività d’analisi, dall’altra riduce le possibili facilitazioni di comunicazione legate a situazioni di conoscenza, familiarità e fiducia interpersonale.
A questi dati ne saranno aggiunti alcuni, in tema di sicurezza e qualità della vita, raccolti alcuni anni or sono, in occasione di una ricerca su un gruppo di persone di età superiore a sessant’anni residenti nel comune di Ventimiglia, oltre che in quelli di Imperia e Sanremo. Per la cronaca, si può ricordare che questa rilevazione sulla realtà ventimigliese, dcl tutto casuale e senza alcun legame con l’attuale analisi, faceva parte di una più ampia ricerca che aveva interessato una serie di realtà urbane di diversa dimensione di tutta Italia.

9

La totalità delle informazioni che saranno utilizzate per quest’analisi, quindi, saranno ricavate da “fonti aperte”, essendo tutte le altre precluse a questa ricerca.
I risultati che potranno scaturire da questo rapporto di ricerca rappresenteranno uno strumento per il Comune, committente istituzionale dell’iniziativa e impegnato al meglio per la gestione della propria realtà, per quanto di competenza, e potranno essere utilizzati, se ritenuto opportuno, da chi di dovere, a integrazione delle proprie specifiche attività d’istituto.
A questo proposito, credo che un contributo di questo genere rappresenti non solo un importante sforzo di conoscenza da parte di un’amministrazione locale, ma anche un esempio positivo di come sia possibile attivare fattive forme di collaborazione fra diversi enti e amministrazioni dello Stato, locali e centrali, per la ricerca di soluzioni armoniche e coordinate dci problemi di uno specifico territorio, finalizzate ad elevare il livello di vita dei suoi abitanti cd a contrastare tutte le forme di criminalità più o meno organizzata presenti sul territorio.

lo

2. La realtà storico-urbanistica
Descrivere Ventimiglia attraverso la nozione di confine è una pratica che si può ormai considerare depositata e cristallizzata in questo territorio dell’estremo Ponente ligure.
Tuttavia, per compiere una lettura territoriale di Ventimiglia specificamente rivolta all’assetto contemporaneo, è necessario analizzare le dinamiche interne della figura del confine: non solo Ventimiglia è stata cd è terra di frontiera fra Italia e Francia - e in questo se ne è consolidata la percezione anche di vettore commerciale - ma la sua stessa storia urbanistica ripropone il tema della separazione, della distinzione fra tcrritorialità che mostrano caratteri eterogenei di natura storica, sociale e culturale.
Da un punto di vista regionale Ventimiglia si pone in condizione baricentrica fra Nizza e Imperia, cioè fra due riviere che hanno una consolidata vocazione turistica, rispettivamente la Costa Azzurra e la Riviera dei Fiori.
Il carattere transfrontaliero, che è stato vissuto ed è tuttora percepito come elemento costitutivo, genetico di Ventimiglia, ha dovuto, storicamente, fare i conti con l’individualità di un organismo urbano e territoriale che non è solo un luogo di frontiera, ma che presenta uno specifico profilo paesaggistico e urbanistico fatto di un tratto costiero fondamentale per lo sviluppo dell’insediamento, e di un entroterra che, per esempio, lungo il Roja è uno dei più ampi di tutta la provincia imperiese, estendendosi per una superficie di 54 kmq.
Osservare la geografia interna del Comune, circoscritta nello spazio che si estende tra due elementi naturali come il torrente Nervia a est e il fiume Roja a ovest, significa porsi in confronto con le storie di un insediamento contrassegnato dalla presenza di due nuclei distinti anzitutto in senso geornorfologico: uno superiore dal punto di vista altimetrico, la città alta, sulla riva destra del Roja, e uno inferiore, la città bassa, sulla riva sinistra dello stesso fiume.
Lo sviluppo di due ‘città” all’interno di uno stesso Comune, ossia di due differenti storie, riporta l’attenzione sul concetto di confine, vale a dire sulle dinamiche che, come accennato, ne hanno evidenziato e tuttora ne propongono una declinazione endogena: è perciò determinante l’influenza che il profilo fisico e quello insediativo hanno avuto sullo sviluppo sociale del contesto territoriale di Ventimiglia fino ad oggi.
Oltre alla divisione fra città alta e bassa, che è qui pcculiare, altre dicotomie permettono di descrivere il contesto territoriale: l’opposizione e quindi la disgregazione della dicotomia fra città e campagna, ad esempio, facilitano una lettura della Ventimiglia contemporanea.

11

Il ricorso a questo tipo di strumenti retorici oppositivi e alla loro parallela messa in crisi è sintornatico delle difficoltà che incontra oggi chi intraprende una descrizione urbanistica del contemporaneo, ed embiematico della labile corrispondenza che si riscontra attualmente tra le “cose” e le “parole” utilizzate per raccontarle. Come sottolinea Secchi, “ciò che diviene difficile nella descrizione della città e dcl territorio, ciò che solleva i maggiori problemi pratici e teorici è lo studio delle relazioni tra gli aspetti fisici della città e del territorio, tra il mondo degli oggetti e i piani di vita dei soggetti che li utilizzano e abitano”.
Anche in base alle osservazioni contenute nella “Descrizione fondativa del Piano Urbanistico Comunale di Ventimiglia”, ripreso successivamente, è possibile leggere l’evoluzione dei numerosi insediamenti che compongono nella sua globalità l’arca vasta, facendo riferimento al rapporto di volta in volta differenziato fra livelli altalenanti di urbanità e ruralità.
Come scrive Meriana, nelle parti più alte delle valli del Nervia e del Roja le condizioni socio-ambientali attuali denotano una tenuta nel lungo periodo del carattere collinare e, in alcune aree, montano. In prossimità della linea costiera l’opposizione città-campagna si fa invece più labile: se nella media Val Roja, nella media Vai Nervia, nella Valle dei Bevera e nella Val Barbaira persistono i caratteri naturalistici, anche a causa di una scarsa struttura insediativa, l’ambito costiero mette in evidenza quei “processi di diffusione insediativa a sviluppo irregolare e bassa densità” (“Storia e caratteri della struttura insediativi”, in “Descrizione fondativa del Piano Urbanistico Comunale di Ventimiglia”) che sono tipici di quei territori contemporanei in cui la demarcazione fra urbano e rurale è messa in discussione. Un esempio di territorio della diffusione (Indovina; Secchi) è quello compreso tra la foce del Roja e il confine francese, dove peraltro sorgono emergenze archeologiche di estrema rilevanza come quelle dei Balzi Rossi.
Altre dicotomie, ancora, sono state predisposte per rendere conto della vita e del grado attuale di vitalità dei territori. L’opposizione fra costa e entroterra, cioè fra uno sviluppo economico che si lega essenzialmente alla dimensione commerciale e turistica e un altro più radicato nelle attività agricole o piccolo-imprenditoriali, si è intrecciata negli ultimi decenni alle vicende di un’altra coppia di termini: vale a dire quella che vede opposti una linea di sviluppo trasversale valliva, che persiste lungo tutto il XIX secolo, e una linea longitudinale costiera che acquista una posizione dominante lungo il XX secolo, grazie a quello sviluppo produttivo e insediativo costiero che contribuirà ad unire il tassello territoriale di Ventimiglia al continuurn dell’arco costiero ligure.
Come ricordano Ciliento e Pazzini Paglieri, la vocazione commerciale di Ventimiglia ha radici nello stesso insediamento di epoca romana Albium Jnternelium, nel cui periodo di massimo sviluppo - fatto risalire agli anni compresi tra il 270 e il 180 a.C. - l’oppidum diventa importante punto di riferimento e scambio commerciale con la relativamente vicina Marsiglia, colonia greca, e come via di accesso alla Pianura Padana: il 180 a.C. è data simbolicamente significativa, poiché ad esso è fatta risalire la decisione di porre Ventimiglia come confine occidentale dell’Italia.

12

Ciò che qui è rilevante notare è non tanto lo studio stratigrafico che è stato condotto sui ritrovamenti archeologici romani in sé, e che pure ha acquisito rilevanza internazionale, ma il loro posizionamento territoriale: resti di epoca romana sono stati rinvenuti nella piana tra il Roja e il Nervia - in particolare nei pressi del declivio della Colla Sgarba - cioè in quello stesso contesto in cui si è sviluppata in epoca moderna la città bassa.
In questo senso, all’interno della città di Ventimiglia è possibile iniziare a profilare con chiarezza gli strati, non tanto archeologici quanto storici, che l’hanno costruita nel tempo. I layer sui quali, generazione dopo generazione si è consolidata e ampliata la città, appaiono qui particolarmente netti e distinguibili, confermando la necessità di orientare la descrizione verso quella declinazione interna del termine “confine” prima richiamata, come separazione ma anche come tensione dialettica fra le parti e fra le epoche, dal periodo romano, a quello medievale, al moderno, al contemporaneo.
La denominazione di Vintimiliurn appare in concomitanza con l’insediamento di un nuovo castrum sulle alture della successiva città alta, in seguito alla crisi dell’Impero in cui la stessa Albintimilium entra alla fine del IV secolo d.C.
Il processo di arroccamento edilizio che l’insediamento conosce in epoca altomedievale è tipicamente conseguente alla necessità di difesa rispetto alle invasioni e occupazioni barbariche: la cinta fortificata del borgo, che ha origini in questa e- poca, inizia perciò dall’Vili secolo circa a configurarsi come ciò che oggi viene definito il centro storico del Comune. Accennare alla costituzione ditale centro significa contestualizzarc in senso urbanistico e architettonico l’esordio di una forma che avrà, nel corso dei secoli fino al nostro, un peso decisivo sulla tipizzazione anche conflittuale della morfologia sociale che in esso si sviluppa.
La figura di una città nella città è tipica dci centri storici europei contemporanei che hanno un’origine medievale: si tornerà su questo aspetto più avanti, a proposito della condizione socio-urbanistica attuale, abbandonando però una logica interpretativa secondo cui è la forma degli insediamenti a creare le condizioni per il concentramento della parti più marginali o devianti della popolazione, e ipotizzando invece un rapporto di circolarità fra la dimensione spaziale e quella socia le. La parte alta della città mostra i caratteri tradizionali del centro di potere, mentre la parte bassa, la piana ma anche i fondovalle, sono messi a coltura (“Evoluzione della struttura insediativa”, in “Descrizione fondativa del Piano Urbanistico Comunale di Ventimiglia”).
Si può fare risalire la definizione dell’impianto urbanistico di Ventimiglia alla fine del XV secolo: “dopo di allora, infatti, non si ebbero dentro le mura nuove localizzazioni di importante interesse urbanistico, in quanto lo spazio disponibile era stato totalmente saturato” (Ciliento e Pazzini Paglieri) ma, piuttosto, e in linea con la storia urbanistica della città italiana medievale, accorpamenti, supcrfetazioni, rifusioni tra gli edifici esistenti.

13

Una nota del 1602 riafferma come Ventimiglia continui a ricoprire un ruolo strategico anche per il governo della Repubblica di Genova: è riconosciuta allora come “frontiera et chiave dello Stato della Repubblica nella parte occidentale” (Gandolfi e Viola).
Il completamento del ponte, realizzato nel 1620, è sancito in data 11 agosto 1782 da un’intesa fra i Sindaci della Comunità di Ventimiglia e i Sindaci di quella Magnifica Comunità degli Otto Luoghi che si era staccata da Ventimiglia nel 1686 in risposta ad una situazione di degrado sociale e insediativo in cui versavano i nuclei di Bordighera, Borghetto San Nicolò, Camporosso, Sasso, San Biagio, Soldano, Vallebona, Vallecrosia (Ciliento e Pazzini Paglicri).
Una riorganizzazione urbanistica ottocentesca della città apre ad una lettura moderna della stessa: ciò avviene in concomitanza con l’annessione al Regno sabaudo, nel 1814, cui seguono le realizzazioni di servizi e attrezzature per la collettività come la sistemazione della passeggiata del Cavo, del palazzo comunale, del teatro, la riunione delle scuole in un unico edificio, il trasferimento dell’ospedale, nella seconda metà del secolo, ncll’ex monastero delle Canonichesse.
Due interventi riguardanti la parte alta della città ne avrebbero segnato per anni in senso negativo la forma e la percezione: da una parte il seminario, iniziato nel 1837, tuttora esistente, e, come scrivono Ciliento e Pazzini Paglieri, in proporzioni tali “da annullare l’effetto emergente della vicina cattedrale, da sempre essenza della città”; dall’altra le opere di rinforzo alla punta del Cavo attraverso strutture ad archi sovrapposti che per decenni sarebbero emerse con forza nel paesaggio urbano.
Lungo il XIX e soprattutto lungo la prima metà dcl XX secolo il rapporto fra parte alta e parte bassa della città cambia polarità: il potenziamento di quest’ultima arca segna la perdita di peso della prima, nella quale il Comune si limita a eseguire alcuni restauri conservativi.
La ripresa di normali ritmi cittadini durante il secondo dopoguerra, che richiama un rilevante afflusso di immigrati dalle regioni meridionali, un cambiamento ed un rinnovamento dei rapporti anche commerciali con la vicina Francia, il consolidarsi della figura dei lavoratori transfrontalieri, una relativa trasformazione del centro antico sono fattori che portano alla crescita della città fino a raggiungere i 23000 abitanti nel 1961 e 26000 nel 1971 (Ciliento e Pazzini Paglieri).
Le condizioni attuali del centro storico di Ventimiglia riproducono, dal punto di vista socio-urbanistico, quelli che, a partire dal caso genovese delineato da Gazzola, sono i lineamenti generali di altri centri storici italiani.
La concentrazione di immigrati di differente generazione e epoca di arrivo - dalle famiglie provenienti dal Sud Italia durante la ricostruzione del secondo dopoguerra ai gruppi nordafricani di nuova generazione - trova in questi contesti un territorio neutro, interstiziale, che può restare spazio protetto o divenire porto franco di attività anche illegali: ad una valutazione comparativa di più contesti, l’organicità

14

del tessuto edilizio medievale si pone in questo senso come la caratteristica urbana che meglio di altre garantisce accoglienza e allo stesso tempo porosità.
L’ambivalenza del nucleo della città alta, tuttavia, consiste nell’essere aperta al passaggio di individui e gruppi, e, allo stesso tempo, capace di tracciare propri confini al suo interno, più o meno visibili, grazie al quale, nel corso degli anni, si riproduce una sorta di controllo sociale informale.
Il pregiudizio ha sempre giocato un ruolo fondamentale nella costruzione sociale della mappa mentale di aree urbane come queste. Qui, più che in altri contesti, il teorema di Thornas può essere facilmente verificato: “Se si definiscono alcune situazioni come reali, reali ne saranno le conseguenze”. Dal di fuori, cioè dall’altra o dalle altre città, questa zona è giudicata pericolosa al di là di una sperimentazione dei suoi effettivi gradi di pericolosità.
Vale anche per Ventimiglia Alta, che necessita in maniera significativa di interventi conservativi e riabilitativi, la teoria dei broken windows di Wilson e Kclling: ogni vetro rotto e non rapidamente riparato, rappresenta un incitamento al proseguimento di questi danneggiamenti, e, più generalmente, al disordine, al degrado successivo e generalizzato che si allarga a macchia d’olio.
Sta di fatto che la criticità delle attuali condizioni è legata all’immobilità che permea il contesto, dal momento che una via di uscita dall’impasse - legata in alcuni noti casi, ad esempio, al fenomeno della gentrflcation - non sembra provenire né dal versante urbanistico né da quello sociale: vale a dire da nessuno dei due elementi dal cui equilibrio o squilibrio dipende il grado di benessere di ogni contesto urbano.
Sul piano dell’occupazione del quartiere, la città alta è stata interessata, nell’immediato dopoguerra, da quel fenomeno di “sifone” che ho avuto modo di descrivere per altre realtà, a partire dal centro storico di Genova. Gli immigrati - calabresi, ma anche siciliani e campani, attirati dall’attività di floro-vivaismo, dalle vicine realtà straniere e dall’apertura successiva dei cantieri per la costruzione dell’autostrada - appena arrivati vi sono stati attirati dalla possibilità di trovare alloggio nelle abitazioni, spesso mairidotte, abbandonate dai precedenti abitanti. Con gli anni, la realtà si è andata stabilizzando, e, sul piano del recupero, parte del lavoro è stata fatta. Secondo uno degli intervistati ‘ci sono cose belle all ‘interno delle case ed il brutto è soprattutto fuori”, ed un altro ha segnalato il fatto che “vecchi ventimigliesi sono tornati ad abitare a Ventimiglia Alta”. Da un punto di vista sociale, è comunque innegabile che la gran parte dei suoi abitanti è composto da immigrati di origine calabrese, anche se ormai nati a Ventimiglia. E stato fatto notare che “la zona alta è organizzata come un paese a sé stante, ci sono solo il maresciallo, il parroco e ilfarmacista”.
Negli ultimi decenni, una parte di famiglie definite “problematiche” é stata trasferita in via Caduti del lavoro ed in via Gallardi, nella parte bassa della città.

15

Anche dall’esame delle risposte degli intervistati, la città alta non sfugge ad una serie di giudizi ed impressioni fra loro dicotomiche, che sembrano risentire delle caratteristiche individuali degli interlocutori e che non consentono ad un osservatore esterno un giudizio definitivo. “Degrado totale”; “degrado socio-culturale, e non economico, perché parecchi dei suoi abitanti lavorano in Francia e guadagnano bene”; “il fatto che si cominci a tornare a Ventimiglia Alta rappresenta un aspetto molto positivo. E tornata una scintilla, c ‘è un rigurgito di cultura. La Biblioteca Apros lana, che è una delle più importanti d ‘Italia, e la sola di Ventimiglia, non a caso si trova a Ventimiglia Alta”; “C’è un degrado morale delle famiglie e una carenza di educazione per i bambini e i giovani”, “Ventimiglia Alta è la nostra banlieue”; “è una bomba positiva, che può esplodere da un momento all ‘altro”; “ci sono rimasti solo i meridionali: in passato, era di buona levatura, quando ci abitavano i nobili e c ‘erano i conventi”; “parlare di Ventimiglia Alta è un modo vecchio di affrontare la realtà”; “quella comunità è una monade leibniziana, chiusa in sé stessa, fanno gruppo a sé”; “soprattutto lassù, la famiglia è brada, con assenza di educazione. Anche la frequenza religiosa é bassa, minore che nel resto della città”; “c ‘è un pregiudizio negativo per Ventimiglia Alta”; “i bar sono sempre pieni, giorno e notte”; “1 ‘80% delle persone controllate nei bar sono pregi udicati”.
Solo per quanto riguarda gli aspetti scolastici e culturali sembra che i giudizi concordino, rispetto a una comunità chiusa che rifiuta l’integrazione, “una nicchia meridionale, anche sul piano fisico e sociale; un vero e proprio angolo di Calabria”. La situazione scolastica è stata definita “molto degradata anche sul piano fisico “. E stato riferito che ci sono state denunce nei confronti di genitori che non mandavano i figli a scuola, sottolineando che “1 ‘allontanamento da scuola porta all ‘espulsione dal tessuto sociale e facilita l’accoglienza da parte della criminalità”. Un giudizio, che, peraltro, si rivolgeva in maniera equidistante a tutta la città e faceva riferimento alla presenza di “troppi ragazzini d’fficili e violenti a causa delle loro famiglie disgregate”.
Sembra che, come si può riscontrare in molte altre realtà interessate dalle stesse problematiche, all’interno della popolazione del quartiere si possa distinguere una parte di abitanti decisamente impegnati nel miglioramento della propria realtà, una parte altrettanto interessata al suo disordine, che ne tenga lontani turisti e visitatori, e il resto, verosimilmente la maggioranza, anche se è difficile assegnare percentuali alle tre categorie, in attesa di un vincitore: “chinati, giunco, che passa la piena”, anche se non è chiaro se “la piena” sia rappresentata dagli “impegnati buoni” o dagli “impegnati cattivi”.
Un recente documento del Comitato di Quartiere di Ventimiglia Alta evidenziava che la zona era sporca, buia, invasa dalle auto e ne indicava le cause nel comportamento di certi abitanti e fruitori: “gli abitanti sono i primi artefici del degrado”. Lo stesso indicava come punti importanti e possibili soluzioni “la situazione generalizzata di abbandono del quartiere; l’istituzione del vigile di quartiere; una maggiore visibilità delle Forze dell’Ordine con pattuglie appiedate; una maggiore illuminazione; interventi contro il fenomeno degli esercizi commerciali che ces 16

sano la propria attività e, indirettamente, favoriscono l’aumento del degrado; l’incremento di iniziative volte a favorire lo sviluppo turistico; il sostegno e l’incremento dei programmi del Provveditorato agli studi per diminuire l’elevatissima mortalità scolastica”.
Per quanto riguarda il vigile di quartiere, la Polizia locale aveva chiesto di poter aprire un presidio nella città alta ed il Comune non era stato in grado di trovare i soldi necessari. Nel 2002, fu attuata, com’è possibile ricavare dagli ordini di servizio, una fase sperimentale di sei mesi con un agente distaccato come “vigile di quartiere”. La sperimentazione fu interrotta per le condizioni in cui questi doveva lavorare e per il fatto che le segnalazioni per interventi rivolte ad altri uffici comunali erano sistematicamente inevase. Se la prima motivazione è piuttosto rara da trovarsi, soprattutto nelle aree non degradate e poco degradate, la seconda è molto più frequente e rappresenta solitamente uno spartiacque per individuare il livello d’impegno di un’amministrazione comunale rispetto all’attenzione per tutti i propri concittadini.
Per completare il quadro della città alta, si può riferire che, per quanto riguarda la parte di competenza dell’Arma dei Carabinieri, le persone sottoposte a misure alternative alla detenzione sono 5 in questa zona e 6 nel resto della città, mentre quelle interessate a misure di prevenzione sono rispettivamente 4 e 2.
Per riprendere la scansione storiografica, fin qui utilizzata in riferimento alle vicende della città contemporanea, e alle tracce che il passato urbanistico ha lasciato in essa, è necessario tornare al 1871: evento embiematico di un nuovo inizio per Ventimiglia è l’inaugurazione in quell’anno della Stazione internazionale nella parte bassa della città, successiva all’istituzione, nel 1860, della ferrovia in Liguria.
La storia urbanistica di Ventimiglia vede così il passaggio da un’unica polarità, rappresentata dalla parte alta della città, al progressivo profilarsi di un nuovo polo nella parte bassa, che entra così in un rapporto spesso conflittuale con la prima. Pur in una scala ridotta, la città ligure vive il clima culturale dell’urbanistica europea ottocentesca.
La teoria haussmanniana, applicata nel centro parigino, vede la creazione di nuovi assi viari e la conseguente demolizione di quartieri che sono ritenuti troppo densi dal punto di vista insediativo e demografico: i principi messi in atto nella parte alta di Ventimiglia ripropongono una logica analoga, che richiama la necessità di ricreare condizioni di igiene, salubrità e riabilitazione estetica giudicate all’epoca carenti.
Sta di fatto che, nonostante i propositi e i progetti di risanamento - ad esempio promossi da un personaggio centrale per la vita culturale dell’epoca come Girolamo Rossi - non viene compiuta alcuna opera di sventramento a grande scala:
parallelamente, la città bassa inizia ad attirare nuove funzioni, che si trasferiscono

17

dalla parte alta, come nel caso della caserma dei Carabinieri, del nuovo cimitero, delle scuole e dell’asilo infantile.
Sottolineare l’importanza storica di questi avvenimenti permette di focalizzare nuovamente l’attenzione sulla nozione di confine interno, che percorre trasversalmente la vita di Ventimiglia attraverso i secoli. Le più o meno incisive applicazioni delle teorie urbanistiche ottocentesche rivelano comunque il desiderio di iniziare a segnare il territorio interno della città attraverso confini e reciproci distanziamenti spaziali e sociali.
La presenza concomitante di più fattori positivi spinge, in ogni caso, verso la crescita demografica, che passa dai 5900 abitanti del 1853 ai 7269 del 1876 (Ciliento e Pazzini Paglieri): il rilancio economico passa attraverso una nuova infrastruttura come la ferrovia, che incrementa gli scambi e gli arrivi dei turisti d’élite: è l’epoca del consolidarsi dell’attività floricola, e di uno sviluppo culturale urbano favorito dalla presenza in loco degli Hanbury. Grazie all’opera di Thomas Hanbury “nacque un giardino magnifico dove un tempo c’era uno scoglio [...] La sperimentazione di nuove condizioni cambiò il paesaggio di tutta la costa che diventò la «riviera dei fiori»” (Becca). Oggi esso ha assunto il rilevante profilo di ‘giardino storico”, affidato dal 1987 alla cura e gestione dell’Università degli Studi di Genova (Mazzino).
Modernizzare Ventimiglia significa anche, come è tipico del clima di crescita di quegli anni, concepire progetti infrastrutturali di imponenti aspettative, talvolta venate di utopia: è il caso del progetto per un porto marittimo (1883), che sarebbe però rimasto negli anni a venire sulla carta.
Lo sviluppo della città bassa segue nuovamente le direttive e le figure dell’urbanistica di fine Ottocento, che sono tuttora rintracciabili con chiarezza nel tessuto urbano: nel 1891 diventa attuativo il piano regolatore, nella realizzazione del quale si applicano le forme compositive e stilistiche tipiche dell’architettura a cavallo fra XIX e XX secolo.
Le vicende della città moderna possono essere schematizzate attraverso la suddivisione in due aree di edificazione, che hanno seguito due sviluppi storici in parte sfalsati: da una parte l’area compresa tra il Roja e il rio San Secondo, dall’altra il settore dimensionalmente più vasto che si sarebbe successivamente consolidato fino al Nervia.
La stazione ferroviaria è il simbolo di una modernità raggiunta e, come tale, è a partire da essa che viene idealmente progettato lo sviluppo urbanistico della parte bassa della città: attraverso una classica disposizione perpendicolare degli assi viari (via della Stazione, via Cavour, corso Principe Amedeo, via Roma, via Aprosio); questa parte di Ventimiglia acquista un profilo moderno, a isolati, che la città contemporanea ha ereditato.
La piazza della stazione diventa nel 1898 sede per il mercato dci fiori via via più importante, fino a divenire negli anni successivi “tra i primi mercati floricoli della regione” (Ciliento e Pazzini Paglieri).

18

Mentre il vecchio teatro nella città alta viene prima riconvertito in pretura per poi ospitare la Biblioteca Aprosiana, una delle più antiche a livello nazionale e regionale, il nuovo politeama sorge nella città bassa, lungo via Aprosio. La relativa vicinanza con il teatro di epoca romana - nei pressi del quale sorge l’odierno ospedale - mette del resto in luce uno dei caratteri apparentemente paradossali della città contemporanea italiana, che è spesso composta di edifici e tracce di tessuti urbani di epoche cronologicamente e culturalmente distanti, posti in una condizione di convivenza più o meno conflittuale.
La casa del Balilla, inaugurata nel 1933, rappresenta un apprezzabile esempio dell’architettura del ventennio fascista (Ciliento e Pazzini Paglieri); la costruzione negli anni 30 del palazzo comunale nella città bassa sancisce il definitivo cambiamento nel rapporto con la città alta. Una data di rilevanza nazionale come il 25 aprile 1945 è vissuta a Ventimiglia, di nuovo, sul confine: Francia e Italia si disputano questo territorio, finché, il 18 luglio 1945, con gli accordi interalleati di Caserta, cessa l’occupazione francese (Becca).
Le più recenti vicende urbanistiche e pianificatorie di Ventimiglia saranno riprese successivamente, mentre qui sarà ricordato un fenomeno o, meglio, un evento ormai tradizionale e pervasivo per la città bassa, come il mercato del venerdì, su cui si tornerà per inquadrare la sua incidenza sulla vita della città.
Nato per il commercio di fiori, il mercato si è ampliato nel corso degli anni, anche per rispondere al cambiamento di identità che tocca la città nel suo complesso, che perde la vocazione turistica del primo Novecento - rinforzatasi, invece, in altri centri come Bordighera e Sanrerno - per confermarsi come poio commerciale: in ciò svalutando o perdendo una serie di servizi per la collettività come cinema e teatro.
Dal punto di vista demografico, come vedremo oltre, si sono avuti cambiamenti negli anni recenti, in relazione allo sviluppo di forme di commercio, legale e abusivo, gestito da comunitari ed extra-comunitari, all’interno e al di fuori del mercato settimanale: oltre ai lavoratori transfrontalieri, occupati in imprese edilizie o alberghiere francesi, senegalesi e cinesi costituiscono una parte dei nuovi residenti, temporanei o fissi, di Ventimiglia nel suo insieme.
Anche nella parte bassa si ripropone la figura di una città nella città, caratterizzata in modo informale da spazi e regole proprie, attraverso la dinamica socio- spaziale del mercato del venerdì, che, perlomeno per analogia, richiama la logica di concentrazione della città nella città osservata nel centro medievale della parte alta.
Pensare Ventimiglia nel suo insieme come città contemporanea implica una precisazione sul significato di questo aggettivo. Con questa espressione si intende indicare un contesto territoriale in cui convivono in modo più o meno conflittuale realtà socio-spaziali e tracce di epoche differenti: anzi, il grado di benessere socio-ambientale fruibile nella città contemporanea è strettamente legato al livello

19

di tensione più o meno governabile fra gli elementi citati e alle azioni di effettiva gestione ditali rapporti.
L’assetto contemporaneo è inoltre quello che porta attenzione sui progetti dell’attualità, ossia su quelli che sono in corso di elaborazione o realizzazione: in questo senso il passaggio dall’identità presente a una futura è legato per Ventimiglia anche al dibattito odierno inerente la necessità, la fattibilità e la sostenibilità di un porto, che, come visto precedentemente, dal XIX secolo continua ad essere discusso.
Sono state fin qui rintracciate in senso storico differenti pratiche di confinamento che vanno oltre la scala frontaliera. e che sono state individuate internamente al Comune di Ventimiglia
- con un distanziamento innanzitutto geografico fra linea costiera e ambiti vallivi, fra città alta e città bassa - c, in scala minore, pure a livello di quartiere - in riferimento alle città nella città del centro storico medievale nella parte alta e del mercato settimanale in quella bassa.
Il contatto fra la Ventimiglia medievale e la Ventimiglia moderna è stato impedito innanzitutto pcr ragioni geografiche: l’altimetria differente e la presenza del Rja hanno favorito uno sviluppo territoriale dicotomico.
Da una parte si erge la città alta, che è il tessuto tipico dell’aggregazione paratattica medievale (Secchi), in cui, ad un iniziale equilibrio fra edilizia di base ed edilizia specialistica, monumentale, sono seguiti, a partire dal XIX secolo, l’abbandono delle classi più abbienti, la trasformazione sociale della vita residenziale e l’arrivo, nell’ultimo cinquantennio del XX secolo, di nuovi gruppi sul territorio.
I piani terra degli edifici di origine medievale, adibiti ad uso commerciale, sono concentrati in via Garibaldi, e va notato che, a fronte di un degrado generalizzato, sono presenti nel sito alcuni servizi collettivi rilevanti, non solo scolastici, come la Biblioteca Aprosiana, il centro polifunzionale di 5. Francesco, la posta, la stazione dei Carabinieri (“Il centro urbano”, in “Descrizione fondativa del Piano Urbanistico Comunale di Ventimiglia”).
Dall’altra parte si estende la città bassa, che è la città normale o normalizzata, secondo il linguaggio dell’urbanistica contemporanea, ossia il luogo di realizzazione e quindi cristallizzazione di un’urbanità di matrice borghese. la cui origine storico-culturale risale agli anni a cavallo fra XIX e XX secolo.
La densità dell’edificato varia qui secondo tre sottozone, a partire da una concentrazione più alta di edifici che vanno dai quattro ai sei piani, in prossimità del Roja (via Cavour, via Aprosio, ad esempio), a una zona centrale della piana meno costruita, con case unifamiliari a blocco ed edifici residenziali pluripiano, per passare più a est, tra corso Genova, via Tacito e la foce del torrente Nervia, a un edificato di ancora minore densità; qui sono pure riscontrabili lotti liberi destinati ad attività agricole, accanto a edifici pluripiano conseguenti all’attuazione del

20

Piano Particolareggiato del Nervia. La zona è caratterizzata, come già ricordato, dalla presenza della vasta area archeologica di epoca romana.
In questa parte della città corre il tracciato ferroviario, per la gestione del quale sono previste strutture specifiche, ivi compresa un’area alla foce del torrente Nervia attualmente in dismissione (“Il centro urbano”, in “Descrizione fondativa del Piano Urbanistico Comunale di Ventimiglia”).
La questione critica, relativa a una odierna, debole o assente mixité sociale e urbana, riguarda da vicino anche Ventimiglia, avendo qui la prima radice in una organizzazione del territorio che è stata forzatamente o volutamente portata avanti secondo arec urbane distinte, ossia marcando di generazione in generazione le differenze architettoniche, estetiche e percettive fra le due città.
Il tema attuale e diffuso della presenza di extra-comunitari concentrati nei centri storici, qui nella città alta, ha perciò - nel caso di Ventimiglia con maggiore chiarezza rispetto ad altri contesti itaLiani - una prima origine di natura territoriale. cndogena.
L’evento-mercato è in questo senso per tutta Ventimiglia un’occasione di accentuazione/accelerazione di mixité che rimane però un’eccezione, perché circoscritta spazio-temporalmente, e un’anomalia, perché sfuggente ai ritmi e alle modalità di convivenza medi.
Per aprire la riflessione sugli strumenti pianificatori elaborati per Ventimiglia è necessario ribadire l’importanza dello statuto eterogeneo di confine, che è distanziamento ma anche punto di contatto, ossia dispositivo urbanistico che predispone all’agire sul territorio: il confine come possibilità di sviluppare non solo un’urbanistica per una città di confine come questa, ma di sondare le potenzialità ancora non percorse di un’urbanistica del confine.
La stesura di una Descrizione fondativa per il Piano Urbanistico Comunale (PUC) adottato dal Comune di Ventimiglia - strumento urbanistico successivo al Piano Regolatore Generale approvato con D.P.G.R. n. 1253 del 22.5.1975 - è frutto della nuova ottica con cui il settore della pianificazione sta osservando i territori contemporanei.
La predisposizione di una “Descrizione” che sia fondativa per Io strumento del piano implica un cambiamento di approccio rispetto alle analisi e alle valutazioni tradizionalmentc ritenute preparatorie: dal nuovo punto di vista il momento descrittivo non precede né segue il piano, ma ne è momento costruttivo essenziale. Per questo profilo essa è particolarmente utile per dare uno sguardo generale sulla Ventimiglia contemporanea da un punto di vista urbanistico-territoriale.
Con riferimento alla elaborazione del Piano Urbanistico Comunale, la Legge Urbanistica Regionale n. 36/1997 sottolinea la necessità per cui tale Descrizione fondativa si ponga come abaco in cui siano riportati i dati, le prescrizioni, gli in-

21

dirizzi e i vincoli desumibili dall’esame del quadro pianificatorio, programmato-
rio e progettuale che su diversa scala - a livello comunitario, statale e regionale -
è in atto su Ventimiglia.
In linea generale, il PUC di Ventimiglia considera come suoi obiettivi:
- la centralità del commercio, del turismo e della floricoltura;
- una grande attenzione all’artigianato indirizzato al turismo e a un’industria qualificata non inquinante, a basso impatto ambientale e a un terziario rivolto anche al mercato francese;
- una ferma azione per promuovere investimenti regionali, statali e comunitari.
Le principali critiche che sono mosse sullo stato dei fatti riguardano il decadimento dei luoghi pubblici a causa di funzioni improprie; l’esasperato accentramento delle funzioni nella città bassa, con conseguente congestione; la lesione dell’equità che si veritica a seguito di farraginosità operative che privilegiano pochi e stimolano l’abusivismo; di conseguenza, la necessità di introdurre una normativa più flessibile ed equa che consenta ai cittadini di poter utilizzare le proprie risorse finanziarie per lavorare e abitare a Ventimiglia.
Le critiche che il PUC muove colpiscono in particolare alcuni contenuti del P.R.G. del 1975, che è messo in discussione su specifici aspetti tra i quali una debole capacità di tutela delle principali risorse naturali, paesistiche e ambientali; l’obbligo di strumento attuativo per la riqualificazione dell’intera Ventimiglia alta, che ha reso complicato l’avvio della riqualificazione della parte urbana, accompagnato da una normativa generale poco sensibile alla tutela del complesso dei caratteri tipologici dell’edificato; il limitato sforzo di svincolare dall’attuale percorso dell’Aurelia il traffico di attraversamento, prevedendo unicamente una variante lungo il Nervia e il lungomare.
Il turismo è un settore disarmato, ritenuto oggi privo di strumenti adeguati, siano essi ricettivi, infrastrutturali o di tutela (Comello).
Da un punto di vista edilizio si è registrata una estensione della diffusione urbana, segnata anche da alcuni fenomeni di abusivismo; gli unici interventi residenziali di una certa consistenza sono stati quelli di edilizia economica popolare: il complesso residenziale dei Frati Maristi, di Roverino e di Gianchette nei quali si riscontra carenza di aree adibite a servizi pubblici.
Per completare il quadro, si può ricordare che gli edifici ad uso abitativo costruiti prima del 1919 rappresentano il 34,2 % del totale e quelli prima del 1945 1’ 11,5%. Quasi metà della città (45,7 %), quindi, é stata edificata prima della seconda guerra mondiale ed oltre il 70 % delle abitazioni prima del 1970. Negli ultimi 15 anni è stato edificato solo il 5 % del totale. Come è stato sottolineato, “a Ventimiglia non si vedono gru”. Al censimento del 2002, il totale delle abitazioni era di 14.190, di cui 3.627 (25,6 %) erano vuote. Questo dato si colloca percentualmente fra quello di Imperia (20,2 %) e quello di Sanremo (34,5 %).

22

Tornando alla descrizione delle nuove linee di pianificazione, in base all’afl. 35 della Legge Regionale n. 36/1997, anche la Descrizione fondativa del PUC di Ventimiglia deve essere composta da analisi e interpretazioni sull’intero territorio comunale che riguardino:
- caratteri fisici e paesistici del territorio, negli aspetti geologici e geomorfologici, vegetazionalì e insediativi;
- processi storici di formazione delle organizzazioni territoriali e insediative;
- processi socio-economici in atto a scala locale e di area vasta;
- prestazione delle reti di urbanizzazione e dei servizi;
- quadro di riferimento pianificatorio e dei vincoli territoriali.
A questo punto. può essere utile soffermarsi sugli ultimi due punti.
Per quanto riguarda la dotazione di servizi, sono stati evidenziati due ordini di
problemi:
- la carenza generale di aree destinate ad attrezzature e pubblici servizi per il livello di quartiere, in particolare per le superfici a verde, destinate allo sport e al gioco, insieme agli spazi per parcheggio;
- la concentrazione pressoché totale di queste nella zone urbane di città alta e bassa, con conseguente mancanza nei quartieri periferici e nelle frazioni.
Il quadro di riferimento programmatico ha tenuto in considerazione differenti aspetti territoriali, che vanno dalle politiche comunitarie, alla pianificazione transfrontaliera, alla pìanitìcazione urbanistica sovraordinata, alla pianificazione di settore.
In un’ottica ampia, coerente con le direttive dell’Unione Europea, il rapporto Europa 2000 ha stabilito alcune priorità che riguardano l’adeguato rapporto fra natura, ambiente, anche in senso urbano, e sostenibilità. Il contesto transfrontaliero è del resto ideale per sviluppare una politica urbanistica di confine, come prima accennato: la concertazione con il Comune di Mentone. ad esempio, ed i programmi Interreg si muovono in questa direzione.
All’interno della pianificazione urbanistica sovraordinata figurano il Piano l’erritoriale di Coordinamento Paesaggistico, il Piano della Costa e il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale.
Per quanto riguarda il Piano Territoriale di Coordinamento Paesaggistico, esso prevede tre indirizzi, relativi all’assetto insediativo, geomorfologico e vegetazionale, da attuare su ambiti territoriali all’interno del Comune.
Il PTC della Costa è stato adottato con D.G.R. n. 209 del 26.2.1999 e propone due ambiti di intervento per la costa di pertinenza comunale: un ‘ambito per la tutela attiva” che comprende la zona dei Balzi Rossi, la villa Hanbury, la Piana di Latte, collegate dalla via Romana, e un ‘ambito progetto”, che comprende anche Vallecrosia e Camporosso, e che, tra l’altro, prevede: una riqualificazione del fronte mare di Ventimiglia, collegata al rifacimento della spiaggia; la previsione di un nuovo porto turistico, cui si è accennato sopra; il recupero ambientale della foce del Roja mediante la ricollocazione delle funzioni attualmente presenti (par 23

cheggio e campo calcio); la conferma dell’area naturalistica alla foce del Nervia; la ricerca di soluzioni per l’agevole attraversamento urbano, anche attraverso il riuso di parte delle aree ferroviaric; la percorribilità del fronte costiero per usi turistici.
Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale punta alla rivalutazione della centralità del turismo per il territorio di Ventimiglia; in particolare, il turismo cuituralc è in attesa di essere potenziato per le risorse già presenti e note sul territorio, come i Balzi Rossi, Villa Hanbury, Ventimiglia Alta, i siti archeologici romani. Una strategia in questo senso è quella di realizzare un “circuito di aggira- mento” che colleghi tali punti e che eviti di toccare le aree urbane e suburbane particolarmente dequalificate, sfruttando perciò la viabilità minore e la strada di crinale tra Roja e Nervia. L’ospitalità dovrebbe essere garantita da strutture agrituristiche e da campeggi.
Un’altra zona suscettibile di riqualificazione è quella circostante la foce del Nervia, che tocca lo scalo ferroviario, il teatro romano, l’oasi naturalistica.
Parti significative dell’abitato da un punto di vista storico e ambientale sono state oggetto di specifici studi, conclusi con la redazione di molteplici piani, alcuni dei quali in fasi di rielaborazione; tra questi, il Piano di Zonizza.zione Acustica, il Piano del Colore di Ventimiglia Alta, il Piano Urbano dei Parcheggi (P.U.P.).
Dal punto di vista urbanistico, alcuni degli intervistati hanno confermato la presenza di “un parco ferroviario non serve a niente, utile soprattutto ai francesi che hanno treni lunghi e li portano da noi”; “un parco inutile e molto poco utilizzato”; “una cattedrale nel deserto, mai usato e abbandonato. Idem per 1 ‘interporto”. Altri hanno ricordato gli abusi edilizi e gli scandali collegati al settore, anche se di natura inferiore a quelli scoperti nelle realtà vicine.
Per queste aree, che, ad un esame aerofotogrammetrico, colpiscono per la loro estensione e inserimento all’interno della città, sono state indicate anche possibili soluzioni alternative. Per il parco ferroviario del Roja, ha detto uno degli intervistati, “proporre i di trasferirvi tutti gli impianti ferroviari, organizzando un ‘officina per la pulizia di tutti i tren4 anche quelli francesi, e di utilizzare lo spazio del parco della stazione per il mercato del venerdL Negli altri giorni potrebbe diventare un parcheggio nel centro della città”. Un’altra proposta prevedeva di “utilizzare il parco ferroviario di Bevera come area industriale, inserendovi anche industrie francesi, efornendo un importante aiuto al problema occupazionale della nostra città”.

24

3. I dati demografici
Senza considerare i dati ufficiali, ma piuttosto quelli culturali, Ventimiglia è composta al cinquanta per cento da ventimigliesi ed al cinquanta per cento da immigrati: calabresi anzitutto, napoletani e siciliani. A questi bisogna aggiungere un certo numero di stranieri provenienti dalI’Unione Europea e di extracomunitari.
Secondo una divisione a grandi linee, non essendo stato possibile ottenere dati precisi al riguardo, circa 4.500 famiglie, per un totale di 13.000 - 14.000 persone vivono di frontalierato. la metà del rimanente è impiegata nel commercio e il resto nei servizi o sono pensionati. Come è stato sebematizzato da uno degli intervistati “circa il 30 % sono frontalieri, il 30 % commercianti, il 20 % pensionati ed il restante 20 % sono persone norma1i più tartassate degli altri”.
La tabella seguente consente di valutare l’andamento della popolazione totale di
Ventimiglia dal 1901 all’agosto 2006 e le variazioni percentuali. La popolazione
è aumentata nel primo decennio di quasi un quarto e di oltre il 40 % negli anni
50. Nel periodo successivo c’è stato un andamento ondulante, e nel complesso
del secolo scorso, l’aumento della popolazione è stato del 114,5 %.

Andamento della popolazione totale di Ventimiglia dal 1901 al 2006 con variazioni percentuali
* dato aI 16 agosto

25

Anno

Popolazione totale

Variazione
percentuale

1901

11.500


1911

14.086

+22,5%

1921

14.046

- 0,3%

1936

15.787

+ 12,4%

1951

15.845

+ 0,4%

1961

22.788

+ 43,8%

1971

25.801

+13,2%

1981

26.283

+ 1,9%

1991

25.308

- 3,7%

1997

26.855

+ 6,1 %

2001

24.665

- 8,2%

2006*

25.461

+ 3,2%

Al censimento del 2001, la popolazione era di 24.665 residenti, di cui 11.883 maschi e 12.782 femmine, suddivisi in 10.441 famiglie. I minori di anni 18 erano 3.672 (14,9 %), di cui 3.028 (12,3 %) minori di anni 14.
Gli stranieri erano 729 e rappresentavano il 3 % del totale. Il 70 % degli stranieri erano europei. Gli stranieri non europei erano 213. Le percentuali relative agli stranieri sono più elevate rispetto a quelle di Sanremo ed Imperia.
Al 16 agosto 2006, la popolazione era di 25.461 residenti, di cui 12.380 maschi e 13.081 femmine. Di questi, 8.284 - 4.134 maschi e 4.150 femmine - abitavano nelle frazioni. I nuclei familiari erano 11.264, di cui 3.859 composti da una sola persona. I minori di 14 anni erano 3.038 (11,9 %), di cui 1.535 maschi e 1.503 femmine; i minori di anni 18, compresi i precedenti, erano 3.948 (15,5 %), 1.998 maschi e 1.950 femmine. In quasi cinque anni, la popolazione ha avuto un incremento di 796 unità. di cui 497 maschi e 299 femmine.
Fra gli abitanti presenti il 16 agosto, c’erano 2.163 persone provenienti dalla Calabria, 1 .874 dalla Sicilia e 208 dalla Puglia.
Fra gli altri dati del Censimento del 2001, si può rilevare che a Ventimiglia risiedeva la più alta percentuale di alfabeti senza titolo di studio e di disoccupati.
Su un totale di forza lavoro di 10.747 persone, gli occupati erano 9.447 (87,9 %) e quelli in cerca di occupazione 1.300 (12,1 %). Fra i primi, si distinguevano

Fra i lavoratori indipendenti, si potevano distinguere:

26

Lavoratori

dipendenti

6.700

70,9

%

Lavoratori

indipendenti

2.747

29,1

%

Totale


9.447

100,0

%


Valore assoluto

% su indipendenti

% su totale lavoratori

imprenditori e
liberi professionisti
Lavoratori in proprio
Soci di cooperative
Coadiuvanti familiari

497
1.831
106
313

18,1 %
66,6 %
3,9 %
11.4%

5,3 %
19,4 %
1,1 %
3,3%

Dipcndenti


——

70,9 %

Totale

2.747

100,0 %

100,0 %

Per quanto riguarda i settori di attività economiche, si distinguevano:
Agricoltura Industria Commercio Trasporti Credito Altro Totale comuriicaz.

27

713

2.567

2.694

440

679

2.354

9.447

7.5 %

27,2

%

28,5

%

4,7

%

7,2

%

24,9%

100%












4. La realtà socio-economica
Anche, e soprattutto, per una descrizione di carattere socio-economico è necessario iniziare con il riferimento a Ventimiglia città di frontiera. Una frontiera che ha inciso su tutta la sua storia. Una frontiera che, anche se da alcuni anni “diluita” sul piano politico e burocratico, rimane comunque incombente per quello che ancora è e che, soprattutto, è stata.
Come ha ricordato uno degli intervistati, la città occupa una posizione geografica particolare, che “a partire dai tempi dell ‘impero romano, ne fa il lucchetto del Paese lungo la costa e verso le montagne fino a Grenoble”. Anche per questo, è stato fatto rilevare, nell’immediato dopoguerra, la Francia cercò, invano, che la frontiera fosse spostata a Bordighera. “Chi tiene Ventimiglia controlla tutto il transito di un corridoio urbano transnazionale di 100 chilometri, da Cannes a Sanremo, con 1.200.000 abitanti”.
Così, Ventimiglia rappresenta l’anello di congiunzione di una grande regione frontaliera. Ciò richiede, anche in rapporto alla scomparsa delle frontiere, di trasformare il vecchio lucchetto in punto di snodo e cerniera che faciliti quanto già attuato e quanto ancora attuabile, in rapporto agli enormi interessi economici potenziali ed esistenti. Fra l’altro, sia da un punto di vista positivo, sia per quanto riguarda gli aspetti negativi legati al riciclaggio e al tropismo della criminalità, bisogna ricordare che al casinò di Sanremo “il casinò è una cancrena, in cui tutti i processi hanno evidenziato cancrene sempre più profonde non tutte asportate ” - fanno da contraltare, per parte francese, ben 21 strutture simili, già oggetto di tentativi di acquisizione da parte della malavita italiana.
L’esistenza “da sempre” di una frontiera ha facilitato, nel tempo, il radicamento in Costa Azzurra di numerosi italiani - “c ‘è una forte presenza calabrese anche a Mentone”. “c ‘è una presenza di abitazioni ed attività di italiani in Costa Azzurra” - pregiudicati e parenti di pregiudicati compresi, che hanno contribuito ad allargare il retroterra - o la zona antistante, a seconda del come si guarda la questione - creando un continuum estremamente utile e funzionale ad ogni sorta di traffici e manovre. D’altra parte, la criminalità francese passa volentieri da questa parte e non sono mancate le forme di collaborazione, compresi gli aiuti, antichi e più recenti, dei “marsigliesi” ai latitanti italiani.
Alcuni anni prima della seconda guerra mondiale, che, insieme a molti altri peggiori risultati nefasti, portò allo spostamcnto punitivo verso ovcst dei confini dello Stato fra Nizza ed Imperia, Stefano Grande esponeva un circostanziato punto di vista sui confini stessi. “In realtà, fra i due Stati fratelli, bizzarri sono i confini di tutte sorta, dai geografici agli storici, ai militari, ai linguistici, ccc.. Quelli politici poi sono perfino umoristici. Per darne qualche ragione, dissero gli uni che il Conte di Cavour, cedendo il territorio, volle serbare all’Italia le testate delle valli alpine per maggior agevolazione di difesa, e la Francia, che riceveva il magnifico dono, non se ne preoccupò gran fatto. Altri, più spregiudicatamente, si avventò a

28

dire che la curiosa frontiera fu così determinata per non ridurre troppo le cacce di Vittorio Emanuele 11. [...] Ma a noi sembra più strano che il bizzarro confine non abbia potuto a tutt’oggi essere rettificato, eliminando almeno gli esasperanti inconvenienti per le comunicazioni e le dogane, tanto più oggi che attraverso ad esso scorre finalmente, libera e promettente, la ferrovia Cuneo-Nizza a stringere sempre più cordialmente le due Grandi Nazioni. [...1 Comunque sia ditale linea di confine, la storia ricorda che essa fu stabilita con accordo preliminare firmato dal Governo piemontese il 24 marzo 1860. sotto la pressione dell’Imperatore Napoleone iii. che, in un famoso telegramma di tre giorni prima a Vittorio Emanuele TI, aveva richiesto l’immediata cessione di Nizza e Savoia - che avvenne poi il 14 maggio - sotto minaccia dell’occupazione forzata. Ma il confine imposto all’italia non corrisponde affatto nè al confine storico né geografico. E ben noto infatti che per l’assetto amministrativo dato da Augusto alle province il confine era stato fissato al Varo, e al Varo l’avevano stabilito i più antichi e più autorevoli geografi Strabione, Plinio, Tolomeo, Alessandrino, Vibius sequester, il poeta Lucano nella Farsaglia, Paullo e Pomponio Mela, e al Varo continuò a mantenersi anche dopo la caduta di Roma, affermato dai geographi latini minores, dagli studiosi e dai letterati del secolo quarto, quinto e sesto, ecc., italiani e stranieri. Politicamente, poi, è storia ben nota che dal 20 settembre 1388, in cui Nizza si diede spontaneamente ad Amedeo Vii di Savoia, il Conte Rosso, fino al 14 giungo 1860, i confini dei dominii sabaudi coincidevano coi confine storico d’Italia, e cioè col Varo. Ciò premesso. con tutta la sincerità che l’argomento richiede, soggiungiamo che nell’Itinerariurn Provinciarum Antonini Augusti, che è poi la famosa carta Peutingeriana, la quale si vorrebbe far risalire ad Antonino Pio, fra Vado ed Arles, dopo Albintimilio (Ventimiglia) e Lumon (Mentone), è segnata l’Alpe Summa e la legenda huc usque Italia, abhinc Gallia”.
Dopo alcuni anni di profondo e giustificato rancore, i rapporti franco-italiani hanno preso la giusta direzione ed anche la ricostruzione della linea ferroviaria internazionale del Tenda ne è stata una dimostrazione.
Come è stato riconosciuto da uno degli intervistati, “sono già stati fatti passi in avanti: / ‘economia è quasi integrata, si riscontrano numerosi matrimoni misti, esistono fra Ventimiglia e Sanreino oltre 5000 «azuriens», in gran parte figli di matrimoni misti. con doppia nazionalità. Esiste, quindi una buona convivenza civile, facilitata da una certa cultura comune e dalla padronanza della lingua [...] peraltro, non si tratta ancora di una realtà totalmente integrata. Ventimiglia costituisce ancora una realtà arroccata, che non attira stranieri stanziati, come invece accade a Mentone”.
L’arroccamento socio-culturale di Ventimiglia è un altro concetto base, ricorrente nelle interviste effettuate, così come il raffronto con Mentone, dal quale la realtà italiana esce costantemente perdente.
“L ‘ambiente ha mantenuto divisioni regionali, non c ‘è stato l’amalgama che si trova solitamente, a partire dalle comunità immigrate presenti nei paesi vicini”. “Ventimiglia”, ha aggiunto uno degli intervistati, meridionale residente in città da

29

oltre trent’anni, “è rimasta un ‘enclave del sud /...] inoltre, la città è meridionalizzata, come modo di interpretare la pubblica amministrazione, come approccio etico dei pubblici amministratorL Qui a Ventimiglia la mentalità non si è modficata, è rimasta arretrata. Ancora peggio che nel vero sud [...J pur essendo di sinistra, devo riconoscere che, per esempio, a Mentone, città governata da amministrazioni di destra, c ‘è stata una migliore tutela dell’ambiente [.7 qui il degrado è impercettibile e costante; e il degrado aumenta gli atteggiamenti malavitosi, che sono autore ferenziali e hanno gioco Jàcile in una realtà di questo tipo. C’è un humus più Jàvorevole, accogliente, omertoso”. E la comparazione negativa con Mentone continua: “‘ilà» c ‘è 1 ‘isola pedonale, ci sono i negozi e i bar aperti anche la sera, c ‘è folla, c ‘è musica”.
Alcuni hanno sottolineato il fatto che, ancora oggi, i bambini di origine calabrese di terza generazione continuino a parlare un dialetto calabrese stretto e la loro comunità mantenga ancora la stessa struttura di allora. Tutto ciò appare in contro- tendenza rispetto alla gran parte delle realtà in cui gli immigrati hanno cercato di integrarsi e, in molti casi, proprio a questo fine, parlano il patois meglio dei giovani di origine locale. Sono state cercate spiegazioni, riferendosi all’incontro fra due caratteri forti - quello ligure e quello calabrese - che avrebbe impedito un migliore amalgama. “Qui tutti litigano con tutti”, è stato osservato polenfleamente; “ci sono alcune isole - liguri, meridionali, ed ora, extracom unitarie - collocate fianco a fianco, ma isolate fra loro”. “E una forma di difesa del proprio territorio contro tutti gli estranei, sia extracomunitari che ventimigliesi”. E stata avanzata anche l’ipotesi che il vivere in una realtà di confine abbia portato alla costruzione di un’identità più debole rispetto a quelle di altre zone.
Un operatore economico che ha lavorato a Ventimiglia ed abita a Mentone ha rilevato che
“la dfr’ferenze si apprezza al passaggio della frontiera: da una parte, una società pianjficata, quella francese, dall ‘altra parte, no. A Ventimiglia, le negatività si trovano tutte e c ‘è subito il confronto, perso, con la Francia [...J anche i clienti del mercato di Ventimiglia sono di livello inferiore rispetto a quelli del mercato di Sanremo [...] il turismo è di basso livello, concentrato in luglio e agosto e con momenti di criticità. Alberghi e ristoranti di basso livello, e poi, turismo mordi e fuggi di piemontesi, attraverso il colle di Tenda [...] anche le ,fòrze dell ‘ordine si rivelano inadeguate rispetto alle problematiche plurime che devono affrontare “.
“In Francia”, è stato fatto osservare nel corso di un’intervista con un tecnico del settore. “la legislazione è più rigorosa anche per quanto riguarda le banche; gbbalmente, ci sono regole più severe e meno furbetti”.
Fra gli altri aspetti, come ricordano Hily e Rinaudo, sociologi francesi, autori di una ricerca sui movimenti dei migranti all’interno della fascia costiera mediterranea, “le frontiere nazionali mostrano delle differenze nella messa in opera dell’ordine istituito, che non stùggono alle competenze di chi è entrato illegalmente “. Un insieme di differenze che, come vedremo, saranno citate anche da alcuni intervistati e che ritroveremo fra le difficoltà incontrate nel cercare di incidere positivamente sulla realtà in oggetto.

30

Della realc situazione complessiva di Ventimiglia dimostrava di essere ben al corrente il Governo, quanto meno nel 1998. vista la risposta fornita dal sottosegretario di Stato per l’interno Smisi a due interpellanze del senatore Bomacin, come da Atti del Senato della Repubblica, XIII Legislatura, Seduta dell’Assemblea del 19 Giugno 1998.
‘La situazione dell’ordine e della sicurezza pubblica a Ventimiglia e, più in generale, nella provincia di Imperia, risente, in larga parte, della contiguità con le due grandi aree urbane di Marsiglia e di Genova e della particolare conformazione della linea di frontiera, accessibile non soltanto dai valichi principali, ma anche dai numerosi sentieri pedonali, dalle strade minori e dal mare. Elevati sono, quindi, il flusso e il transito dei cittadini stranieri nella zona considerata, che rappresenta il naturale crocevia del traffico internazionale di stupefacenti nella direttrice Marsiglia-Genova. Per queste ragioni, gli organi di polizia riservano speciale attenzione a noti pregiudicati dediti all’usura, alle estorsioni e al traffico di armi e di droga, in collegamento COfl esponenti della malavita locale e con organizzazioni criminali di tipo mafioso, che tentano di infiltrarsi in questa zona della Liguria e nella vicina Costa Azzurra I . . .1 Particolare attenzione viene rivolta dalle autorità di pubblica sicurezza all’impatto prodotto nel tessuto sociale dalla forte presenza di cittadini extracomunitari, molti dei quali dediti al commercio su aree pubbliche [...J relativamente alla presenza di extracomunitari al mercato che si svolge ogni venerdì a Ventimiglia, all’origine della protesta dei commercianti della città. Lo svolgimento di tale mercato settimanale, che richiama numerosissimi acquirenti, soprattutto francesi, favoriti dal cambio monetario, se da un lato costituisce una importante risorsa economica per la città, dall’altro pone una serie di problemi collegati alla notevole dimensione ed alla sua ubicazione nel centro cittadino, COfl riflessi negativi sulla circolazione stradale e sulla sicurezza delle persone. Negli ultimi anni si é aggiunto anche il fenomeno della presenza dei venditori ambulanti aL,usivi extracomunitari, provenienti per lo più da Genova. Per assicurare uno svolgimento ordinato del mercato, il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica di Imperia ha tenuto riunioni periodiche nel corso delle quali sono state predisposte misure di controllo e di vigilanza sulle attività commerciali illegali e abusive svolte nel mercato di Ventimiglia da connazionali ed cxtracomunitari. In tali sedute, svoltesi da ultimo il 1 8 settembre 1997 nel municipio di Ventimiglia ed il 9 aprile di quest’anno presso la prefettura di Imperia, sono state ulteriormente esaminate e messe a punto più incisive misure per la vigilanza della città di Ventimiglia e del suo mercato. Le misure consistono in un articolato meccanismo di controllo che coinvolge non solo le forze dell’ordine territoriali, ma anche la polizia stradale e ferroviaria ed il Corpo di polizia municipale: esso ha consentito di conseguire notevoli risultati sia nell’individuazione di venditori abusivi, sia con il sequestro di merce contraffatta ad operatori extracomunitari e non. Nel periodo gennaio-maggio di quest’anno la Guardia di Finanza ha segnalato 565 prodotti contraffatti e denunciato 22 persone per commercio abusivo. Altre iniziative sono state promosse presso l’amministrazione comunale perché adotti una più puntuale e rigorosa regolamentazione interna del mercato, cresciuto a dismisura rispetto alla sua collocazione nel centro cittadino, e, soprattutto, per studiare la possibilità di uno spostamento dello stesso in zona più idonea. Si tratta di misure predisposte anche a seguito delle istruzioni impartite dal

i

Ministero dell’interno con circolare del 9 ottobre 1995 [...] La definitiva entrata in vigore degli Accordi di Schengen, avvenuta il 10 aprile scorso, e la conseguente soppressione dei controlli alle frontiere terrestri intracomunitarie hanno reso necessaria l’adozione di un nuovo modello operativo, fondato non più sulla vigilanza fissa ai valichi, bensì sulla vigilanza mobile dell’area intorno alla linea di confine. In particolare, in attuazione della legge 6 marzo 1998, n. 40, si è adottato un complesso sistema di controllo coordinato del territorio in base al quale le unità della polizia di frontiera (complessivamente 164 uomini) sono state dislocate, per i compiti di sorveglianza dinamica, in una fascia profonda 20 chilometri dal confine, incrementando la dotazione di mezzi, anche fuoristrada, di apparati radio e telefonici portatili e di ogni altro utile supporto, mentre la vigilanza nella città di Ventimiglia é affidata al commissariato di pubblica sicurezza ed ai comandi territoriali dell’Arma dei carabinieri. Più in generale, le nuove modalità di controllo dei confini terrestri hanno indotto PAmministrazione dell’interno ad avviare la riorganizzazione degli uffici della polizia di frontiera interessati, estendendo il modello già attuato nell’area di Ventimiglia, con l’intensificazione del controllo del territorio, finalizzato anche a contrastare in maniera ancora più efficace e Coordinata l’immigrazione clandestina e le organizzazioni criminali che la favoriscono. E imminente, inoltre, la riarticolazione della Direzione centrale della polizia stradale, di frontiera, ferroviaria e postale del Dipartimento della pubblica sicurezza, unificando in un apposito servizio le competenze di polizia di frontiera e di amministrazione degli stranieri per una migliore gestione dei problemi comuni. In conclusione, desidero assicurare l’interpellante che l’attenzione delle forze dell’ordine nello scacchiere del confine italo-francese é elevata, soprattutto per quel che attiene alla prevenzione e repressione delle attività criminose finalizzate al favoreggiarnento dell’ingresso clandestino sul territorio nazionale di extracomunitari, nel caso specifico cittadini turchi e iracheni di etnia curda. Ricordo, in proposito. le operazioni tinalizzate a reprimere il traffico e lo spaccio di stupefacenti, denominate «Maghreb», (con il deferimento all’autorità giudiziaria di 16 persone, di cui 9 arrestate in flagranza) ed «Odissea» (sfociata nell’arresto di altre 9 persone), nonché, proprio nella città di Ventimiglia, l’operazione Orient Express che ha portato all’arresto di 17 persone, componenti di un’associazione finalizzata a favorire l’ingresso clandestino di stranieri. Tale operazione é stata portata a compimento il 17 dicembre 1997 dalla questura di Imperia, in collaborazione con la Direzione centrale della polizia di prevenzione e con l’ausilio degli investigatori del Dipartimento per la lotta all’immigrazione clandestina del Ministero dell’interno francese. Da ultimo, il 30 maggio scorso, durante un controllo nei pressi della frontiera, la polizia ha rinvenuto un autoarticolato che trasportava 354 chilogrammi di hashish “.
Negli anni successivi, possiamo ricordare anche le operazioni “Excalibur” e ‘Drug in mouth”. che portarono all’arresto di numerosi spacciatori nord-africani.
Malgrado le dichiarazioni ufficiali e l’impegno, innegabile, delle forze di polizia. il confronto con la Francia viene perso anche sul piano della legalità e delle possibilità di lavoro delle forze di polizia stesse. Sono state ricordate “le pasloie legislative che rendono più pro blematici ed efficaci i sequestri della merce”.

32

Per inciso, l’imminente, nel 1998, “riarticolazione della Direzione centrale della polizia stradale, di frontiera, ferroviaria e postale del Dipartimento della pubblica sicurezza, unificando in un apposito servizio le competenze di polizia di frontiera e di amministrazione degli stranieri per una migliore gestione dei problemi Comuni” è ancora da attuarsi e tutto procede più o meno come prima.
Analoga interro2azione, focalizzata sulla situazione del mercato fu presentata dall’onorevole Acquarone l’8 ottobre 2004: [...] peraltro, la localizzazione delle bancarelle di vendita, la disorganica regolamentazione delle stesse nonché il mancato controllo su tale, pur difettosa, normativa locale hanno dato vita a gravissimi inconvenienti tali che, ove perpetuati, possono condurre alla cessazione della ricordata manifestazione di commercio ambulante: [..1 ove tali punti di criticità non fossero rimossi, l’attività di commercio ambulante oltrepasserebbe accettabili livelli di rischio: più specificamente i punti di criticità consistono in:a) mancato rispetto da parte dei commercianti autorizzati degli spazi loro assegnati; b) impossibilità, per l’esigua larghezza delle corsie interne al mercato del transito dei mezzi di soccorso e delle forze dell’ordine; c) mancanza di vie di fuga adeguate; d) presenza dei gruppi elettrogeni ubicati al di sotto dei banchi di vendita; e) posizionamento del parcheggio sull’alveo del torrente Roja, dal quale si accede direttamente all’area del mercato; 1) precaria situazione della circolazione stradale sin dall’uscita autostradale di Ventimiglia; nonostante i ripetuti avvertimenti, risulta all’interrogante che il comune di Ventimiglia non avrebbe ottemperato - se non in minima parte - alle prescrizioni imposte dal Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, cosicché i lamentati punti di criticità sussistono tuttora tanto da perpetuare la lamentata situazione di pericolo”.
Scrivono Hily e Rinaudo che, “le forze dell’ordine sono onnipresenti nella città durante tutta la durata del mercato. A piedi. in auto, in moto, in furgone [...] visibilmente, il loro ruolo non è tanto di arrestare e di bloccare il fenomeno quanto di segnalare le regole del gioco. E se , talvolta, i poliziotti si mostrano più severi, è soprattutto per ricordare i rischi corsi dai venditori di oggetti contraffatti che possono vedersi confiscata tutta la merce [...j rincorrendoli periodicamente, la polizia li obbliga a cambiare costantemente posto e strategia, a rimanere negli interstizi, qui e là, mai nello stesso posto e sempre sul chi vive “.
I venditori extracornunitari intervistali da Hily e Rinaudo evidenziano il fatto che, a Mentone. è consentita solo la vendita di statuine ed altri oggetti tipici, presentati come una arte etnica. Non si vendono oggetti contraffatti: “Vendere oggetti contraffati dall ‘altra parte della frontiera è troppo rischioso [...] In Francia il problema è che le pratiche della polizia non sono le stesse che in Italia. Laggiù la polizia non gioca lo stesso gioco, non scherza “. Ed uno di costoro è molto efficace nello spiegare la sua presenza al di qua del confine: “sono venuto in Italia perché in Francia sono più severi. Ogni volta ci sono controlli, e se tifai prendere là sei spacciato [...] in Italia sifa così, si apre e poi si chiude. In Francia, non è la stessa cosa, e ‘è più ordine, è forse come dovrebbe funzionare un Paese”. La consapevolezza degli ambulanti extracomunitari della loro “impunità di fatto”e delle difficoltà di intervento immediato e costante da parte delle forze di polizia

-‘i

appare evidente al passante che si muove per le strade della città. Uno dei commercianti ha sottolineato la loro arroganza quando si cerchi di allontanarli: “Si! Si! Chiama polizia! Chiama polizia!”. Nel quadro generale, comunque, i senegaLesi, non sono considerati l’aspetto peggiore dell’ insieme: “i neri sono quelli che danno meno fastidio !“. “gli extracomunitari sono un problema, ma il problema peggiore sono i mercanti con il banco fisso, che sono i padroni della città. Male- ducati, prepotenti, violenti”.
Il maggior presidio del territorio, che almeno teoricamente, si riscontra in Francia provoca lo spostamento di persone tendenzialmente portate a delinquere verso l’italia e Ventimiglia in particolare. A proposito della maggiore attività della p0- lizia francese, può essere indicativo seguirne l’andamento leggendo le lettere ed i messaggi che pervengono a giornali come Liberation. Così, viene segnalata “la presenza di teppistelli dalla Francia per furti di motorini eccetera” e “per la microcriminalità durante il mercato, arrivano anche delinquenti francesi; scippi, borse ggi, truffe con carte credito”.
A questo proposito, si può ricordare l’operazione Cycnus del 1999, nel corso della quale fu denunciato un gruppo di minori francesi dediti al furto di motorini.
La soluzione, giudicata positiva, di organizzare mercati etnici gestiti da extracomunitari con merce proveniente dai loro Paesi per alleggerire il mercato del venerdì e per elevarne il livello “culturale” è stata indicata anche da alcuni degli intervistati. “Bisognerebbe realizzare un suq per la vendita di prodotti etnici”. “Sarebbe utile prevedere delle licenze per gli extracomunitari per la vendita dei loro prodotti caratteristici magari in un ‘area a parte”.
Anche per Aboud Salam Fail, ‘dopo il 1994. la Francia, paradossalmente, sembra essere, per gli emigrati senegalesi, una porta d’ingresso verso l’Italia, grazie all’intermediazione dei passeurs fra Nizza e Sanremo, intorno al posto di frontiera di Ventimiglia. La maggior parte degli emigrati senegalesi , beneficiari della regolarizzazione della legge Dini, dichiarano di essere entrati in Italia passando per la Francia, dopo aver ottenuto un visto di soggiorno molto breve: visto di transito o visto di una settimana”.
Ai due lati della frontiera, reale o virtuale che sia, si trovano Ventimiglia e Mentone. “Distanti meno di 10 km l’una dall’altra, ma situate ai due lati della frontiera, queste due città sono molto in contrasto fra loro, a dispetto dell’apertura della frontiera e della circolazione incessante delle persone che l’attraversano. Da un lato, Mentone si è costruita un’immagine di stazione balneare accettabile, rivolta ad una clientela agiata ed internazionale (italiani fortunati, nuovi ricchi, tedeschi...). Le autorità locali vi tollerano la presenza di qualche venditore ambulante ben conosciuto - in gran parte senegalesi - nei luoghi frequentati dai turisti, a condizione che effettuino solo la vendita di quello che si è deciso di chiamare «oggetti d’arte africana». Dall’altra parte, Ventimiglia è un’agglomerazione italiana di inedia importanza. L’attività frontaliera è molto importante e numerosi francesi residenti nella regione delle Alpi marittime per tradizione, vanno a farvi

34

la spesa. L’influenza della presenza francese (essenzialmente economica) è, d’altra parte, onnipresente: la maggior parte dei commercianti italiani parla il francese. Essa è quindi conosciuta per il suo mercato, dove convergono ogni venerdì diversc centinaia di piccoli venditori immigrati originari di numerose regioni del mondo (Senegal, Cina, Equador, India, Pakistan, Paesi del Maghreb, Paesi dell’Est....) specializzati nella vendita abusiva di merce contraffatta. . .E, se contribuiscono alla creazione della ricchezza locale, partecipano ugualmente al processo di ricomposizione identitaria dello spazio pubblico urbano mettendo in evidenza le identità etniche a tini commerciali ed alla costruzione sociale di una rappresentazione cosmopolita della città”.
Come ha segnalato in particolare uno degli intervistati, il benvenuto agli stranieri avviene “non appesa passato il confine, con la presenza di banchi per la vendita difrutta, che offre subito i ‘immagine disastrata di una città sporca e confusa”.
Ventimiglia rappresenta, quindi, nello stesso tempo, uno spazio commerciale - c’è chi, in senso dispregiativo, l’ha definita “un grande discount, un centro commerciale a cielo aperto” - ed uno spazio di transito. Uno spazio che, come si è delineato nel corso di numerose interviste, viene “utilizzato”, “colonizzato” come ha detto qualcuno, da una serie di city users: commercianti locali e mobili, immigrati regolari ed irregolari, acquirenti, effettivi e potenziali, che ci fanno i loro comodi e se ne vanno, e criminali. L’idea di Ventimiglia “colonizzata” è un concetto ricorrente fra gli intervistati. “I francesi vengono in colonia. Sporcizia, maleducazione, eccetera. Si comportano come la maggior parte della gente quando va in vacanza. Si cambiano in peggio le abitudini e ci si dimentica l’educazione”. D’altra parte, “anche molti commercianti, che non sono residenti, la considerano una colonia”.
La “colonizzazione” è evidenziata dai cartelli bilingue che indicano merci e prezzi, e dal comportamento dei negozianti che, appostati sulla soglia dei loro esercizi, si rivolgono a tutti coloro che non conoscono in lingua in francese. A questo proposito, posso ricordare l’episodio di un ventimigliese che, interpellato a proposito di un’informazione da un turista francese gli ha cortesemente risposto in italiano, pur parlando bene anche l’altra lingua. Davanti al mio stupore, ha seccamente risposto: “Non vedo perché dovrei parlare francese. Siamo in Italia, allora si parla italiano”. Un altro interlocutore ha sostenuto che “ifrancesi tengono comportamenti che a casa loro non avrebbero e che sarebbero anche sanzionati”. Un altro ancora ha evidenziato che “tutta la gente è maleducata: i neri, tanti commerciant4 che non rispettano i regolamenti, i proprietari di canL Ci sono anche altri problemi connessi a questo stato di illegalità diffusa: la spazzatura per le strade, quello che sporcano i francesi, che sono in gran parte di basso livello; e, certi ventimigliesi anche. E i vigili non intervengono”.
Questi comportamenti, certo antisociali, ma neppure sempre illeciti, si scontrano con le quotidiane carenze di organico da un lato e di super impegno lavorativo dall’altro, delle forze di polizia, che, raramente, possono concedersi il lusso di controllare qualcuno che sta comportandosi in maniera non corretta, o, comunque, sta “non comportandosi”.

35

Ancora secondo l’analisi di Hily e Rinaudo, “il mercato di Ventimiglia si caratterizza per il fatto di essere nello stesso tempo un mercato classico posto in un luogo pubblico - quello che si definisce un «mercato aperto» - ed uno «spazio pubblico commerciale» in ciii alcuni passanti abbandonano momentaneamente questo ruolo per rivestire, il tempo di concludere un affare, quello di acquirente o venditore irregolare”.
D’altra parte, come è stato ricordato, “qu4 la ricchezza è sempre stata indotta dal confine, con affàri leciti ed illeciti, ed una conseguente situazione di prosperità per commercianti ed affaristi”; inoltre. “l’economia di Ventimiglia è, ed è sempre stata, spregiudicata”.
Come ha messo in evidenza un attento conoscitore di questa realtà, “Ventimiglia ha sempre avuto piccoli traffic4 dal sale e dalle banane in tempo di guerra ai passeurs al traffico di esseri umani; abbiamo solo assistito al passaggio da un artigianato locale alla grande industria”.
Ventimiglia rappresenta uno spazio di commercio anche per affari illeciti: oltre alla contraffazione, droga, pezzi di ricambio, eccetera. b4Dalla metà degli anni 90, i consumatori di eroina si possono rifornire a Ventimiglia. Il traffico si organizza «a partire dai bar che si trovano intorno al parco» [...] gran parte del consumo avviene alla perUèria della città e sfugge ad ogni controllo [...] lo spazio frontaliero è quindi interessato da questo tipo di «commercio» importante e ben organizzato”. Questa realtà è stata confermata da altri intervistati che hanno parlato di “un traffico di eroina dall ‘Balia in direzione della Spagna e di cocaina - chili e chili ogni giorno - e di hashish nel senso opposto”. E stato sottolineato anche che “tira molto il mercato di Sanremo, dove si trova «roba» più facilmente e di migliore qualità”.
bbDallaltra parte, a Mentone, nulla di questo brulicare, nessuno di questi traffici e nessuna possibilità di stabilirvisi, neppure in maniera provvisoria. La frontiera gioca bene il suo ruolo di separazione, di gestione delle popolazioni immigrate. Questo spazio frontaliero evidenzia delle differenze: differenza fra le politiche d’immigrazione italiane e straniere, differenze nella rappresentazione dello straniero, differenza nelle politiche locali, differenza, quindi, nel controllo e nell’ordine sociale. Per quanto riguarda la droga, ad esempio, e malgrado il quadro penale sia lo stesso in Francia e in Italia, le forze dell’ordine hanno nei confronti dei tossicodipendcnti degli atteggiamenti molto più tolleranti dei loro omologhi francesi. Questa tolleranza prescnta certo dei limiti e gli interventi di controllo sono numerosi, ma effettuati quando la visibilità del traffico diventa evidente e l’opinione pubblica si lamenta. Ma «il loro obiettivo principale è più quello di mettere ordine nel sistema che di sradicarlo». Mutatis mutandis, si trova lo stesso genere di comportamento al mercato deL venerdì, quando le forze dell’ordine tollerano la vendita selvaggia di prodotti contraffatti e la presenza in gruppi sempre più numerosi dei venditori senegalesi, maroeehini, cinesi o equadoregni. Quando i poliziotti circolano fra i banchi per «far vedere che la polizia

36

c’è», senza grandi manifestazioni di forza e cercando, solo con la loro presenza, di controllare e di regolare i movimenti e gli spostamenti, non è raro assistere, improvvisamente, ad incursioni della polizia, seguite da arresti” (Hily e Rinaudo).
Fra gli aspetti negativi della città, sono state messe in evidenza le difficoltà di collegamento, sia rispetto al resto della provincia sia in riferimento al capoluogo di regionc ed alla capitale. “Ventimiglia è una realtà per Verica rispetto a Genova e Roma. Ci sono dUjìcoltà di spostamento, sia in autoveitura sia con il treno. Si avverte anche la mancanza di una «presenza», forse voluta dai locali per essere più liberi”. Anche chi scrive, che ha potuto apprezzare di persona il funzionamento dei trasporti ferroviari, ritiene francamente anacronistico - e intollerabile in una realtà che fosse «normale» - il fallo che i treni più veloci che collegano il capoluogo di regione con la Francia fermino in cittadine con 6.000-10.000 abitanti, c che la realizzazione del raddoppio ferroviario proceda ancora così lentamente.
D’altra parte, se i cugini francesi guardano con un p0’ di malcelata superiorità alla presenza di un maggior disordine palese sul lato italiano della frontiera e si preoccupano, giustamente, per l’attacco alle loro “gr%fts” in termini di immagine e di economia nazionale, non si può dire che, “verso ovest” la situazione globale. almeno per gli esperti, sia molto più rassicurante e trasparente.
Come ricorda nella sua interessante analisi Myrianne Coen, nel Rapporto della «ìvfission d’informai ion anti-blanchiment de i ‘Assemblée Nationale Fran9aise» del luglio 2000, “il relatore Arnaud Montebourg denuncia, alla luce dell’analisi della situazione nel Sud-Est della Francia, la vicinanza molto elevata, quando non la collusionc, fra responsabili politici, economici ed autorità giudiziarie come ostacolo principale alla lotta contro la grande criminalità finanziaria. Queste stime, sempre difficili da stabilire quando si tratta di conoscere fenomeni occulti, permettono quanto meno di affermare, in maniera concorde, che i capitali da investire sono molto elevati e che la Francia rappresenta una delle destinazioni privilegiate per quei capitali che trovano massicciamente rifugio in Ile-de-France e nel Sud-Est. La realtà osservata sul campo conforta queste valutazioni. Nel corso della sua audizione da parte della «Mission», Jean-Paul Decorps, Presidente del Conseil Supérieur du Notariat, ha sottolineato la «professionalità» di questi neidatori, che sanno adattarsi per sfuggire agli sguardi indiscreti ed accettano di investire in tutte le forme di acquisti immobiliari”.
Ancora Coen riferisce quanto dichiarato all’epoca da “Eric de Montgolfier, Procuratore generale al Tribunal de grande instance di Nizza : «il mercato immobiliare della Costa Azzurra mi lascia perplesso. Ci si trovano delle proprietà straordinarie. Non potrebbe il legislatore imporre alcune precauzioni che, dopo tutto, esistono già nell’ambito societario? Determinate regole dovrebbero essere imposte: per esempio, rendere obbligatoria la produzione di giustificativi a partire dal pagamento di una certa somma ? Perché constato che, in materia fiscale, arriviamo sempre troppo tardi. Bisogna mettere a punto un sistema semplificato, certo non molto liberale. Ma il liberalismo e la delinquenza finanziaria, non dimenti 37

chiamolo, rappresentano una coppia infernale. Perché aspettare che il male si produca ? Perché non prendere precauzioni ?». La regione del Sud-Est appare quindi molto permeabile ed esposta alle infiltrazioni criminali. Ora, é in questo fragile contesto che, inoltre, si constatano gravi disfunzionamenti dell’istituzione giudiziaria”.
L’autrice fa riferimento anche ad alcune dichiarazioni del Sostituto Procuratore di Grasse alla fine degli anni 90, rese alla «Mission», che esprimono il clima di profondo malessere vissuto da un certo numero di magistrati. “Il funzionamento dell’istituzione giudiziaria nella regione del Sud-Est, confrontata ad una forte delinquenza finanziaria, soffre di un’assenza di politica penale chiara, che definisca le priorità, di un’insufficienza di mezzi, inoltre male utilizzati, e dell’esistenza di una magistratura troppo integrata nel tessuto economico e politico per poter esercitare le proprie funzioni nel rispetto delle esigenze di imparzialità e di rapidità che ogni cittadino ha il diritto di aspettarsi”.
Coen descrive quella che definisce “la penetrazione del Sud-Est da parte delle organizzazioni criminali. L’eventuale appartenenza di questa o quella personalità ad un club, un’associazione, un qualsiasi sodalizio o il proprio impegno nella massoneria rileva totalmente da una scelta personale e non interessa per nulla la «Mission». Al contrario, il fatto che alcune di queste strutture si possano essere ritrovate infiltrate da organizzazioni criminali che, deliberatamente, hanno sviluppato una strategia di penetrazione, garantendosi l’influenza di personalità rappresentanti l’istituzione della Repubblica, merita un attento esame. E in questa prospettiva che, ad esempio, la «Mission» deve analizzare la dichiarazione di Philippe Dorcet, giudice d’istruzione al
Tribunal de grande instance di Nizza, nel corso della propria audizione F...] Ha dichiarato il giudice Dorcet: «ho saputo, parlando ufficiosamente con alcuni ufficiali di polizia giudiziaria che la mafia calabrese è organizzata secondo un regime di logge - le cosche. Nelle Alpi- Marittime ci sono sette cosche, e la costa principale è a Juan-les-Pins; dipendono tutte dalla cosca di Ventimiglia. Enzo Ciconte cita tre ragioni per le quali la criminalità organizzata ha deciso di entrare nella massoneria: integrare il tessuto economico locale, avere legami all’interno delle istituzioni cd avvicinare i magistrati [...] Non é la massoneria che viene chiamata in causa, ma io penso che, a un dato momento, essa ha rappresentato una rete decisiva in cui si sono incrociate, al riparo del segreto, persone provenienti da mondi molto diversi. Tutto questo mescolarsi fra persone che non avevano tutte lo scrupolo dell’interesse comune, ha potuto favorire, a un certo momento, delle importanti deviazioni» (estratto dell’audizione di Philippe Dorcet davanti alla «Mission», 9 maggio 2001)”.
Coen prosegue: ‘così, l’esistenza a Nizza di relazioni sociali parallele che si sono instaurate, per esempio, nel quadro di determinate logge massoniche, dove si sfiorano, si frequentano e si aiutano reciprocamente un certo numero di persone che tutto dovrebbe contrapporre nella società civile, ostacola il regolare funzionamento delle istituzioni della Repubblica. A sua volta ascoltato dalla «Mission», il vecchio direttore dei servizi fiscali delle Alpi-Marittime, Alain Bertaux, si è mostrato turbato per il seguito molto sfavorevole riservato a certe inchieste fiscali

38

che, evidentemente, avrebbero meritato ben altro seguito che non l’interruzione dell’azione giudiziaria”. Questa testimonianza è sembrata talmente seria che la «Mission» ne ha deciso la trasmissione al Procuratore della Repubblica per quanto di competenza in base all’articolo 40 del codice di procedura penale.
Come si può vedere, quindi, se Sparta piange, Atene non ha motivi per ridere. Potrà essere il caso di ipotizzare, al momento delle conclusioni, se non possa esistere una suddivisione di compiti
- decisa ad un piano alto, dove, appunto si incontrano persone diverse per molti aspetti ma unite per il comune interesse per il potere e il denaro - fra una realtà “più seria cd elegante” ed una “più plebea e cagnarosa”, comunque coordinate e finalizzate verso obiettivi comuni.
Anche fra i nostri intervistati, infatti, c’è stato chi ha indicato taluni settori della massoneria fra i poteri forti di Ventimiglia e l’esistenza, in passato, di alcune inchieste giudiziarie in proposito;
“una certa massoneria con funzioni di collante fra imprenditori, mondo politici e criminalità organizzata”.
Per inquadrare la realtà economica di Ventimiglia, si possono riportare alcuni dati relativi alla città e alla provincia di Imperia.
E necessario premettere che, trattandosi di una realtà comunale, quindi di una zona di limitate dimensioni e fortemente condizionata da scambi con l’esterno (cioè con altri comuni limitrofi e non) e che i dati pubblici a disposizione sono limitati, può risultare complesso effettuarne un’analisi approfondita.. Nel caso specifico, inoltre, la vicinanza con un’altra nazione, con cui la zona in questione intrattiene numerose relazioni sia di tipo economico che non (basti pensare che oltre il 40% delle importazioni ed il 30% delle esportazioni dell’intera provincia avviene con lo stato francese e che due dei sei comuni con cui confina Ventimiglia sono francesi), complica l’analisi.
La provincia di Imperia mostra un tessuto imprenditoriale particolare, con conseguenti riflessi sull’economia e sull’occupazione. Il numero di imprese iscritte al 31 dicembre 2004 era di poco superiore alle 24.000 unità, dato che, rapportato alla popolazione, la poneva nella media nazionale. [Si può ricordare a questo proposito, che
- dato Infocamera anno 2004 - la media italiana è pari a 10,5 imprese ogni 100 abitanti, mentre quella di Imperia è di 11,0 ogni 100 abitantil
Per quanto riguarda le tipologie di attività imprenditoriali la zona si caratterizza per un’elevata presenza di imprese operanti nel settore primario (agricoltura, circa una su 4), nel settore del commercio e nel settore alberghiero, a fronte di una presenza dell’industria molto bassa. L’incidenza delle imprese artigianali è in linea con la media nazionale (circa 30%). La maggior parte delle imprese è di piccole dimensioni.
Ventimiglia rappresenta, da un punto di vista demografico ed economico, uno dei tre poli principali della provincia di Imperia. E infatti il comune di maggiore dimensione della provincia insieme a Sanremo ed Imperia (gli unici oltre i 20.000 abitanti) dove complessivamente risiede oltre il 50% della popolazione della provincia, che conta poco più di 200.000 abitanti.

39

Il numero di imprese attive iscritte al Registro delle imprese al 31 dicembre 2004 era di 2.310 unità (che disponevano di 3000 unità locali) pari al 9,6% circa dell’intera provincia; una percentuale simile si otteneva rapportando la popolazione del comune con quella della provincia.
Ad una prima lettura quindi il tasso di imprenditorialità (imprese su numero di abitanti) non presenta variazioni rispetto alla media della provincia. Considerando più realisticamente solo i comuni di medie dimensioni (oltre 10.000 abitanti) il tasso è il più elevato della provincia, con oltre 8 unità locali di imprese ogni 100 abitanti. In questo senso il Comune mostra una maggior propensione all’imprenditorialità rispetto ad altri comuni della stessa zona con caratteristiche di tipo demografico simili. E invece di poco inferiore alla densità imprenditoriale della regione Liguria che è pari a 8,60 unità locali ogni 100 abitanti.
Densità imprenditoriale

Fonte: Camera di Commercio di Imperia anno 2004
Classificando le imprese per forma giuridica, si può osservare che il comune di Ventimiglia è “rappresentativo” dell’intera provincia. Notiamo infatti un’elevata incidenza di imprese individuali (oltre il 70% in entrambi i casi), una limitata presenza di società di persone (circa il 20%) ed una presenza praticamente nulla di società di capitali (4-5%). Tale informazioni confermano quanto detto precedentemente, che cioè sia il comune che la provincia sono caratterizzate da imprese di piccole dimensioni (si consideri infatti che un’impresa individuale ha solitamente non più di 3 dipendenti, come da dati Istat relativi al Censimento 2001).

Classificazione delle imprese per Forma giuridica

Fonte: Camera di cio) anno 2004

Commercio di Imperia; Unioncamere (Unione delle Camere di Commer 40

Ventimiglia

8,48

Imperia

7,76

Sanremo

7,05

Bordighera

6,54

Taggia

5,61


Di capitali

Di persone

Imprese md.

Altre

Totale

Ventimiglia

101

517

1.667

25

2.310

4,37%

22,38%

72,16%

1,08%

100%

Provincia

1.332

4.714

17.706

285

24.037

5,54%

19,61%

73,66%

1,19%

100%

Liguria

14.340

29.752

91.312

2.422

137.826

10,40%

21,59%

66,25%

1,76%

100%

Italia

632.769

894.595

3.431.407

103.088

5.061.859

12,50%

17,67%

67,79%

2,04%

100%

Rispetto alla regione Liguria ed all’intero Paese, invece, il Comune di Ventimiglia si caratterizza per una maggior presenza percentuale di imprese individuali ed una scarsa presenza di società di capitali.
Rispetto alla Provincia di Imperia, il comune di Ventimiglia presenta un tessuto imprenditoriale leggermente differente, in particolare per quanto riguarda il settore primario e il commercio. A fronte, infatti, di una sostanziale uguaglianza di distribuzione delle altre tipologie di imprese, solo il 18% delle imprese del comune sono agricole a fronte di un 26% della Provincia. Una situazione opposta si rileva per quanto riguarda le attività commerciali; se nella provincia le attività commerciali sono il
25% circa, nel comune di Ventimiglia superano il 30%. Leggermente superiore risulta la percentuale di attività legate al turismo (+1,27%), seppure in una provincia complessivamente ad alta vocazione turistica.
Classificazione per settore
- Ventimiglia e provincia di Imperia

Percentuale di imprese su provincia

9,61%

Fonte: Camera di Commercio di Imperia; Unioncamere (Unione delle Camere di Commercio)
Dal confronto con la regione Liguria emergono una serie di informazioni interessanti: il comune di Ventimiglia, pur non avendo una vocazione agricola all’interno della propria provincia, rispetto alla regione mostra una presenza nettamente più elevata di imprese agricole (+ 10% circa). Analogamente la percentuale di attività commerciali è solo leggermente superiore alla media della Liguria.

41

Settore

Ventimi

;lia

Provincia

Differenza

Agricoltura

435

18,83%

6.477

26,95%

-8,11%

Pesca

6

0,26%

55

0,23%

0,03%

Estrazione di minerali

0

0,00%

6

0,02%

-0,02%

Att. Manifatturiere

181

7,84%

1.771

7,37%

0,47%

Prod. e distr. Energia elettrica e gas

2

0,09%

12

0,05%

0,04%

Costruzioni

345

14,94%

3.589

14,93%

0,00%

Commercio

728

3 1,52%

5.932

24,68%

+6,84%

Alberghi e ristoranti

206

8,92%

1.838

7,65%

1,27%

Trasporti

58

2,51%

652

2,71%

-0,20%

lntermed. monetaria e finanziaria

49

2,12%

447

1,86%

0,26%

Attività immobiliari ed informatica

166

7,19%

1.928

8,02%

-0,83%

PA

0

0,00%

1

0,00%

0,00%

Istruzione

5

0,22%

43

0,1 8%

0,04%

Sanità

4

0,17%

52

0,22%

-0,04%

Altri servizi pubblici

114

4,94%

1.149

4,78%

0,15%

Altre

11

0,48%

85

0,35%

0,12%

Totale

2.310

100%

24.037

100%


Classificazione per settore - Ventimiglia e Regione Liguria

su regione

1,40%

Fonte: Camera di Commercio di Imperia Unioncamere (Unione delle Camere di Commercio) anno 2004
Confrontando invece il Comune con l’intera nazione emergono differenze sostanziali per quanto riguarda 3 settori. Viene confermata una presenza di imprese agricole leggermente superiore alla media nazionale, ma soprattutto si evidenza una netta prevalenza delle attività commerciali su quelle manifatturiere, caratteristica già evidenziata nei capitoli precedenti e relativa non solo al comune ma all’intera provincia.
Decisamente significativa, anche in questo confronto, la differenza percentuale di attività legate al turismo.

42

Settore

Ventimiglia

Liguria

Differenza

Agricoltura

435

18,83%

15.090

9,13%

+9,70%

Pesca

6

0,26%

444

0,27%

-0,0 1%

Estrazione di minerali

0

0,00%

130

0,08%

-0,08%

Attività manifatturiere

181

7,84%

16.358

9,90%

-2,06%

Prod. e distr. energia elettrica e gas

2

0,09%

96

0,06%

0,03%

Costruzioni

345

14,94%

24.713

14,95%

-0,01%

Commercio

728

31,52%

47.829

28,93%

+2,58%

Alberghi e ristoranti

206

8,92%

12.770

7,72%

1,19%

Trasporti

58

2,51%

7.829

4,74%

-2,23%

lntermed. monetaria e finanziaria

49

2,12%

3.599

2,18%

-0,06%

Attività immobiliari ed informatica

166

7,19%

18.170

10,99%

-3,81%

PA

0

0,00%


n.d.

n.d.

0,00%

Istruzione

5

0,22%

433

0,26%

-0,05%

Sanità

4

0,17%

670

0,41%

-0,23%

Altri servizi pubblici

114

4,94%

7.635

4,62%

0,32%

Altre

11

0,48%

9.545

5,77%

-5,30%

Totale

2.310

100%

165.311

100,00%


Classificazione per settore Ventimiglia ed Italia

Percentuale di imprese su nazione

0,04%

Fonte: Camera di Commercio di

Imperia; Unioncamere (Unione delle Camere di Commercio)

Volendo effettuare un approfondimento relativamente alle attività commerciali, si può osservare che queste sono fra le attività imprenditoriali più presenti nel comune di Ventimiglia. Infatti, il 13% circa delle attività di tipo commerciale presenti in Provincia di Imperia sono localizzate a Ventimiglia, rispetto al 9,6 1% dcl totale imprese, confermandone la forte vocazione commerciale.
Dividendo le attività in microsettori emerge come le imprese commerciali più presenti (in relazione all’intera provincia) siano quelle specializzate in vendita di prodotti alimentari definiti “tipici”, cioè di produzione locale (50% della provincia). Per quanto riguarda le altre attività non sembra vi siano particolarità, in quanto per la maggior parte si assestano intorno alla media.

43

Settore

Ventimi

;lia

Italia

Differenza

Agricoltura

435

18,83%

972.940

16,22%

2,61%
0,06%

Pesca

6

0,26%

12.214

0,20%

Estrazione di minerali

0

0,00%

5.953

0,10%

-0,10%

Attività manifatturiere

181

7,84%

752.188

12,54%

4,71%

Prod. e distr. energia elettrica e gas

2

0,09%

3.425

0,06%

0,03%

Costruzioni

345

14,94%

771.432

12,86%

2,07%

Commercio

728

31,52%

1.581.817

26,37%

+5,14%

Alberghi e ristoranti

206

8,92%

285.118

4,75%

+4,16%

Trasporti

58

2,51%

212.943

3,55%

-1,04%

Intermed. monetaria e finanziaria

49

2,12%

108.000

1,80%

0,32%

Attività immobiliari ed informatica

166

7,19%

581.272

9,69%

-2,5 1%

PA

0

0,00%

n.d.

n.d.

0,00%

Istruzione

5

0,22%

18.939

0,32%

-0,10%

Sanità

4

0,17%

25.213

0,42%

-0,25%

Altri servizi pubblici

114

4,94%

240.039

4,00%

0,93%

Altre

11

0,48%

426.248

7,11%

-6,63%

Totale

2.310

100%

5.997.741

100,00%


Le tipologie di attività commerciali

Al fine di evidenziare altri eventuali particolari in merito al tessuto imprenditoriale, è importante analizzare “la rotazione delle imprese”, cioè il numero di chiusure e di aperture ed il rapporto tra le imprese registrate e quelle attive.
Partendo da questo ultimo dato, possiamo notare nella tabella successiva come, tra i comuni delle provincia, Ventimiglia sia tra le ultime posizioni; ciò significa che il rapporto tra imprese attive e registrate è tra i più bassi. Anche in questo caso, però, sia la media della provincia che le città di Imperia e Sanremo hanno una percentuale ancora più bassa, seppur di poco. In questo senso, quindi, non esistono particolari anomalie.

44

Tipologia

Ventimiglia

Provincia

Rapporto

Bevande (vini, olii, birra ed altre)

20

41

48,78%

Non specializzati prevalenza non alimentare

5

17

29,41%

Non specializzati

10

45

22,22%

Calzature e articoli in cuoio

32

162

19,75%

Pane, pasticceria, dolciumi

15

83

18,07%

Cosmetici e articoli di profumeria

15

91

16,48%

Elettrodom.radio-TV dischi strum. musicali

14

89

15,73%

Abbigliamento e accessori, pellicceria

86

590

14.58%

Tabacco e altri generi di monopolio

15

111

13,5 1%

Mobili, casalinghi, illuminazione

28

219

12,79%

TOTALE

602

4736

12,71%

Non specializzati prevalenza alimentare

69

557

12,39%

Altri esercizi specializzati non alimentari

83

673

12,3 3%

Libri, giornali, cartoleria

27

219

12,33%

Carburanti

12

98

12,24%

Altri non classificati

111

971

11,43%

Prodotti tessili e biancheria

12

123

9,76%

Altri esercizi specializzati alimentari

6

63

9,52%

Carne e prodotti a base di carne

14

156

8,97%

Ferramenta vernici giardinaggio sanitari

14

158

8,86%

Pesci, crostacei, molluschi

3

36

8,33%

Farmacie

7

84

8,33%

Fruttaeverdura

4

103

3,88%

Articoli medicali e ortopedici

0

10

0,00%

Articoli di seconda mano

0

37

0,00%

Imprese attive su registrate - anno 2004

Fonte: Unioncamere anno 2004
Il rapporto tra nuove imprese e imprese registrate mostra una forte similitudine con la inedia della provincia (6,79% di Ventimiglia contro 6,77% dell’intera provincia), così come il rapporto tra le imprese cessate e quelle registrate (6,46% di Ventimiglia contro 6,88% dell’intera provincia). In entrambi i casi, inoltre, non esistono particolari differenze rispetto alle principali città della provincia.

Imprese iscritte su registrate

45

Posizione

Comune

%

I

AQUILA D’ARROSCIA

100,00%

I

ARMO

100,00%

1

AURIGO

100,00%

1

CARPASIO

100,00%

I

CESIO

100,00%

I

MONTEGROSSO PIAN LATTE

100,00%

I

RANZO

100,00%

8

DIANO SAN PIETRO

99,31%

9

SOLDANO

99,16%

10

SAN BIAGIO DELLA CIMA

98,82%

61

DIANO MARINA

85,55%

62

VENTIMIGLIA

84,81%

63

Provincia di Imperia

84,69%

66

OLIVETTA SAN MICHELE

82,61%

67

CERVO

81,82%

68

IMPERIA

81,03%

Posizione

Comune

%

1

CARPASIO

23,53%

2

AIROLE

19,44%

3

CESIO

17,86%

38

VENTIMIGLIA

6,79%

39

Provincia di Imperia

6,77%

66

LUCINASCO

2,56%

67

TERZORIO

2,13%

68

MONTEGROSSO PIAN LATTE

0,00%

Imprese cessate su registrate

Fonte: Camera di Commercio di Imperia anno 2004
Dal confronto con realtà territoriali di maggiori dimensioni e di differente posizione geografica non emergono differenze superiori all’ordine dell’ 1%. Questo dato conferma la sostanziale assenza di particolari specificità locali, per quanto relative al tema in questione.
Imprese iscritte attive e cessate su registrate

Fonte: Infocamere anno 2004
N= nuove imprese iscritte; R= imprese registrate; C= imprese cessate; A= imprese attive

Zona N/R C/R N+C/R A/R

46

Posizione

Comune

%

i

AQUILA D’ARROSCIA

30,00%

2

CHIUSANICO

16,51%

3

CERVO

14,94%

42

Provincia di Imperia

6,88%

47

VENTIMIGLIA

6,46%

66

ARMO

0,000 o

67

CARPASIO

0,00%

68

MONTEGROSSO PIAN LATTE

0,00%

Iscritte + cessate su_registrate


Posizione

Comune

%


1

AQUILA D’ARROSCIA

36,67%


2

AIROLE

30,56%


3

CHIUSANICO

26,61%


44

Provincia di Imperia

13,65%


45

VENTIMIGLIA

13,26%


66

LUCINASCO

5,13%


67

TERZORIO

4,26%


68

MONTEGROSSO PIAN LATTE

0,00%







Ventimiglia

6,79

o,/

6,46

%

13,26

%

84,81

%

Provincia Imperia

6,77

%

6,88

%

13,65

%

84,69

%

Liguria

7,64

%

6,22

%

13,85

%

83,34

%

Italia

7,09

%

5,59

%

12,68

%

84,40

%

Il confronto tra i dati relativi al reddito medio degli abitanti di Ventimiglia e dell’intera provincia dimostra come, nell’anno in questione, la provincia fosse inediamente più ricca rispetto al comune, con una differenza pro-capite di circa 2.500 € all’anno per quanto riguarda il reddito e di 6.500 € circa per quanto riguarda la ricchezza immobiliare. Al contrario il valore medio degli immobili (sia residenziali che unità locali) nel comune di Imperia è nettamente più elevato (circa 20%) rispetto alla media della provincia. Naturalmente l’imponibile annuo è leggermente superiore nella provincia così come l’importo medio delle pensioni crogate.

Il reddito a Ventimiglia

Fonte: Camera di Commercio di Imperia- Banca d’Italia anno 2000

Dal confronto tra le categorie di contribuenti non emergono rilevanti differenze; le informazioni presenti confermano le osservazioni derivanti dai dati delle tabelle precedenti. Seppur in modo lieve i contribuenti con reddito più elevato sono presenti maggiormente in percentuale nella provincia di Imperia rispetto al comune di riferimento.

Le classi di contribuenti

Fonte: Camera di Commercio di Imperia- Banca d’Italia anno 2000
Secondo i dati del 2002 della Banca d’Italia, da cui sono state ricavate tutte le tabelle seguenti, il numero di sportelli bancari presenti nel comune di Ventimiglia era pari a 12 cioè all’ 11,2 % di quelli dell’intera provincia, che erano 107.

47





Dati in euro

i1i

Provincia

Differenza

Reddito per abitante

11.453

14.117

-2.664

Ricchezza immobiliare per abitante

35.624

42.272

-6.648

Ricchezza immobiliare per locale

61.679

52.532

9.147

Imponibile per abitante

6.480

8.371

-1.891

Importo medio annuo delle pensioni

5.463

5.982

-519

Contribuenti

Ventimiglia

Provincia

Differenza

Totali

15.235


150.478



Imponibile < 7.746€

7.286

47,82%

68.676

45,64%

2,19%

Tra 7.747 e 15.493€

4.003

26,28%

42.425

28,19%

-1,92%

Tra 15.494 e 30.897€

3.405

22,35%

32.336

21,49%

0,86%

Tra 30.898 e 69.721€

458

3,01%

6.083

4,04%

-1,04%

Oltre 69.722 €

83

0,54%

958

0,64%

-0,09%

Anche per quanto riguarda il volume dei depositi e degli impieghi, entrambi si assestano sulla media dell’i 1% rispetto alla provincia, con una leggera prevalenza dei depositi.
Depositi ed impieghi
Dati in migliaia di euro Ventimiglia Provincia % Ventim./provincia
Depositi bancari 180.234 1.520.418
11,85%
Impieghi bancari 181.815 1.542.672 11,79%
Ne consegue che il rapporto deposito su sportelli è pressoché identico, così come il rapporto tra impieghi e sportelli.
Analogamente, il volume dei depositi e egli impieghi per abitante è molto simile nel confronto tra il Comune di Ventimiglia e l’intera provincia di Imperia.

Depositi ed impieghi per abitante e sportello

La dinamica degli impieghi e depositi confrontata con le realtà limitrofe evidenziano una sostanziale similitudine. Gli impieghi negli ultimi 3 anni sono in leggera crescita sia per Ventimiglia che per le altre zone; analoga è la dinamica dei depositi: una leggera crescita sia per quanto riguarda la regione che per la provincia che per il comune di Ventimiglia.

Impieghi

48


Ventimiglia

Provincia

Differenza

Depositi/sportelli

15.020

14.210

810,0

Depositi per abitante

7.341

7.381

-40,0

Impieghi/sportelli

15.151

14.417

734,0

pieghi per abitante Impieghi/depositi %

7.406

7.489

-83,0

100,90

101,50

-0,60

dati in milioni di E

2002

2003

2004

Liguria

20.033

21.025

21.572

Provinciadi Savona

2.869

3.086

3.316

ProvinciadiGenova

13.520

14.047

14.155

Provincia della Spezia

2.101

2.163

2.215

Provincia di Imperia

1.543

1.729

1.886

Ventimiglia

182

183

185

Ventimiglialprovincia

1 1,80°/

10,58%

9,81°,4

Ventimiglia/regione

0,91%

0,87%

0,86°,4

Depositi

Come già segnalato, la limitatezza dei dati a disposizione e, in alcuni casi, la difficoltà di paragone spazio-temporale, rendono difficile una valutazione puntuale. Dalle informazioni a disposizione emerge come, da un punto vista imprenditoriale, la città non presenti forti peculiarità rispetto alla provincia di riferimento e alla regione Liguria. Da un punto di vista economico si caratterizza per essere una zona mediamente ricca e da un punto di vista imprenditoriale per la sua vocazione commerciale e turistica a scapito dell’industria in senso stretto. La presenza di imprese agricole è abbastanza elevata, seppure in un contesto in cui il settore pri.- mario è predominante. Le imprese sono mediamente di piccole dimensioni, tanto che oltre il 70% del totale è composto da imprese individuali; tutta la provincia si caratterizza comunque per “contenere” attività di dimensioni limitate.
Le nuove attività, così come le cancellazioni dal registro delle imprese, sono comprese tra il 6 ed il 7% delle imprese registrate, con valori omogenei a quelli dcl resto della provincia che dell’intero Paese.
Anche da un punto di vista di reddito, depositi e impieghi, i dati del Comune, comparati con quelli regionali, non mostrano particolari anomalie.
I dati sopra esposti non permettono quindi di evidenziare particolari elementi che lascino immaginare particolari fenomeni sia da un punto di vista sociale che economico.

49

dati in milioni di e

2002

2003

2004

Liguria

15.112

15.756

16.726

Provincia di Savona

2.238

2.364

2.461

Provincia di Genova

9.675

9.954

10.735

Provincia della Spezia

1.678

1.848

1.859

Provincia di Imperia

1.520

1.590

1.671

Ventimiglia

180

183

191

Ventimiglialprovincia

11 ,84°,4

11,51%

11 ,43°4

Ventimiglialregione

1.19Yo

1.16%

1,14°,4


Rapporto impieghi/depositi


dati in milioni di E

2002

2003

2004


Liguria

1,33

1,33

1,29


Provincia di Savona

1,28

1,31

1,35


Provincia di Genova

1,40

1,41

1,32


Provincia della Spezia

1,25

1,17

1,19


Provinciadi Imperia

1,02

1,09

1,13


Ventimiglia

1,01

1,00

0,97








Per quanto si riferisce alle principali attività commerciali presenti in città, come riferito dagli uffici competenti, esistono attualmente a Ventimiglia 626 esercizi commerciali aperti, con 15.000 mq per il settore alimentare e 30.000 mq per quello non alimentare, per un totale di 53.000 mq. Come è stato fatto notare, “i ‘attività edilizia è ferma da anni, per cui non ci possono essere nuove aperture. Il totale é costante perché mancano nuovi spazi. Comunque, la rete distributiva è sovradimensionata rispetto al territorio”. Da un punto di vista commerciale, invece, “il mercato ci sta tutto, bisognerebbe ampliare la città”.
Per quanto riguarda i pubblici esercizi (bar e ristoranti), ci sono 230 locali e 330 licenze. Questa differenza si spiega con il fatto che è richiesta la doppia licenza per il bar e per il ristorante. Gli esercizi con una sola licenza si dividono in parti uguali fra bar e ristoranti.
Per quanto riguarda il commercio fisso, dal 1972 ad oggi ci sono state 272 cessazioni e 903 nuove licenze, di cui 361 subingressi. [272 + 361 = 633; 903 - 633
circa 270 nuovi esercizi commerciali in 35 anni]. La crescita è finita negli anni 90; nell’ultimo decennio si è avuto un saldo in pareggio.
Bisogna ricordare che, per ogni esercizio che apre, i competenti uffici comunali acquisiscono i precedenti penali e il certificato antimafia del titolare richiedente la licenza. I commercianti (soggetti fisici e giuridici) gestiti dal comune dal 1972 ad oggi sono stati circa 3.500.
Esiste poi un mercato coperto, aperto tutti i giorni feriali, con una superficie di 1.600 mq, in cui si trovano 110 posti: 90 alimentari e 20 non alimentari.
Per il “mercato del venerdì”, c’è stata una “razionalizzazione” nel 1995, quando c’erano 423 banchi, ridotti successivamente di qualche unità per la fusione di alcuni spazi. Andando indietro nel tempo, è stato indicato che nell’immediato dopoguerra i banchi erano un’ottantina, negli anni 50 circa 120 e 240 negli anni 70. Il boorn si avuto negli anni 80, quando si è arrivati a 420. Lo stesso numero c’è adesso - solo 10 vendono prodotti alimentari - con una superficie, per i soli banchi, di 7.000 mq.
Per quanto riguarda i titolari delle licenze, si tratta di italiani nel 99% per i pubblici esercizi, nel 98% per il commercio fisso e nell’88% per le aree pubbliche.
Da più parti è stato sottolineato che “qui chi comanda sono i commercianti dei negozi”, “ci sono 700 negozi per 25.000 abitanti”, “c ‘é una densità di negozi che sarebbe corretta per una città molto più grande”, “ci sono negozi per 300.000 abitanti”. Anche se non esistono rigorosi parametri interpretativi in proposito, si può rilevare che queste considerazioni, per quanto espresse da non esperti, sono comunque corrette.
Il numero di attività commerciali di una zona specifica dipende da molte varabili, tra cui le linee strategiche, in particolare del Comune ma anche della Regione. Inoltre il settore del commercio al dettaglio è stato riformato a livello nazionale in modo significativo con la legge 114/98 (legge “Bersani”) e da una serie di disposizioni successive, tra cui, seppur in maniera molto lieve, Fattualissima legge 248/2006, conversione del decreto legge “Manovra bis e liberalizzazioni”
223/2006.

50

Da un punto di vista commerciale, inoltre, il forte sviluppo negli ultimi anni della grande distribuzione organizzata (GDO) e di formule commerciali ex-atipiche (franchising) ha portato e porterà una serie di cambiamenti che in ogni zona avverranno con tempi e modalità differenti.
In questo senso è molto complesso evidenziare indicatori precisi anche per la varietà di attività commerciali e talvolta per loro ‘difficoltà” ad identificarsi con i codici attività e simili. Inoltre, come già detto, i dati pubblici a disposizione non sono molti. In particolare i dati sulla media italiana non sono precisi ma oscillanti come indicato. In generale, gli indicatori possono fare riferimento alla superficie su abitanti oppure ai punti vendita per abitanti.
Considerando che il Comune di Ventimiglia conta circa 25.000 abitanti ed il numero di attività commerciali è poco più di 600, la densità commerciale, espressa in numero di imprese ogni 10.000 abitanti, è pari a 242. La provincia a cui fa capo conta invece più di 200.000 abitanti ed un numero di imprese pari a 4.700, per una densità di 228 imprese ogni 10.000 abitanti. Da questo punto di vista, le due zone si presentano molto simili con una leggera prevalenza di Ventimiglia.
La densità di esercizi commerciali in Italia è invece pari a 120-140, mentre nel resto dell’Europa oscilla tra i 60-80 di Francia ed Olanda ed i 30-40 di Germania e Regno Unito.
Dal raffronto con questi dati, è evidente che la zona in questione ha una densità molto elevata (circa il doppio rispetto all’Italia e 7 volte rispetto alla Germania), seppure in un contesto (provincia di Genova e Regione Liguria) dove il numero di attività commerciali è decisamente elevato.
Come ricorda il Comandante del Corpo della Polizia locale nella presentazione dell’attività d’Istituto del 2005, “il commercio a Ventimiglia è sicuramente la risorsa più importante sulla quale la città poggia la propria economia sia in termini di impiego che di strutture. Il commercio ventimigliese è, se solo paragonato al numero di abitanti, un settore sproporzionato rispetto alle esigenze della città. Tuttavia, la vicinanza con la Francia, accompagnata spesso da maggior convenienza nei prezzi, ha favorito lo sviluppo del settore che, negli anni, anche grazie ad una semplificazione legislativa, ha visto nascere nuove attività commerciali.
La situazione generale fotografata nel 2005 è la seguente:
- 634 esercizi di vicinato, medie grandi strutture, di cui
- 30 gioiclierie
- 16 bottiglicrie
- 229 pubblici esercizi
- 689 posteggi per commercio su aree pubbliche, suddivise in mercati, fiere;
- 12 distributori di carburante;
- 7 farmacie”.
Non è stato possibile acquisire dati certi ed ufficiali sulla nascita del mercato dcl venerdì di Ventimiglia. Secondo quanto riferito da uno dei testimoni privilegiati, la sua istituzione “risalirebbe agli anni successivi alla seconda guerra mondiale

51

Da un punto di vista commerciale, inoltre, il forte sviluppo negli ultimi anni della grande distribuzione organizzata (GDO) e di formule commerciali ex-atipiche (franchising) ha portato e porterà una serie di cambiamenti che in ogni zona avverranno con tempi e modalità differenti.
In questo senso è molto complesso evidenziare indicatori precisi anche per la varietà di attività commerciali e talvolta per loro ‘difficoltà” ad identificarsi con i codici attività e simili. Inoltre, come già detto, i dati pubblici a disposizione non sono molti. In particolare i dati sulla media italiana non sono precisi ma oscillanti come indicato. In generale, gli indicatori possono fare riferimento alla superficie su abitanti oppure ai punti vendita per abitanti.
Considerando che il Comune di Ventimiglia conta circa 25.000 abitanti ed il numero di attività commerciali è poco più di 600, la densità commerciale, espressa in numero di imprese ogni 10.000 abitanti, è pari a 242. La provincia a cui fa capo conta invece più di 200.000 abitanti ed un numero di imprese pari a 4.700, per una densità di 228 imprese ogni 10.000 abitanti. Da questo punto di vista, le due zone si presentano molto simili con una leggera prevalenza di Ventimiglia.
La densità di esercizi commerciali in Italia è invece pari a 120-140, mentre nel resto dell’Europa oscilla tra i 60-80 di Francia ed Olanda ed i 30-40 di Germania e Regno Unito.
Dal raffronto con questi dati, è evidente che la zona in questione ha una densità molto elevata (circa il doppio rispetto all’Italia e 7 volte rispetto alla Germania), seppure in un contesto (provincia di Genova e Regione Liguria) dove il numero di attività commerciali è decisamente elevato.
Come ricorda il Comandante del Corpo della Polizia locale nella presentazione dell’attività d’Istituto del 2005, “il commercio a Ventimiglia è sicuramente la risorsa più importante sulla quale la città poggia la propria economia sia in termini di impiego che di strutture. Il commercio ventimigliese è, se solo paragonato al numero di abitanti, un settore sproporzionato rispetto alle esigenze della città. Tuttavia, la vicinanza con la Francia, accompagnata spesso da maggior convenienza nei prezzi, ha favorito lo sviluppo del settore che, negli anni, anche grazie ad una semplificazione legislativa, ha visto nascere nuove attività commerciali.
La situazione generale fotografata nel 2005 è la seguente:
- 634 esercizi di vicinato, medie grandi strutture, di cui
- 30 gioiclierie
- 16 bottiglicrie
- 229 pubblici esercizi
- 689 posteggi per commercio su aree pubbliche, suddivise in mercati, fiere;
- 12 distributori di carburante;
- 7 farmacie”.
Non è stato possibile acquisire dati certi ed ufficiali sulla nascita del mercato dcl venerdì di Ventimiglia. Secondo quanto riferito da uno dei testimoni privilegiati, la sua istituzione “risalirebbe agli anni successivi alla seconda guerra mondiale

51

Oggi, “il mercato”, anche se comprende un intreccio di aspetti sociali, criminali e legati alla qualità della vita, rappresenta anzitutto un fenomeno di carattere economico, con aspetti positivi e negativi.
Sul piano fisico, copre una lunghezza di oltre 2 chilometri, è considerato fra i primi in Europa per importanza ed ospita diverse migliaia di persone. Nei momenti “migliori” per i commercianti - il periodo estivo e la vicinanza con le festività natalizie e pasquali - sono state calcolate 10.000-12.000 autovetture in uscita dall’autostrada, a cui bisogna aggiungere gli autobus e le vetture in arrivo attraverso la viabilità ordinaria. Si può, quindi, valutare in 30.000 il numero delle persone presenti nei momenti di maggiore affollamento. Un affollamento che, è stato fatto notare, “è legato al possesso generalizzato dell’automobile e allo spostamento di massa che ne deriva. Prima il numero dei visitatori era limitato per il fatto che la gente arrivava soprattutto con i mezzi pubblici”. E innegabile, inoltre, che “esiste anche una «moda» di andare a fare acquisti in Italia”.
Da non sottovalutare il fatto che, se è il caso, i venditori abusivi si spostano sulla spiaggia, aumentando ulteriormente la superficie del mercato e le problematiche relative alla sicurezza e all’ordine pubblico.
Anche l’orario del mercato - che sembra rispettare l’obiettivo economico dei suoi interessati - presenta un’anomalia. Rispetto alla gran parte di queste manifestazioni, ha un orario molto più prolungato, protraendosi dalle 8 del mattino alle 17
- 18 del pomeriggio. A detta di molti, già una chiusura alle ore 14 ridurrebbe le problematiche in tema di traffico e di saturazione del territorio, e consentirebbe un più rapido ritorno alla “normalità” per l’intera città.
I banchi autorizzati sono oggi 420, cui vanno aggiunti 700-800 abusivi, in gran parte extracomunitari.
Uno degli intervistati ha definito il mercato dcl venerdì “la principale forma di sussistenza per la città. Checché ne dicano gli altri, la gente viene soprattutto per gli extracomunitari, e le briciole restano anche ai commercianti”.
Se il venerdì si raggiungono queste cifre, alcune analisi valutano comunque intorno alle 2.000 persone i francesi - a questo punto è certo improprio chiamarli “turisti” e forse anche “stranieri” - che arrivano giornalmente a Ventimiglia per effettuarvi i propri acquisti.
Per inquadrare anche formalmente il fenomeno e le problematiche che comporta, si può citare una nota della Confesercenti dcl 31.8.2000, che definiva “il mercato del venerdì una risorsa per tutta la città. E un volano economico per tutte le attività [....] L’Amministrazione comunale non é più in grado di gestirlo senza l’ausilio di tutti gli interessati [...] Proposta di creare una “Consulta Permanente del mercato del venerdì, capace di studiare, elaborare, progettare proposte, nuove idee, piani di sviluppo economici, nuovi investimenti”.
Viene riferito che gli extracomunitari arrivano prima - “i neri arrivano da levante, non dormono a Ventimiglia” - e depositano i loro borsoni dove capita, utilizzando anche auto come base di appoggio. In passato, sono stati scoperti negozi e garage in periferia, in cui veniva custodita la mercanzia in attesa della loro vendi-

53

ta. Grazie all’attività investigativa, questa modalità viene oggi considerata ridotta. “Grossi depositi in zona non sono mai stati trovati. In passato, sono stati individuati centri di distribuzione a Sanremo. E possibile che ce ne siano anche qui, ma al momento non sono stati trovati”.
Un attento osservatore della realtà ventimigliese ha fatto notare che “anche buona parte dei commercianti regolari vende marchi contraffatti; in passato ci sono stati anche grossi sequestri, che oggi non si fanno più. Oggi c ‘è una pressione contro gli extracomunitari e le forze di polizia sono canalizzate contro di loro [...J I venditori locali, invece, stanno seduti al bar con il catalogo dei loro articoli contraffatti, e chi li cerca sa come trovarli. Anche se arriva dalla Francia, anzi. Con questo loro comportamento, ottengono diversi risultati. Anzitutto non danno fastidio e sono visti solo da chi vuole vederli. Inoltre, consumano al bar, ed eventualmente ci portano anche i loro acquirenti. Infine, effettuano un controllo della zona rispetto ad altre forme di delinquenza. Purtroppo, si va a vedere / ‘ultima tappa della catena. 1 ‘extracomunitario che cerca di vendere qualcosa di contraffatto”.
L’idea che la vendita di prodotti contraffatti sia cresciuta con la crescita del mercato è stata presentata da più di un interlocutore: “Si vendeva merce contraffatta già 30 anni fa”, “Negli anni, si è ampliata la gamma dei prodotti contraffatti”. Qualcuno ha cercato di trovare una scusante che coinvolgesse l’insieme degli attori: “Il mercato del falso è italiano, ma i marchi contraffatti e gli acquirenti sono francesi”, confermando che, comunque, “la gente viene soprattutto per la merce contraffatta” perché “i marchi contraffatti costano da 1/3 a 1/5 in meno degli originali”. Tutte le persone incontrate, comunque, concordano con il fatto che, nella situazione attuale sia impossibile intervenire. Anche senza cattiva intenzione da parte di nessuno, “ci sarebbe pericolo in caso di controlli degli irregolari: per una semplice fuga rischia di scapparci il morto”. Sono stati ricordati esempi in cui “interventi massicci messi in atto dalle forze di polizia contro gli extracomunitari li hanno spinti fuori dal mercato. Il mercato è rimasto vuoto e i compratori francesi sono corsi dietro agli extracom unitari per ricominciare i loro affari”. In fondo, “cittadini e opinione pubblica parte ggiano per gli extracomunitari. Se ci fosse incidente al mercato e qualcuno si facesse male, il commento unanime contro la polizia sarebbe: «con tutto quello che succede, se la prendono con dei poveri extracomunitari che non fanno male a nessuno» efanno anche dannr. Unopinione molto tranchante, ma difficilmente contestabile, ha chiuso il discorso; “è impossibile un controllo militare del mercato !“. Questo atteggiamento di “buonismo” e comprensione verso i venditori extracomunitari appare ormai generalizzato ovunque, ed ha avuto un’ulteriore conferma domenica 20 agosto a Rimini, quando un gruppo di bagnanti ha duramente contestato agenti della Polizia municipale impegnati a ripristinare l’ordine e la legalità rispetto a questi venditori abusivi. Rappresenta, a mio avviso, una sempre maggiore tendenza di questo popolo all’illcgalità diffusa ed alla giustificazione di sempre maggiori forme di criminalità, in perfetta sintonia con Parlamenti approvanti condoni, indulti, sanatorie e leggi ad personam che rafforzano la certezza dell’impunità e vanificano il lavoro delle forze di polizia e della magistratura.

54

Appare evidente che, per un blocco efficace dei venditori extracomunitari irregolari, sarebbe necessario, ma non risolutivo, istituire un servizio di filtro e controllo su tutti i mezzi di trasporto continuativo per tutta la settimana, impedendo loro, di fatto, di raggiungere la città. Per quanto riguarda l’organizzazione del mercato, fonti locali segnalano il fatto che sembra stiano subentrando gruppi di cinesi che organizzano le vendite ed assegnano i posti agli abusivi, che, al momento, continuano ad essere in gran parte senegalesi. A questo proposito, uno degli intervistati ha osservato che “apparentemente, non ci sono problemi con la ‘ndrangheta: i senegalesi si rforniscono dai cinesi sotto gli occhi del calabresi”.
Evidentemente ad altri livelli, ma è stato detto anche che “oggi sono state raggiunte forme di collaborazione fra «i napoletani» e la ‘ndrangheta”.
L’esistenza di una presenza cinese in via di consolidamento ed espansione è stata confermata nel corso di una delle interviste. D’altra parte, l’argomento “cinesi” ha occupato parte dei colloqui, anche se più in base ad impressioni, pregiudizi e leggende metropolitane che non a precise e motivate indicazioni. “Quella cinese è una comunità molto impermeabile, come, d’altra parte, in tutto il mondo, è una realtà molto poco conosciuta”. “Ci sono cinesi con la bancarella regolare che vendono merci di pessima qualità”. “I cinesi gestiscono negozi vuoti e negozi pieni di clienti. Come del resto, succede per quelli gestiti da altre etnie. La merce di pessima qualità a basso costo interessa anche la clientela francese che, in determinate fasce socio-economiche, risente della crisi economica internazionale, con perdite anche per i negoziantifrancesi”. “I cinesi sono tranquilli, non disturbano, e se disturbano chiedono scusa”. “I cinesi ? Hanno una disponibilità economica eccessiva e sono prestanomi della mafia cinese”. “I cinesi ? Arrivano, rilevano attività, e poi, sopravvivono e riciclano”. Uno degli intervistati ha fatto notare che “ci sono cinesi con ristoranti senza fornitori e senza clienti, negozi di carabattole, banchi sui mercati. In passato, ci sono stati controlli, sequestri e multe”. A suo avviso, “gli interessati non fanno una piega e sono contenti di poter disporre di pezzi di carta che dimostrano che c ‘è stata un ‘uscita di soldi”. Un altro ha osservato che “ormai, i cinesi sono anche in centro, nelle strade principali”. E un investigatore ha fatto notare che “i cinesi sono molto mobili: oggi c ‘è uno, domani ne trovi un altro”.
Volendo trovare qualche ulteriore pista di riflessione, si può osservare il collegamento fra la comunità cinese in Italia e la provincia di Prato, che si caratterizza per un’elevata concentrazione di queste persone e delle loro industrie. In effetti, il nome di Prato è ricorso nei colloqui con alcuni investigatori. Uno di costoro ha fatto osservare che, per ottenere risultati, “ci vuole continuità nell ‘attività di investigazione e contrasto: «Prato - Genova - Ventimiglia», ed è necessaria collaborazione e continuità d’intenti fra Stato e organismi locali”. Altri hanno fatto notare che “parte del materiale contraffatto venduto a Ventimiglia proviene da Prato”, e che, “in passato si arrivò, nel corso di un ‘indagine, ad una fabbrica di Prato che rforniva il ponente ligure. Non si intervenne per evitare mali peggiori e lo scoppio di una crisi più seria in quella cittadina”. Forse Ventimiglia può rappresentare anche una valvola di sfogo per la produzione cinese della Toscana.

55

Ritengo che la stessa politica valga per gli oggetti contraffati provenienti dalle fabbriche della Campania, come emerge dalle dichiarazioni raccolte da Hily e Rinaudo. In un Paese in cui un ministro della Repubblica poté permettersi di proporre, senza conseguenze, l’assunzione dei contrabbandieri da parte dello Stato in nome della pace e dell’equità sociale, questo concetto può aiutare a spiegare parecchie cose. A questo proposito, è stato riferito anche che “la contraffazione è soprattutto napoletana” e che “i laboratori per la contraffazione che esistono in zona sono legati ad ambulanti fissi, puliti, come puliti sono i banchi”.
Il mercato - sembra quasi di esprimere un concetto ovvio - è “il problema” di Ventimiglia, tanto che, come si vedrà, non si può evitare di pensare che, per qualcuno possa costituire il “falso scopo”. il capro espiatorio da utilizzare per fuorviare l’attenzione dei cittadini e gli sforzi delle forze di polizia da ben altri problemi, rappresentando al contempo una fonte di entrate legali e illegali. Potrà costituire forse un’interpretazione esagerata, certo non distoglie l’attenzione delle forze di polizia dagli altri problemi, ma è indubbio che si é trattato del primo argomento di cui hanno parlato i miei interlocutori, del più visibile. Parlare dcl mercato è servito per introdurre altre problematiche, per formulare critiche, osservazioni e proposte. “Certi problemi, certi cambiamenti sono cominciati con l’arrivo della confraternita senegalese mouride. Si installarono a Genova e al mercato di Ventimiglia, senza aver mai avuto problemi con la ‘ndrangheta, quasi avessero stabilito una sorta di joint venture”. “Il mercato dev ‘essere riorganizzato e riveduto, visto che è ai primi posti in Europa”; “Sarebbe meglio senza il mercato del venerdì; sono contenti solo bar e ristoranti, che lavorano bene quel giorno”; “Tutti i bar sopravvivono in attesa del venerdì”. Sarebbe sufficiente spostare fisicamente il mercato, ma “lo spostamento è ostacolato dai commercianti dei negozi” che
- stato ripetuto più volte - “sono quelli che comandano a Ventimiglia “.
Anche il sindaco si è dichiarato favorevole a spostare il mercato nell’area della stazione ferroviaria. A questo proposito, si starebbe già lavorando con le Ferrovie e si tratterebbe solo di superare i numerosi problemi burocratici ancora esistenti.
Qualcuno ritiene che “fra le diverse categorie interessate (negozianti - bancarellisti - extracomunitari) esiste un rapporto di amore-odio” e che, in fondo, “giocano tutti la loro parte all ‘interno di uno spettacolo in cui tutti hanno il loro tornaconto”. Chi certo non trova il proprio tornaconto dall’attuale situazione, subita fino ad oggi in nome di una sorta di “ragion di stato”, sono certo i proprietari degli edifici, assediati per 52 giorni all’anno, in alloggi che questa situazione deprezza sul mercato. Un gruppo di persone che, troppo superficialmente, qualcuno ha liquidato come “un comitato di 20 persone che non vuole il mercato sottocasa”.
C’è stato anche chi ha ritenuto di minimizzare: “il mercato è importante come volano turistico, non è certo un problema, ma una risorsa. Per il venerdì, basta organizzarsi diversamente[...] la piaga della contraffazione esiste perché c ‘è un numero di venditori nettamente superiore alle nostre forze di polizia “.

56

Chi non è disposto a minimizzare sono, appunto, i ventimigliesi geograficamente più direttamente interessati dall’invasione del mercato che, ovviamente, ne hanno una visione ancora più negativa, parlando di “incubo del venerdì”. E stato fatto notare che “gli anziani a deambulazione limitata che devono uscire per fare la spesa non possono farlo”; “è inutile chiamare un taxi, che intanto non viene”; “al venerdì, non è neanche possibile svolgere un funerale”.
Da parte loro, le forze di polizia francesi intervengono su chi acquista per dimostrare la loro buona volontà e il loro impegno. Sono state effettuate operazioni congiunte per fermare, al loro ritorno a casa, cittadini francesi che abbiano acquistato parecchi pezzi di merce contraffatta. La cooperazione internazionale è giudicata “buona, ma può essere migliorata. E necessario lavorare sempre più su controlli ad alto livello: polizia e settori economici”.
Il mercato del venerdì è solo uno degli aspetti relativi alla situazione economica della città. Una realtà che qualcuno ha valutato sull’orlo della crisi. “Ventimiglia è in caduta economica verticale. L ‘apertura della frontiera ha portato un primo shock, destinato ad evolversi. I commercianti non sono stati capaci di mod/ìcarsi. Per la loro arroganza hanno dimostrato incapacità di investimenti”. “La città è destinata a una fortissima crisi, con momenti che oggi pochi si immaginano; la città non si è resa conto che sta agonizzando”.
Le critiche ai commercianti hanno rappresentato uno dci leitmotiv delle interviste: “padroni della città”, “incapaci”, “paurosi” e “miopi”. I giudizi negativi non sono mancati
E stato messo in evidenza che,
“per darsi al commercio, non è necessaria una grande professionalità, molti ci si lanciano e falliscono”. Ed è stato detto anche, a proposito del fenomeno dell’usura, che “ci sono anche commercianti senza credibilità bancaria, senza possibilità di accesso al credito bancario”. Le critiche più vivaci si sono riferite alla loro incapacità di guardare avanti. “E la miopia dei commercianti che non consente di progettare”, “è la paura di perdere il controllo dei meccanismi. Qualsiasi organizzazione autoreferenziale è di per sé conservatrice”. “I commercianti sono poco lungimiranti. Hanno paura di ogni novità, non sono stati capaci di adeguare le attività commerciali per attirare sempre più gente”. Anzi, come è stato ricordato, si sono adeguati alle richieste di una clientela sempre meno qualificata: “la situazione è legata al mercato del venerdì; con una presenza di persone qualitativamente meno signfìcativa. La gente di livello migliore si è spostata a Bordighera e Sanremo o non viene più in Italia”. “Oggi, a Ventimiglia, vengono soprattutto francesi, che vogliono merce di poco valore”. “Le gioiellerie di Ventimiglia hanno roba da francesi”.
Le critiche nei confronti della categoria - “Pochi commercianti, tanti bottegai”; “L ‘impostazione del loro lavoro è basata sugli interessi a breve termine, ma non sulle idee”; “Non sono negozianti, ma bottegai, senza una visione strategica. L ‘importante è non muoversi, non far niente” - si è basata anche su osservazioni più tecniche e meno viscerali. Un esperto del settore ha fatto notare “gli errori strategici commessi. Hanno una mentalità individualistica: totale assenza di

57

CIV; mancanza di sinergie di scala, anche in rferimento a quanto fatto altrove:
acquisti collettivi, depositi comuni, logo comune, sacchetti uguali per tutti. Qui manca tutto”. “E un commercio art/ìciale in una città senza ambizioni”.
Questa mentalità “passiva” è stata spiegata con la rendita di posizione garantita, almeno per la maggior parte degli esercizi, dal mercato del venerdì. “I bar sono chiusi, soprattutto la sera. Il venerdì guadagnano, gli altri giorni si fanno le spese”; “I negozi e i bar si possono permettere di chiudere presto la sera perché hanno già guadagnato abbastanza”; “Manca lo stimolo alla competitività, perché, comunque, i soldi arrivano lo stesso”. In effetti, questa realtà sembra applicarsi, oggi, quasi esclusivamente a ristoranti, bar e pizzerie, e solo a qualche limitato esercizio commerciale, mentre la gran parte degli altri sarebbe contraria al mercato del venerdì ed alla situazione che ne deriva.
La stessa miopia, la stessa mancanza di stimoli si può riscontrare per quanto riguarda il settore turistico, lasciato declinare dopo i fasti dei primi decenni del secolo scorso. “Manca una mentalità imprenditoriale; non si sono mai trovati imprenditori onesti disposti a investire”. O, forse, non si sono mai invogliati, presentando loro una città-supermercato, “una città triste e grigia, sfuggente”, “una città svilita”.
Una situazione di questo genere, nel corso dei decenni, è stata anche voluta, o subita, dai pubblici amministratori. “Ci sono errori anche da parte del Comune:
Ventimiglia è uno dei pochi posti in cui assessorato al turismo e al commercio sono separati. Così, anche tecnicamente, i due settori sono ben contenti di ignorarsi. A titolo di esempio, le dico che non ci sono manfestazioni al venerdì sera, che potrebbero far fermare ifrequentatori del mercato”.
Ventimiglia il giorno del mercato non assomiglia minimamente a quella degli altri giorni della settimana. Città cosmopolita il venerdì, centro d’incontro di percorsi migranti, luogo di incontro fra una richiesta di esotismo ed un’offerta eterodita e multiculturale, la città-mercato si organizza per rispondere agli scambi leciti o illeciti, legali o illegali, ma dopo le ore 17 ridiventa, fino al venerdì seguente, una piccola città tranquilla, simile a tante altre, se non avesse la particolarità di trovarsi a pochi chilometri dalla frontiera, dal confine di Stato.
Come detto, la realtà di Ventimiglia si è caratterizzata, fra l’altro, per l’arrivo, nel corso degli anni successivi al secondo dopoguerra, di immigrati desiderosi di fermarvisi o costretti a farlo dall’impossibilità di passare la frontiera con la vicina Francia. Negli ultimi decenni, questa realtà ha interessato persone provenienti da realtà al di fuori della Comunità e dell’Unione Europea.
A questo riguardo, può essere interessante riferire alcuni dati riportati in una recente ricerca svolta nello specifico sulle caratteristiche degli immigrati che si trovavano nella “Zona 1 ventimigliese”.
“La situazione negli ultimi 5/6 anni ha iniziato a delinearsi in maniera più conforme a quanto già avvenuto sul resto del territorio regionale con caratteristiche tipiche delle zone di secondo approdo: si consolidano infatti le presenze di immi 58

grati stabili impiegati prevalentemente nei settori edile, dei servizi alle famiglie ed agricolo [...] All’inizio degli anni 90 del secolo scorso, le caratteristiche dell’inserimento lavorativo degli immigrati in Liguria corrispondevano alla definizione allora in augc nella letteratura specialistica: «interstiziale», era infatti l’aggettivo più usato per descrivere il tipo di collocazione lavorativa che emerge- va: colf e venditori ambulanti nelle aree urbane e turistiche, braccianti agricoli in zone circoscritte del ponente, erano queste le figure del lavoro immigrato [...] Rispetto ad altre zone d’Italia, dove la riconversione industriale aveva trovato già 20 o 30 anni prima forme originali di sviluppo, in Liguria, l’inserimento di manodopera straniera in settori strutturali per la produzione avviene molto meno o, comunque, avviene a ritmi e per quantitativi ridotti [...] Ventimiglia e i comuni limitrofi sembrano ripercorrere con uno scarto temporale di 15-20 anni quanto già visto e sentito nelle zone di più antica immigrazione in Italia. L’unica stima espressa dai nostri interlocutori si attesta intorno alle 3.000/5.000 presenze, molto vaga quindi, ma abbastanza ragionevole ripensando ai dati.. .considerando che la presenza straniera nella zona ventimigliese sembra pesare per un terzo sul totale provinciale” (G. Daniele).
Dai dati relativi alla popolazione residente al 31 dicembre 2002, riportati nella stessa ricerca, si può osservare la seguente situazione:

Evidenzia ancora G. Daniele che, “tra i nostri interlocutori c’è comunque chi sottolinea come la recente regolarizzazione abbia lasciato nella clandestinità almeno altrettanti immigrati rispetto agli oltre 2000 che ha fatto emergere e si suggerisce che «forse gli irregolari lavorano in alcuni settori un po’ più nascosti»”. Peraltro, è interessante sottolineare che “la vicinanza della frontiera non pare ricoprire più un ruolo importante nelle dinamiche di transito e stanzialità degli immigrati. Permane certo memoria delle recenti emergenze umanitarie e si sottolinea la specificità di una zona di frontiera per il suo trovarsi «al centro di scambi o di vie per arrivare da altre parti», e, soprattutto, sembra valere per molti la frontiera come fattore che in passato ha tenuto la zona fuori dalle dinamiche di stabilizzazione mentre i passaggi si moltiplicavano. La frontiera ha dato a lungo identità alla zona, ed a Ventimiglia in particolare, è stata una specie di imbuto, un imbuto che ha funzionato anche nel dopoguerra, appunto, per la prima generazione di immigrazione e seconda anche, per chi voleva andare in Francia e poi non ci poteva andare perché restava bloccato alla frontiera, quindi per questo impedimento fisico la popolazione è molto composita”.

59

Provincia Imperia

Abitanti
205998

Stranieri
7181

% /resid. totale
3,5

Stranieri
4385

% /resid. extraUE
2,1

Zona 1 Ventimiglia

57118

2570

4,5

1257

2,2

Ventimiglia

24551

1219

5,0

552

2,2

Il concetto della frontiera, in passato come oggi, ostacolo al passaggio verso la Francia è un concetto che si è trovato anche nel corso delle mie interviste. È stato ricordato che in città ci sono “persone che sono arrivate per non fermarsi, che avevano l’idea di andare oltre. Spesso non riescono ad andarsene e allora si industriano come possono. Ciò non è ben sopportato dai locali”.
Esaminando gli stranieri iscritti al Centro per l’impiego di Ventimiglia nel marzo 2004, si può osservare che le nazionalità più rappresentate sono, nell’ordine, quella marocchina (42 persone), quella cquadoregna (22) e quella albanese (14). Per la prima si tratta soprattutto di uomini, per le altre di donne. Per quanto si riferisce alle occupazioni svolte, esiste una sostanziale ripartizione tra donne, per lo più latino-americane, impiegate nei servizi alle famiglie (badanti, colO ed uomini, soprattutto maghrebini ed est europei, impiegati nei settori attivi dell’edilizia, dell’agricoltura e del floro-vivaismo. La presenza delle nazionalità sopraccitate si ritrova nello stesso ordine per quanto riguarda l’insieme dci residenti nella Zona 1: Marocco (273), Equador (136), Albania (154).
“A Ventimiglia si concentra una piccola comunità cinese, quasi assente negli altri comuni della zona i con le stesse caratteristiche riscontrabili altrove: gruppo a sé, vita a sé, attività commerciali in gran parte apparentemente lecite ed alla luce del sole, assenza di allarme sociale, accettati dal singolo cittadino, anche se la loro attività fa concorrenza ad aziende, ristoranti e supermercati” (G. Daniele).
Questa ricerca - finanziata dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e coordinata dal Comune di Ventimiglia - anche se focalizzata all’analisi della presenza cxtracomunitaria - ci fornisce dati importanti rispetto alle finalità di questo Rapporto di ricerca.
“Una prima osservazione che emerge dai materiali raccolti non riguarda direttamente l’oggetto dell’indagine cd è relativa ad una lontananza percepita tra l’area considerata e il resto della provincia d’Imperia.. Il capoluogo, e anche Sanrcmo, sono luoghi distanti e diversi, sebbene fortemente interconnessi con la zona Ventimigliese [...] Ventimiglia è una città di frontiera dove c’è un degrado sociale e culturale enorme [...], non c’è un cinema, un teatro, circoli culturali [...] c’è un deficit di spazi e luoghi di aggregazione spaventoso [...] è sempre prevalsa la tendenza di vivere in funzione dello sviluppo e in presenza della presenza frontiera {...] vive ancora in funzione della frontiera {. . .1 perché non si sono resi conto che il sistema di competitività, concorrenziale che c’è oggi non da la possibilità di vivere di rendita, con il mercato del venerdì [...j una volta conveniva perché c’era il cambio lira/franco, oggi c’è differenza di Iva e fra un po’ non ci sarà più. E una città che ha negozi per 300.000 abitanti e ne ha 27.000, poco più [...j una città che, almeno in parte ha perso posti di lavoro che si giustificavano per la presenza della frontiera stessa (poliziotti, spedizionieri, ferrovieri ctc.) [...] una città dove si sono succedute speculazioni edilizie e altre anche, una città che è un crocevia anche di traffici brutti, illeciti, proprio perché zona di frontiera”.

60

Nell’analisi di G. Daniele permangono i toni critici: “il quadro complessivo non induce a benigne valutazioni anche chi opera attivamente nel sociale, permane lo stigma dell’immigrazione dal sud-Italia a caratterizzare la città che non ha saputo integrare quei flussi. «Ventimiglia non ha un tessuto culturale molto sviluppato, è una città abituata ma con un fortissimo disagio [...1 c’è anche un’alfabetizzazione scarsa, un livello culturale molto scarso, una città di fortissima immigrazione dal sud, per cui, secondo me, mancano gli strumenti per comprendere certi discorsi». Scendendo nel dettaglio, abbiamo osservato che l’emarginazione tra i migranti è aggravata dalla scarsa capacità di interagire positivamente coi servizi a volte a causa di una carenza di risorse culturali ma anche ad un certo disinteresse da parte di cittadini e istituzioni per un problema che si riteneva fino a non molto tempo fa legato solo al passaggio; ora lentamente qualcosa sta cambiando anche a livello di coscienza diffusa [...j la mancanza di una volontà istituzionale nel dare continuità all’intervento viene vista come la principale difficoltà anche nel momento in cui le risorse economiche e strumentali sono disponibili”.
Uno degli ultimi segnali negativi in questo senso si può leggere anche nella recente perdita - agosto 2006 - degli Uffici della Curia diocesana, trasferiti a San- remo.
A queste critiche si possono aggiungere i dati ricavabili dalla presentazione della relazione fatta dalla Caritas cittadina, relativa al 2005 ed apparsa sulla stampa locale del febbraio di quest’anno. A fronte di un ridotto transito di immigrati cxtracomunitari, si è riscontrato un aumento dei nuovi poveri. Oltre 100 famiglie “normali”, con bassa scolarizzazione e specializzazione lavorativa, sono costrette a chiedere aiuto per andare avanti. Il Servizio vestiario della Caritas ha effettuato 1.400 interventi nel 2004 e 2.156 nel 2005, con un incremento del 54 %. Relativamente alle persone a carico, sono 33, con un aumento del 12% rispetto all’anno precedente. Bisogna ricordare che la Caritas svolge una benemerita attività di collaborazione - qualcuno ha detto di sostituzione - rispetto a quanto fatto dal Comune, con una mensa, 12 posti letto e la distribuzione di vari tipi di sussidi.
La presenza di problemi sociali, con “elevate sacche di povertà” sono state sottolineate da più parti, con “tante case popolari e gente che «tira a campà» con l’aiuto pubblico”. Un aiuto pubblico che qualcuno ha definito come “solo una distribuzione di sussidi a pioggia” in quella che è sempre stata “una zona di fame”, una realtà in cui “non esistono aziende importanti”.
Il fatto che, con l’esclusione di alcune fasce di privilegiati, Ventimiglia rappresenti “una realtà medio-povera, in cui anche le banche si adeguano con prodotti di taglio medio-basso” è stato confermato da un operatore del settore.
La realtà economica è aggravata da una sorta di “povertà culturale” e di “torpore sociale”. Anche a questo proposito, non sono mancate le indicazioni degli intervistati: “Manca uno sviluppo culturale”, “Mancano spazi e momenti di aggregazione e confronto”, “con una sola eccezione, non ci sono librerie, ma le cartolibrerie di una volta, in cui i libri sono venduti incidentalmente “, “non ci sono cinema e teatri, bisogna andare in Francia o a Sanremo”, “il teatro comunale sta per riaprire”, “per tutte le attività di svago, Ventimiglia dipende da Sanremo e Mentone”, “qui c’è assenza di identità culturale”. L’assenza di identità culturale

61

è stata spiegata anche con l’alta percentuale di frontalieri, cioè persone che solo formalmente vivono a Ventimiglia e che le modalità di vita costringono in una realtà di fatto separata per molti aspetti dal resto della comunità locale.
Alle altre, Ventimiglia aggiunge le problematiche della realtà invasa dai turisti, ma che non vive solo ed esclusivamente sul turismo: scocciature per tutti, guadagni per pochi. A questo proposito, bisogna aggiungere le polemiche antiche, ancora recentemente alimentate dalle ultime analisi dell’Agenzia delle entrate, sulla correttezza delle dichiarazioni dei redditi di determinate categorie di contribuenti. Si può, quindi, ragionevolmente pensare che l’economia della città sia interessata non da una, ma da due forme di economia sommersa, entrambe diversamente delinquenziali: quella della criminalità organizzata e quella degli evasori fiscali. Con una perdita secca per le casse comunali e per gli altri cittadini, che pagano l’invasione senza averne i benefici, diretti le prime e indiretti i secondi. Una realtà aggravata negli ultimi anni dalle decisioni di politica fiscale del passato Governo. In breve, si ha l’impressione che ci siano troppi che usano Ventimiglia senza pagare il conto, lasciando, quindi, anche un’Amministrazione comunale più povera di quanto potrebbe non essere.
Dopo aver tracciato un quadro di sfondo relativo alla realtà sociale, può essere utue completarlo riportando i dati della ricerca sugli anziani, relativi alla loro percezione della qualità della vita nell’estremo ponente ligure.
Come ricordato, si tratta di una ricerca che, nel 1999, ha preso in considerazione alcune realtà dell’estremo ponente ligure nell’ambito di una più ampia ricerca a livello nazionale, voluta dal Sindacato pensionati italiani, che interpellò alcune migliaia di persone anziane, residenti in una serie di grandi città, città medie e realtà minori di tutta Italia, su temi relativi alla sicurezza ed alla qualità della vita.
Nelle tre realtà considerate di Imperia, Sanremo e Ventimiglia si é avuto, come d’altra parte in tutta la provincia di Imperia, a partire dall’inizio del secolo scorso un continuo aumento della popolazione fino al 1971, ed un certo calo nel ventennio successivo, con l’eccezione di Ventimiglia, dove, alla fine del 1977 si poteva registrare un nuovo incremento dei residenti.

Nel periodo 1982-199 1, le persone di età superiore a sessantanni hanno subito un incremento costante, passando dal 24,6 % al 28 % dell’intera popolazione; l’indice di vecchiaia é passato nello stesso periodo da 123,4 a 182,4:

62

Imperia

1901
20443

1911
22191

1921
25942

1936
28540

1951
30154

1961
34595

1971
40670

1981
41609

1991 1997
4070840546

Sanremo

22273

23897

24507

31769

38638

55209

62210

61170

5600356168

Ventimiglia

11500

14086

14046

15787

15845

22788

25801

26283

2530826855

Dal 1992 al 1995, gli stranieri regolarmente residenti nella provincia, sono aumentati del 23 %, passando da 3.605 a 4.435, rappresentando circa l’1,7 % della popolazione residente.
Nel periodo 1991-1996 sia i reati contro la persona, sia quelli contro il patrimonio hanno subito un decremento fino al 1994, per poi risalire, mentre l’insieme di tutti i reati nel loro complesso ha assunto un andamento più irregolare.

Gli “anziani” che hanno risposto al questionario sono stati 845, di cui 410 donne (48 %) e 435 uomini (52 %); il 42 % di costoro aveva un’età compresa fra i sessanta ed i settanta anni, il 44 % fra i settanta e gli ottanta, e il 14 % più di ottanta anni.

Il 29 % del campione abitava da solo, con una percentuale più elevata di donne (44 %) rispetto agli uomini (15 %); quasi la metà di tutte queste persone (48 %) aveva più di 75 anni. Coloro che non abitavano da soli vivevano in gran parte con il coniuge (72 %) o con figli (23 %).
La maggior parte degli anziani interpellati (95%) svolgeva una vita sociale abbastanza intensa, incontrando con frequenza quotidiana amici (39 %), parenti (33 %), vicini di casa (17 %), e, in misura minore, volontari (4 %), persone impegnate in di collaborazione domestica (2 %) ed assistenti sociali (2 %). Esaminando queste risposte suddivise per sesso, si può osservare che, mentre vicini di casa, volontari ed assistenti sociali e collaboratrici familiari erano incontrati in percentuali simili, le donne dcl campione frequentavano maggiormente i parenti, mentre gli uomini si incontravano con gli amici. Il 5 % del campione trascorreva completamente solo la propria giornata.

o.,

60-64

1982
11.812

1985
15.187

1988
14.749

1991
15.243

65eoltre

43.141

41.166

42.877

44.709

Totale

223.264

219.251

216.118

214.109


1991

1992

1993

1994

1995

1996

Reati contro la persona

990

741

616

590

627

660

Reati contro il patrimonio

9205

8347

7713

7949

7892

8684

Reati contro la famiglia

42

34

65

73

93

40

Reaticontrol’economia

1674

1631

2201

2341

2258

2166

Reati contro lo Stato

109

121

189

249

277

285

Altri

294

309

479

348

262

386

Totale

12314

11183

11263

11550

11409

12221

Per quanto riguarda la partecipazione ad attività di carattere socioculturale, si distingueva nell’ordine chi partecipava ad attività di carattere sociale (21 %) e religioso (19 %), chi aveva impegni di carattere sportivo (17 %) e culturale (16 %), attività sindacali (14 %) e di volontariato (11 %). Le donne erano impegnate soprattutto in attività di carattere religioso, sociale e culturale, gli uomini in quelle di tipo sportivo e sociale. All’ultimo posto si collocavano le attività di volontariato. Il 97 % degli intervistati seguiva quotidianamente trasmissioni televisive: la frequenza massima era di tre-quattro ore (43 %) e di una-due ore (30 %); il 25 % guardava la televisione per cinque ore e più al giorno.
La sufficienza e l’accessibilità dei mezzi di trasporto erano giudicate in maniera diversa: gli autobus ed i taxi erano considerati sufficienti rispettivamente dall’80 % e dal 57 % degli intervistati. D’altro canto, il 93 % possedeva un’autovettura, l’81 % usufruiva di quella di parenti, di amici (63 %) e di volontari (19 %). Gli uomini utilizzavano la propria auto in percentuale appena superiore rispetto alle donne, che potevano disporre maggiormente di quelle di parenti ed amici; le donne esprimevano nei riguardi degli autobus e dci taxi un giudizio più favorevole di quello degli uomini. Fra i giudizi negativi per quanto riguarda i servizi di trasporto pubblico c’erano gli orari poco adatti alle necessità degli utenti (49 %), i percorsi non adeguati (29 %) e gli aspetti economici (22 %).
Il 97% degli anziani del campione possedeva il telefono; il 47 % lo utilizzava in maniera limitata, il 45 % abbastanza e il 7 % ne faceva un uso frequente.
Per quanto riguarda la propria salute, il 28 % degli anziani la giudicava “buona” ed il 57 % “nella media”; solo per il 15 % era “cattiva”. Il 21 % aveva subito un ricovero ospedaliero nel corso dell’ultimo anno, ed il 65 % aveva avuto bisogno di una visita medica nello stesso periodo. Il 9 % denunciava la presenza di gravi handicap fisici, mentre più numerosi erano coloro che segnalavano limitazioni più o meno significative nello svolgimento delle proprie attività quotidiane, dalla difficoltà nel compiere spostamenti prolungati (23 %), all’afferrare oggetti in alto (21 %), al fare la spesa e provvedere alla propria igiene personale (15 %), al cucinare e all’uscire dalla propria abitazione (10 %).
In rapporto al proprio stato di salute, il 15 % degli anziani usufruiva di aiuti domiciliari, da parte di privati a pagamento (58 %), parenti o amici (34 %), persone inviate dal Comune (5 %) e volontari (4 %); fra coloro che non erano aiutati, il 17 % ne avvertiva la necessità.
Il 91 % degli anziani usciva regolarmente nel corso della giornata; le motivazioni di chi non lo faceva si riferivano a limitazioni fisiche nel 40 %, alla mancanza di motivazioni nel 25 %, alla paura nel 14 % ed alla presenza di barriere architettoniche nell’i %.
Per quanto riguarda le uscite nelle ore serali, la percentuale precedente si invertiva, in quanto 189 % degli anziani aveva dichiarato di non uscire regolarmente. Le indicazioni si riferivano alla mancanza di motivazioni (58 %), al senso di paura (18 %), a limitazioni fisiche (10 %) e ad un insieme di altri motivi non meglio specificati (11 %). Esaminando le stesse risposte in rapporto al genere degli inter 64

rogati, si osservava che gli uomini uscivano con più frequenza delle donne sia durante la giornata (95 % contro 87 %), sia nelle ore serali (14 % contro 5 %). La principale motivazione alla non uscita nelle ore diurne si riferiva a limitazioni fisiche, mentre per le ore serali si collegava alla mancanza di motivazioni (58 %) cd alla paura (18 %). In linea teorica, la minor propensione ad uscire di casa dopo il calar del solo può essere fatta risalire a diversi fattori, di carattere individuale e collettivo, dall’abbassamento della temperatura, alle abitudini ed alle convenzioni sociali, alla chiusura degli esercizi commerciali ed alla mancanza di interessi, alla limitata illuminazione di talune zone e percorsi, al reale o presunto innalzamento del livello dell’insicurezza, anche se comunque, la prima fra le motivazioni addotte faceva riferimento alla mancanza di interessi e di motivazioni.
In linea generale, il 41 % degli anziani del nostro campione dichiarava di provare paura, mentre il 50 % era di avviso contrario. Le percentuali di uomini e donne differivano in maniera significativa: i primi dichiaravano un sentimento di paura nel 21 % dei casi, le seconde nel 61 %. Questa situazione era vissuta soprattutto nelle ore serali e notturne dal 65 % del campione. I luoghi maggiormente percepiti come carichi di significati negativi erano nell’ordine gli spazi pubblici (48 %), la propria abitazione (45 %), e i mezzi di trasporto (6 %); gli uomini provavano più paura all’aperto, le donne all’interno della propria abitazione.
L’85 % del campione non apriva la porta a sconosciuti, con una percentuale di donne (89 %) superiore rispetto agli uomini (81 %) e alcune differenze nelle diverse fasce d’età del campione: la “diffidenza” aumentava costantemente con l’aumentare dell’età.
Il 72 % dcl campione ha dichiarato di non essere stato vittima di alcun reato nel corso dell’ultimo anno, mentre fra i reati di coloro che lo erano stati, si evidenzia- vano nell’ordine, ed in percentuali minime, il furto in appartamento e Io scippo (3 %), il borseggio (2 %), e via via a scendere, i danneggiamenti dell’auto, le minacce, la truffa ed il furto dell’autovettura o all’interno di questa. Fra le vittime di reato, il 51 % non aveva sporto denuncia; le donne (52 %) avevano denunciato l’accaduto in misura di poco superiore agli uomini (49 %). A conoscenza degli intervistati, erano rimasti vittime di un qualche reato nel corso dell’ultimo anno un parente (45 %), un conoscente (32 %) o un amico (23 %).
I nostri intervistati avevano indicato come la paura si concretizzasse, nella loro percezione, soprattutto nell’immagine di una persona di sesso maschile (63 %) e di giovane età (65 %); mentre per quanto riguardava le figure “devianti” proposte nel questionario, si collocavano al primo posto il “tossicodipendente” (36 %) e lo “zingaro” (22 %), seguiti dallo “sconosciuto” (18 %) e dallo “extracomunitario” (15 %). Anche in queste realtà, come in altre esaminate in precedenti fasi della ricerca, si evidenziava che l’cxtracomunitario, presentato spesso come “l’invasore” delle nostra terra e principale problema per la nostra sicurezza e incolumità, non era percepito come tale dagli anziani, più preoccupati da altre figure “devianti” o francamente delinquenti.
Fra gli interventi per aumentare la propria sicurezza, il 34 % del campione indicava un aumento della vigilanza da parte delle forze dell’ordine, e una maggiore

65

attenzione per i cittadini onesti da parte del legislatore, con un inasprimento delle leggi (25 %); venivano indicati poi la necessità di una migliore illuminazione pubblica (19 %), e, con minor importanza, maggiori informazioni (9 %), più socializzazione (5 %), più prolungata apertura dei negozi (4 %) e più compagnia (4
%).
Per concludere l’esame dei dati raccolti, si possono evidenziare le differenze esistenti nelle tre realtà esaminate. Per quanto si riferisce al Comune di Ventimiglia, gli anziani interpellati rappresentavano il 25 % del campione, essendo stati 212, di cui 115 donne e 97 uomini. Nel complesso, l’intero campione presentava risposte sufficientemente omogenee, con alcune differenze. Fra queste, possiamo ricordare che il giudizio sui mezzi di trasporto pubblico era più negativo ad Imperia, in rapporto agli orari poco adatti ed all’inadeguatezza dei percorsi, mentre il servizio sanitario nel suo complesso era giudicato più negativamente a Ventimiglia rispetto alle altre due zone di riferimento. Il sentimento di paura presentava alcune differenze nelle tre realtà considerate: nel complesso l’andamento era crescente; Imperia (37 %), Sanremo (40 %) e Ventimiglia (47 %); lo stesso andamento si riscontrava per quanto riguardava la paura nelle ore del giorno: Imperia (27 %), Sanrerno (36 %) e Ventimiglia (44 %). Lo stesso sentimento era percepito inversamente per quanto riguardava le ore serali: 56 % a Ventimiglia, 64 % a Sanrcmo e 73 % ad Imperia. Ventimiglia era, quindi, la realtà in cui si provava più paura nel complesso e durante la giornata, ma meno nelle ore serali. Per quanto riguarda le situazioni ed i luoghi in cui la paura era maggiore, l’interno della propria abitazione é stato indicato in ordine crescente a Ventimiglia (38 %), Sanremo (44 %) ed Imperia (50 %), mentre nei luoghi pubblici sono state indicate nell’ordine Imperia (42 %), Sanremo (50 %) e Ventimiglia (56 %).
Queste diverse percezioni si riscontrano anche nelle diverse indicazioni relative alle figure “devianti” proposte: il tossicodipendente é maggiormente percepito in maniera negativa a Sanremo, l’extracomunitario é meglio accettato a Ventimiglia.
L’insieme delle interviste semistrutturate a una quindicina di “testimoni privilegiati”, esponenti del mondo socio-sanitario, religioso, della sicurezza e del volontariato, ha permesso, a suo tempo, di completare il quadro delineato dagli altri dati raccolti, fornendo un insieme di definizioni e di descrizioni di realtà specifiche e di proposte d’intervento.
Da più parti é stata messa in evidenza l’eterogeneità del territorio esaminato nel suo complesso, e della popolazione anziana che vi risiede, per quanto riguarda il reddito, variabile nelle diverse zone, e le possibilità di integrazione dell’anziano nel proprio tessuto sociale di residenza. E stato sostenuto come il livello medio della vita degli anziani sia abbastanza accettabile, ma come esistano anche situazioni problematiche, talora davvero disastrose, da non dimenticare e sottovalutare. La solitudine, la mancanza di socializzazione, l’anonimato legati al pensionamento, e il rischio graduale di isolamento e di chiusura, domandano di creare servizi adeguati allo scopo, incrementando forme di assistenza integrata per ridurre

66

le occasioni di istitutizzazione, e fornire risposte alle esigenze di carattere sanitario, sociale e legate alla vita quotidiana.
La provincia di Imperia, grazie al suo clima particolarmente mite si caratterizza anche per la presenza di molti anziani di “importazione”, che vi si sono trasferiti da altre realtà italiane. Ciò significa non raramente figli lontani, talora residenza mantenuta altrove, e conseguenti difficoltà per l’intervento dell’ente pubblico. Come ha ricordato allora uno degli intervistati, “qui ci sono due categorie di anziani: immigrati di vecchia data, ex-agricoltori, ex-commerciati, e pensionati di altre categorie, quali insegnant4 con diverso grado di istruzione”. Questa eterogeneità di provenienza, oltre a mantenere alto il costo della vita, concorre a delineare analoghe differenze per quanto si riferisce alle possibilità economiche, oltre che culturali, degli anziani residenti. “Nei paesi dell’entroterra l’anziano é molto più integrato nel tessuto sociale, mentre in città la solitudine degli anziani si vede di più, e rappresenta certo uno dei problemi più gravi. Nell’entroterra, dove l’anziano épiù seguito, ci sono più risultati anche dal punto di vista della lucidità mentale, l’anziano si mantiene meglio”. “Se l’anziano fosse inserito nel tessuto sociale”, ha detto uno degli intervistati, “dandogli un ruolo e non facendolo vivere parcheggiato ad aspettare la morte, avrebbe più stimoli e più risonanza, e riuscirebbe a vivere meglio. La soluzione sarebbe quella di creare dei ruoli, delle figure proprie dell’anziano, nell’ambito del tessuto sociale esistente”. Relativamente alle opportunità di socializzazione, é stato ricordato che “le donne hanno meno luoghi pubblici di aggregazione. L’uomo, bene o male va al bar, gioca alle carte, ha comunque un suo sistema di svago, mentre la donna il suo tempo lo occupa in modo più privato nell’ambito della sua abitazione, e di conseguenza diserta i centri di aggregazione”. Malgrado ciò, é opinione di tutti che le donne hanno maggiori capacità e risorse, “si organizzano e reagiscono meglio”.
Ulteriori indicazioni sono state fornite per aumentare le possibilità di spostamento da parte degli anziani, con la creazione di percorsi pedonali, l’abbattimento delle barriere architettoniche, la repressione dei comportamenti illeciti degli automobilisti (soste sui marciapiedi e sugli attraversamenti pedonali, velocità eccessiva eccetera).
Appare ovvio che il livello della qualità della vita nella provincia di Imperia non può neppure lontanamente essere paragonato a quello di molte altre grandi e meno grandi città italiane: i servizi funzionano indubbiamente meglio della media; non si assiste a sbarchi quotidiani di disperati e di delinquenti, ma, al contrario, gran parte degli cxtracomunitari si inserisce nel sistema produttivo; non “fischiano le pallottole quando ci si affaccia al balcone”, come era stato risposto nei questionari da alcuni anziani di una città del sud; non si é circondati da tossicomani e spacciatori, come segnalato dagli anziani abitanti nel centro storico di una grande città del nord; non risulta esistano situazioni di grave degrado urbano e sociale.
D’altra parte, per le sue caratteristiche sociali, storiche e geografiche, Ventimiglia non rientra nell’insieme di quelle realtà, non rare nel nostro Paese, le cui caratteristiche sono state sottolineate nell’ultimo Rapporto Censis (2004): “un primato della qualità del vivere nel locale che è di tanti centri medi e medio-piccoli del

67

nostro Paese, e che poggia su quello speciale e originale mix tra dimensione a misura d’uomo, valorizzazione delle proprie radici culturali e delle proprie produzioni, alta coesione sociale, capacità di innovazione di gestione dci sevizi locali [... j Non è forse un caso che nella debacle dell’estate turistica del 2004, in cui le località balneari e montane hanno segnato un consistente calo della domanda, a reggere siano state proprio le città d’arte. Lontana dalla congestione e dal ritmo delle grandi metropoli, la città storica (laddove non ha vinto la monocultura turistica e sussiste una sufficiente varietà di attività e funzioni), appare ancora il modello di sistema insediativo in cui fattori di bellezza, identità e socialità riescono a fondersi in uno spazio misurato, con livelli di qualità e vivibilità non eguagliati da altre tipologie di insediamento”.
Non si può concludere queste considerazioni senza dedicarne alcune alla classe politica locale, ripetutamente chiamata in causa dai miei interlocutori, nella quasi totalità al di sopra delle tenzoni politiche e, quindi, particolarmente attendibili in questo campo:
“la classe politica è grigia come la città”, “le giunte non si sono mai mosse”,”ci sono tante potenzialità e molta indolenza”, “iproblemi sarebbero ridimensionati se Ventimiglia avesse più etica politica e più capacità progettuale e meno clientelismo, corruzione e interessi economico-politici”, “1 ‘Amministrazione é molto esigente con i cittadini, che pagano molto di tasse per servizi mediocri”, “c ‘è un vuoto totale delle istituzioni locali”, “ci vorrebbero più serietà, più cultura, più sensibilità, più etica politica”, “ci vorrebbe una maggior presenza sostanziale, meno mediatica e con più apporti di «civilisation»”.
E i giudizi, negativi, si dividono equamente fra maggioranza ed opposizione: “negli anni, c ‘è stata la destra, al sinistra e ora ancora la destra. Tutti hanno fatto qualcosa, ma nessuno è stato capace di risolvere i nostri problemi”, “l’opposizione parla molto, ma le pratiche di suo interesse viaggiano alla stessa velocità di quelle della maggioranza”, “maggioranza e minoranza si fanno passare reciprocamente le pratiche”, “qui la trasversalità è garantita dalla politica”, “ci sono gruppi d’affari e interessi economici trasversali”, “la questione etico-morale nella pubblica amministrazione si sente in maniera drammatica”, “esistono posizioni biartizan trasversali che garantiscono lo statu quo”.
Sono state evidenziate anche situazioni specifiche, con “scontri trasversali all ‘interno dei partiti”, con “personaggi forti come controllo del consenso, ma deboli all’interno dei partiti”; “sul piano politico, ci sono gruppi di riferimento dediti ad attività di disturbo. Peraltro, pronti a portare acqua al miglior mulino”. Anche con “voti maneggiati”, “offerte di pacchetti di voti” e “voto di scambio”. “C’é collusione fra politica e affari, che porta ad una degenerazione politica e sociale e all ‘immobilismo totale”.
Per altri, ancora, “in Comune, c ‘è una inefficienza antica influenzata da gruppi di potere, da commercianti e bancarellisti”, “i commercianti sono una corporazione molto potente”. E c’é anche chi ha ricordato gli scandali e le inchieste che in tutti questi anni hanno interessato il Comune, che - in rapporto all’effettuazione di indagini - “sembrava una succursale della Guardia di Finanza”.

68

Il sindaco, che sta completando il suo secondo mandato e non ha più intenzione di occuparsi di politica, non condivide questa visione pessimistica e totalmente negativa della realtà cittadina. Nel complesso, “la situazione è tranquilla e vivibile [...] E stato approvato il piano regolatore e questo [...] consentirà anche la valorizzazione delle aree libere che qua e là si trovano. Il porto costituirà un volano turistico, Le lamen tele sono frutto di piccolo gruppi di cittadini mai contenti, di persone che vorrebbero che le regole valessero solo per gli altri”.
D’altra parte, se la situazione in generale e. in particolare quella dei mercato, che si trascina da tempo, va bene agli eletti, vuoi dire che va bene anche alla gran parte dei loro elettori, o, quanto meno, ai loro grandi elettori.

69

5. La realtà criminologica
Per cercare di inquadrare e valutare la realtà di Ventimiglia per quanto si riferisce agli aspetti della criminalità, è necessario premettere una serie di dati a carattere generale e valenza nazionale e alcune considerazioni relative ad alcuni fenomeni specifici.
Come si può osservare dalle tabelle seguenti, ricavabili dall’Osservatorio sulla criminalità in Italia dell’associazione Andromeda sulla base di dati Istat, nel periodo 1994-2003. il totale dei reati denunciati nel nostro Paese ha subito un andamento irregolare, con un aumento progressivo nella prima fase del periodo ed un successivo abbassamento che ha riportato il dato annuale ad un valore che di poco si discosta da quello dell’anno di partenza della nostra analisi (+ 3,5 %).
Totale dei reati denunciati in Italia nel periodo 1994-2003
1994 2.792.742
1995 2.938.081 + 5,2%
1996 2.974.042 + 1,2%
1997 2.856.302 - 4,0 %
1998 3.090.912 + 8,2%
1999 3.384.156 + 9,5 %
2000 2.563.100 - 32,0%
2001 2.879.171 + 12,3%
2002 2.842.224 - 1,3 %
2003 2.890.629 + 1,7 %
Di conseguenza anche il quoziente di criminalità, vale a dire il numero di reati denunciati per 100.000 abitanti, si presenta come segue:
Quoziente di criminalità in Italia nel periodo 1994-2003
(reati denunciati per 100.000 abitanti)
1994 4.885
1995 5.129 + 5,0%
1996 5.176 + 0,9%
1997 4.962 - 4,3 %
1998 5.365 + 8,1 %
1999 5.867 + 9,4%
2000 4.431 - 32,4%
2001 4.978 + 12,3 %
2002 4.958 - 0,4 %
2003 4.994 + 0,7 %

Iu

Analogamente, è possibile osservare l’andamento dei reati denunciati in Italia nel periodo 1994-2003:
Totale dei reati denunciati in Italia nel periodo 1994-2003

Nello stesso periodo, i totali dei reati denunciati in Liguria e nella provincia di Imperia sono stati i seguenti:
Totale dci reati denunciati in Liguria nel periodo 1994-2003

71

1994

1995

1996

1997

1998

1999

2000

2001

2002

2003

Omicidi 1383
volontari
Furti 1333089

1451
1338446

1498
1393974

1545
1401471

1659
1478221

1543
1480775

1342
1367216

1546
1303356

1460
1305245

1507
1328350

Rapine 29981

28614

31244

32896

37782

39401

37726

38056

40006

41747

Altri 1428289

1569570

1547326

1420390

1573250

1862437

1156816

1536213

1495513

1519025

Tot. 2792742

2938081

2974042

2856302

3090912

3384156

2563100

2879171

2842224

2890629

1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003

Omicidi 55 73 69 66 77 61 44 55 68 54
volontari
Furti 79177 62689 61994 47942 64887 65725 64923 66196 58578 71788

Rapine 889 934 981 857 942 1029 844 966 1057 1226

Altri 46891 39831 44411 34758 40714 42595 38814 46778 48066 59464

Tot. 127012 103527 107455 83623 106620 109410 104625 113995 107769 132532

Totale dei reati denunciati nella provincia di Imperia nel periodo 1994-2003

1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003

Omicidi. 6 8 16 14 16 17 6 7 6 7
volontari
Furti 6140 6094 6729 5719 8684 9527 8763 9289 7918 7947

Rapine 76 90 87 70 107 94 78 105 90 80

Altri 5328 5217 5389 5647 6375 7254 6186 7998 6748 9784

Tot. 11550 11409 12221 13250 15182 16892 15033 17399 14762 17818

Per quanto riguarda in particolare la provincia di Imperia, è possibile effettuare un confronto relativo al periodo 2000-2003, estrapolando i dati relativi da quelli forniti dall’Istat. La comparazione si riferisce, quindi, all’intera provincia di Imperia, e può essere valutata solo in maniera relativa, in considerazione delle altre significative realtà criminali presenti nella stessa.
Dai dati riportati, è comunque possibile osservare che la percentuale degli omicidi volontari è inferiore - uno degli intervistati ha ricordato che “prima, e ‘erano almeno due omicidi all’anno, poi si sono ridotti molto” - a quella regionale e nazionale negli anni 2000 e 2002; uguale e leggermente superiore nel 2003 e molto superiore nel 2001. Si parla, rispettivamente, di i omicidio nel 2000, 5 nel 2001, nessuno nel 2002 e 3 nel 2003. Nessuno di questi è stato valutato connesso a “motivi di mafia, camorra e ‘ndrangheta”.
Omicidi di cui Lesioni Violenze Rapine
volontari per motivi volontarie sessuali
di mafia
camorra
‘ndrangheta
2000
Prov. Imperia 0,5 0,0 85,5 3,7 23,6
Reg. Liguria 0,9 0,0 48,4 2,8 39,6
Italia 1,3 0,3 50,3 4,0 65,2
2001

Distribuzione percentuale per 100.000 abitanti relativa alla provincia di Imperia, alla regione Liguria e all’intero territorio nazionale delle denunce delle forze dell’ordine all’Autorità giudiziaria per i reati di omicidio volontario, lesioni volontarie, violenze sessuali e rapine nel periodo 2000-2004

I reati di violenza sessuale appaiono essere stati commessi in percentuale complessivamente superiore alle medie regionali e nazionali nel periodo 2000-2002

72

Prov.
Reg.
Italia

Imperia Liguria

2,4
0,9
1,2

0,0
0,0
0,2

61,4
52,8
53,9

7,3
4,1
4,3

35,1
45,7
66,8

2002







Prov.
Reg.
Italia

Imperia Liguria

0,0
0,5
1,1

0,0
0,0
0,2

61,2
48,2
50,1

7,3
3,8
4,4

31,6
51,8
69,8

2003







Prov.
Reg.
Italia

Imperia Liguria

1,4
1,4
1,2

0,0
0,0
0,2

96,6
46,6
52,9

3,4
4,6
4,7

30,3
51,0
72,1

ed inferiori nell’anno 2003. Per quanto riguarda le rapine, invece, nel periodo in oggetto, risultano valori sempre inferiori alle altre medie considerate. Rispetto al valore nazionale, quello relativo alla provincia di Imperia è sempre inferiore da oltre la metà a quasi due terzi.
Quest’ultimo dato può rafforzare l’idea, espressa da alcuni testimoni privilegiati, che la criminalità organizzata presente in zona ritenga utile tenere basso l’allarme sociale ed il conseguente livello d’intervento delle forze di polizia, per poter più facilmente disporre della zona per il transito di persone e materiali “sensibili”. “Qui c ‘è interesse afar rimanere tutto tranquillo, a non avere la presenza di gravi forme di criminalità”. “La ‘ndrangheta vuole una città di transito, una base logistica per il transito”. “Ventimiglia è tranquilla rispetto alla grande criminalità; non si registrano inseguimenti, sparatorie, speronamenti come in realtà vicine, quali Sanremo e Diano Marina, che sono le emergenze della provincia”. “Bisogna chiedersi perché ci sono pochi reati eclatanti: rapine, omicidi”. “Per loro è fondamentale il controllo del territorio per il passaggio di tutto: qui passa davvero un sacco di roba”. “C’è passaggio di droga nei due sensi. Passaggio di droga e di capitali”. “E cambiato il metodo, ma non la presenza e l’interesse; coca e armi”. A questo proposito, si può ricordare, senza voler aprire vecchi discorsi di collaborazione fra determinate associazioni criminali e gruppi politici eversivi, anche “quanto riferito dal collaboratore di giustizia Filippo Barreca, il quale, nel corso del 1979, ebbe l’incarico di ospitare nella sua abitazione di Pellaro, frazione di Reggio Calabria, il latitante Franco Freda, all’epoca imputato per la strage di Piazza Fontana. Risulta accertato nel corso dell’indagine del processo Olimpia che il Freda fu ospite di tre distinte famiglie mafiose, durante la sua lunga permanenza in Reggio Calabria, prima di essere avviato a Ventimiglia, da dove, utilizzando un passaporto falso intestato a tale Vernaci, procuratogli da Lauro Giacomo, raggiunse prima la Francia e poi il Costarica, dove venne rintracciato dall’Interpol grazie proprio alle confidenze di Barrcca alla Polizia”. (Relazione della Commissione Parlamentare Antimafia, XIII legislatura).
Secondo le dichiarazioni di alcuni pentiti, negli anni del terrorismo più attivo, Ventimiglia fu utilizzata anche per il passaggio della frontiera di esponenti delle Brigate Rosse e della RAF tedesca.
Un ulteriore dato, che rafforza alcune dichiarazioni - “Ventimiglia è una città violenta”. “C’è abitudine al lassismo, al non seguire regole e regolamenti. Qui vige 1 ‘illegalità quotidiana; si parcheggia sulle strisce solo per non fare dieci metri in più. Manca il senso dello Stato”. “A Ventimiglia le regole non esistono, neppure il codice della strada viene applicato”. “C’è carenza di comunità, di educazione al civismo”. “Qui tutti fanno quello che c.... vogliono” - è quello relativo alle lesioni volontarie. In tutto il periodo considerato, risultano più elevate della media regionale e di quella nazionale, in alcuni casi con valori anche doppi. “Ventimiglia si sta napoletanizzando” ha concluso un altro intervistato.
Personalmente, come ricordato in altra parte di questo testo, ho potuto, nel corso di momenti di osservazione diretta della realtà locale, apprezzare la violenza verbale, l’irruenza e la protervia di tanti - mercanti, turisti e residenti - impegnati a difendere le proprie supposte ragioni e le proprie prepotenze.

73

Come si può osservare nella tabella seguente, i reati contro la proprietà nel loro complesso hanno un andamento sempre superiore rispetto alla media nazionale e molto simile rispetto a quella regionale. Nello specifico, i borseggi sono molto più elevati rispetto alla media nazionale e con un diverso rapporto negli anni rispetto a quella regionale: superiori nel 2001 e nel 2002, inferiori nel 2000 e nel 2003. Gli scippi sono sempre inferiori alla media nazionale e sempre superiori a quella regionale. I furti in appartamento sono sempre superiori alla media nazionale ed a quella regionale, a sua volta sempre superiore a quella nazionale. Questo dato si può spiegare con il fatto che la Liguria è una regione ad elevata presenza turistica e di seconde case. Globalmente, i furti di autovetture risultano inferiori alle medie regionali e nazionali, mentre i furti di merci su automezzi sono inesistenti.

Distribuzione percentuale per 100.000 abitanti relativa alla provincia di Imperia, alla regione Liguria e all’intero territorio nazionale delle denunce delle forze dell’ordine all’Autorità giudiziaria per i reati di borseggio, scippo, furto in appartamento, furto di

merci su automezzi pesanti e furti di autovetture nel periodo 2000-2004
I reati di estorsione e di truffa presentano un andamento vario, generalmente superiore al valore regionale ed inferiore a quello nazionale per il primo, in maniera opposta per il secondo. Il contrabbando risulta quasi inesistente nella Provincia di

74


Borseggi

Scippi

Furti in appart.

Furti di merci su automezzi

Furti di
autovet.

Totale furti

2000







Prov. Imperia
Reg. Liguria
Italia

466,3
554,7
284,3

45,7
28,1
51,3

589,6
576,7
358,4

0,0
1.7
4,2

241,2
412,1
421,6

3059,6
3420,6
2363,6

2001







Prov. Imperia
Reg. Liguria
Italia

636,3
597,7
277,7

56,6
29,0
50,2

785,5
610,7
322,0

0,0
2,5
3,1

311,6
385,2
414,0

3488,6
3489,2
2286,8

2002







Prov. Imperia
Reg. Liguria
Italia

479,6
461,8
268,8

35,0
30,1
49,3

464,6
415,7
295,6

0,0
3,1
2,8

311,2
358,0
405,7

3120,9
2840,7
2277,1

2003







Prov. Imperia
Reg. Liguria
Italia

366,4
445,9
285,5

44,7
40,6
49,9

528,9
430,8
299,0

0,0
5,3
2,5

336,5
369,1
382,7

3020,7
2901,6
2294,7

Imperia. Il reato di produzione e commercio di sostanze stupefacenti presenta valori molto superiori a quelli regionali e nazionali e un andamento in crescita per i primi tre anni e decrescente nel 2003. Lo stesso andamento si evidenzia anche a livello regionale, dove il dato è comunque sempre superiore a quello della media nazionale. Per quanto riguarda la Provincia di Imperia, il dato é sempre almeno tre volte superiore alla media nazionale.
Il reato di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione presenta dati con un andamento irregolare, ora superiore, ora inferiore al dato regionale ed a quello nazionale, ed analogamente all’interno del quadriennio considerato.

Distribuzione percentuale per 100.000 abitanti relativa alla provincia di Imperia, alla regione Liguria e all’intero territorio nazionale delle denunce delle forze dell’ordine all’Autorità giudiziaria per i reati di estorsione, truffa, sequestro di persona, contrabbando, produzione e commercio di sostanze stupefacenti e sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione nel periodo 2000-2004

Per quanto riguarda il reato di produzione e commercio di sostanze stupefacenti, in cui, in una classifica per regioni, la Liguria occupa sempre uno dei primi posti, si riportano le percentuali di tutte le regioni al fine di facilitame la comparazione.

75



Estors.

Truffe

Sequestri
persona

Contrabb.

Produzione commercio stupefacenti

Sfruttamento favoreggiam.
prostituzione

2000








Prov.
Reg.
Italia

Imperia Liguria

4,2
3,7
6,0

59,1
63,7
58,0

2,3
2,3
2,7

2,3
15,1
30,8

160,4
92,8
60,2

1,8
11,0
6,1

2001








Prov.
Reg.
Italia

Imperia Liguria

7,3
4,8
6,6

70,7
71,5
68,3

0,5
1,6
2,2

0,0
10,3
6,0

197,0
113,8
63,2

8,8
5,2
5,3

2002








Prov.
Reg.
Italia

Imperia Liguria

5,3
4,0
6,3

85,0
75,0
94,8

2,9
1,7
2,2

0,0
4,6
2,6

207,8
98,0
66,2

4,9
6,6
5,5

2003








Prov.
Reg.
Italia

Imperia Liguria

6,7
5,0
6,5

412,0
440,5
324,5

3,4
2,1
2,0

0,0
6,4
2,9

168,3
83,7
64,4

10,1
9,2
4,3

Distribuzione percentuale per 100.000 abitanti relativa a tutte le regioni delle denunce delle forze dell’ordine all’Autorità giudiziaria per il reato di produzione e commercio di sostanze stupefacenti nel periodo 2000-2004

Nel 2004, come viene sottolineato nel 39° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, l’insieme dei reati denunciati all’Autorità giudiziaria è inferiore dell’ 1,7 % rispetto all’anno precedente. Se “si considerano le denunce [del 2004], in rapporto alla popolazione residente, al primo posto si trova la Liguria, con 565,5 reati denunciati ogni 10.000 abitanti, seguita dall’Emilia Romagna (522,1) e dal Piemonte (491,5)”. Come già ricordato, un dato di questo genere si presta a diverse letture. Formalmente, può essere ritenuto indicativo di una situazione caratterizzata da un’elevata presenza di criminalità o, in un’ottica di lettura più positiva, di una realtà con abitanti più propensi a sporgere denuncia dei reati subiti, in rapporto ad una ridotta presenza di omertà e di minacce e ad un’elevata fiducia nello Stato e nelle Sue istituzioni o, ancora, ad una realtà caratterizzata dalla presenza di forze di polizia particolarmente attive ed impegnate.
Dal 39° Rapporto del Censis sulla situazione sociale del Paese del 2005, si può rilevare che la provincia di Imperia occupa il 6° posto (dopo Rimini, Bologna, Milano, Torino e Genova) per quanto riguarda l’intensità relativa al totale dei reati, con un valore di 608,8 per 10.000 abitanti. In un’analisi effettuata nella stessa occasione con la tecnica della cluster analysis - per disporre di un’indagine più dinamica e sintetica - con la quale le province italiane sono state divise in base alla

76

Regione

2000

2001

2002

2003

Piemonte

66,5

56,0

64,6

52,2

Valle d’Aosta

51,4

43,5

63,7

49,2

Lombardia

65,0

64,8

65,2

58,3

Trentino A. A.

54,5

55,2

45,0

36,7

Veneto

54,2

49,4

59,9

57,0

Friuli V. G.

46,7

46,6

48,3

56,5

Liguria

92,8

113,8

98,0

83,7

Emilia Romagna

52,5

59,0

62,9

63,5

Toscana

92.9

90,2

149,8

124,5

Umbria

50,4

59,3

111,2

92,9

Marche

55,7

50,8

66,5

72,4

Lazio

70,4

82,5

67,2

61,1

Abruzzo

51,7

52,2

49,4

55,5

Mouse

35,1

52,7

48,0

33,9

Campania

40,1

38,8

42,9

51,0

Puglia

57,4

70,7

66,7

62,1

Basilicata

35,1

43,5

45,4

29,8

Calabria

44,1

66,4

52,4

122,9

Sicilia

62,2

62,2

58,8

56,0

Sardegna

50,0

40,6

44,8

48,8

Italia

60,2

63,2

66,2

64,4

percentuale della criminalità, quella di Imperia si colloca in un gruppo che si caratterizza per la “ripresa della sicurezza”. Dello stesso gruppo fanno parte Asti, Biella, Cagliari, Como, Cuneo, Foggia, Gorizia, Latina, Lecco, Messina, Palermo, Prato, Salerno, Sassari, Savona, Siracusa, Udine, Varese e Venezia. Come viene ricordato, questo gruppo comprende 20 province in cui vive il 18,4 % della popolazione italiana; ne fanno parte province al cui interno si trovano alcune delle maggiori città italiane come Venezia e Cagliari ed altre realtà provinciali di dimensioni medio-grandi. Il nome del gruppo è significativo, in quanto queste province presentano generalmente livelli di criminalità inferiori alla media e, soprattutto, si caratterizzano per una forte diminuzione del numero delle denunce negli ultimi cinque anni (in media del 17,4 %) e, quindi, per un miglioramento della situazione complessiva. Circoscrivendo l’analisi alla criminalità predatoria, si registra un trend negativo che è mediamente del 25,1 %; i furti diminuiscono del 25,1 %, le rapinc del 23 %. Particolarmente sensibile la diminuzione del numero dei reati a Imperia, Gorizia, Palermo e Siracusa.
Nel 38° Rapporto, relativo all’anno precedente, la Provincia di Imperia non figurava in alcuna delle graduatorie relative alle prime dieci province italiane per intensità dei reati. Nello stesso rapporto, però, la stessa provincia veniva collocata, in base alla classificazione determinata con la tecnica della cluster analysis, nel primo gruppo, definito come quello delle metropoli del disagio”. Questo gruppo
- il “peggiore” per quanto riguardava la situazione delinquenziale - era definito come “composto da 12 province dove vive il 31,4 % della popolazione e comprendente le province di quattro grandi metropoli (Roma, Milano, Torino e Napoli), alcune province al cui interno si trovano centri di dimensioni medio-grandi (Bologna, Firenze, Venezia, Genova, Verona) e altre tre realtà (Ravenna, Rimini, Imperia) caratterizzate da un elevato livello di benessere e forti identità (d’arte, di turismo, di frontiera). Emerge da questi dati come la criminalità predatoria si manifesti più intensamente nelle province ad alta densità abitativa, caratterizzate dalla combinazione di opportunità e di degrado sociale. Accanto alle metropoli, troviamo delle province più piccole, ma situate in un contesto socio-economico evoluto, dove si moltiplicano le occasioni per delinquere”.
Come si può vedere, dunque, la Provincia di Imperia, nel giro di un anno ha migliorato la propria classifica, passando dal primo al quarto gruppo di province.
Può essere interessante cercare di valutare l’eventuale presenza di situazioni delinquenziali collegate all’attività delle diverse forme di criminalità organizzata.
Raimondo Catanzaro evidenzia che, “in Italia, i reati riconducibili alla criminalità organizzata passano da 84,3 per 100.000 abitanti nel 1993 a 111,5 nel 1998”. Inoltre, “i reati riconducibili alla criminalità economica sono molto più numerosi e diffusi in genere di quelli riconducibili alla criminalità organizzata, sia nel complesso del paese sia nelle singole regioni [ ] oltre il 50% dei reati è riconducibile alla criminalità economica, quasi il 40% alla criminalità comune e circa il 9% alla criminalità organizzata”.

77

Piero Luigi Vigna ha focalizzato le mire della criminalità economica sottolineando che “ovviamente, i suoi obiettivi sono il profitto, il controllo del territorio, il riciclaggio, l’acquisizione di quote di mercato, la gestione di posti di lavoro, l’in- corporazione di imprese legali. E di quali strumenti si avvale per realizzare i suoi obiettivi? La competizione al di sotto dei costi, che determina l’uscita dal mercato delle imprese legali; l’imposizione di mano d’opera, che fa aumentare i costi delle imprese legali e crea forme di controllo all’interno delle stesse; l’usura, che determina la dipendenza finanziaria delle imprese legali; la minaccia che opera distorsione della concorrenza; il riciclaggio, che determina un azzeramento del costo capitale a favore delle imprese illegali”.
Secondo Enzo Ciconte, “quando si parla di criminalità organizzata, il pensiero corre immediato all’omicidio, all’estorsione, alla violenza bruta. Non c’è ancora l’abitudine ad associare la parola mafia all’economia e al mercato, ai passaggi di proprietà di beni immobili, di palazzi, appartamenti, alberghi, pizzerie, ristoranti, discoteche o all’immissione di denaro sporco nei circuiti finanziari di una economia ricca e vivace. Nel passato è venuta meno la necessaria attenzione al modo come avveniva l’accumulazione di enormi quantitativi di capitale mafioso e il conseguente riciclaggio o reimpiego del denaro nei circuiti legali. Sono mancati una politica e un preciso indirizzo tesi a individuare i guasti prodotti nella economia locale. Oggi è molto più difficile risalire alle fonti illecite del denaro e dimostrare che dieci o venti anni fa quei soldi sono stati accumulati con il crimine e con il traffico di droga, sicché è sicuramente accaduto che alcuni siano diventati proprietari legali di beni mobili e immobili”.
Ancora Ciconte evidenzia che “poche sono state le indagini della magistratura tese ad accertare i passaggi di proprietà, spesso effettuati con danaro contante e con somme superiori a quelle normalmente richieste dal mercato locale, che sono intervenute nell’ambito di negozi, ristoranti, pizzerie, attività commerciali, palazzi, alberghi, discoteche. [....] Capita anche che gli stessi accertamenti previsti sui passaggi di proprietà o sulle modifiche delle licenze commerciali previsti dalla legge cosiddetta Mancino, che obbliga comuni e notai a segnalare in Questura gli avvenuti cambiamenti nelle proprietà immobiliari e nel trasferimento delle licenze, non vengano informatizzati e dunque, stante l’imponente mole cartacea, non siano utilizzabili per seguire i trasferimenti di ricchezza e delle licenze commcrcial i”.
Come scrive Becchi, “la criminalità organizzata è uno snodo cruciale nell’instaurarsi di relazioni tra economia criminale ed economia legale. [....] Per definizione, è un modo di essere del fenomeno delinquenziale che presuppone un intreccio di relazioni con l’economia legale, e in generale con l’intero mondo della legalità”.
Relativamente alle specificità della ‘ndrangheta, la stessa autrice ricorda che “le analogie tra Cosa nostra e la ‘ndrangheta appaiono pronunciate con riferimento alle caratteristiche militari delle strutture e insieme alla violenza come expertise fondamentale. Le ‘ndrine sono organizzazioni più primitive rispetto alle cosche;

78

la base di reclutamento è la famiglia di sangue. [....] Il sistema calabrese comporta l’assegnazione a ciascuna ‘ndrina di una porzione di territorio, con conseguenze rilevanti in termini di minore conflittualità”. Inoltre, “la contiguità con le comunità di compaesani permette, specie ai più dotati in termini sia di talenti imprenditoriali sia di capacità di intimidazione, di affiancare al business criminale attività legali che richiedono relazioni cooperative con settori politico-amministrativi, riproducendo nelle regioni di nuovo insediamento, sebbene su scala più limitata, il modello presente nelle terre di origine. L’approdo alla economia legale ha generalmente luogo, anche per i soggetti più talentati, in settori «famigliari» come l’edilizia e il commercio”.
Come viene riportato in documenti del Parlamento della XIII legislatura. “la ndrangheta è un’organizzazione mafiosa che ha una particolare struttura organizzativa, diversa da quelle di Cosa nostra o della camorra. La struttura di base é la ndrina o cosca o famiglia che é radicata in un comune o in un quartiere cittadino. In un comune ci possono essere più ‘ndrine; in tal caso, allora, esse fanno parte di un «locale». La ‘ndrina é fonnata essenzialmente dalla famiglia naturale, di sangue, del capobastone, alla quale si aggregano altre famiglie generalmente, o inizialmente, subalterne. Le famiglie aggregate non di rado sono imparentate a quella del capobastone. Una lunga catena di matrimoni ha contraddistinto la vita delle cosche mafiose, sicché é possibile affermare che questa tendenza é comune a tutte le famiglie. La ‘ndrangheta si caratterizza per la presenza nei comuni grandi e piccoli dei cosiddetti locali aperti: locale aperto é quello in cui un gruppo di mafiosi (spesso 30 e più) organizzano la loro attività criminosa. L’affihiazione calabrese avviene essenzialmente in due modi estremamente diversi. In Calabria si diventa mafiosi per generazione, per casato, per discendenza, per il semplice fatto di essere nato in una famiglia di mafiosi. Il figlio di un mafioso é solitamente un mafioso e lo é sin dalle prime classi elementari. Si diventa mafiosi però anche per esigenza, in mancanza di lavoro, per l’assoluta impossibilità in questa regione di avere di fronte uno Stato che risponda nei modi essenziali alle esigenze di vita di un giovane moderno [...] Ogni ‘ndrina é autonoma sul proprio territorio e su di esso il capobastone non ha un’altra autorità mafiosa a lui sovraordinata. Per una lunghissima fase storica alla ‘ndrangheta é mancata una struttura di comando unitaria come quella esistente in Cosa nostra. Molte ndrine stabilirono patti federativi tra di loro e si consorziarono per gestire affari di rilevanti dimensioni come il contrabbando di sigarette prima e il traffico di stupefacenti successivamente”.
Le più recenti considerazioni ufficiali sulla ‘ndrangheta si possono trovare nella “Nota sulla sicurezza in Italia” presentata il 14 agosto 2006 dal Ministro dell’Interno Giuliano Amato. “La ‘ndrangheta continua a mostrarsi altamente competitiva e sempre più orientata alle attività criminali transnazionali, primo fra tutte il traffico di stupefacenti, in particolare di cocaina. Se in talune aree territoriali si registrano vere e proprie faide tra le varie cosche, da addebitare soprattutto all ‘intraprendenza di nuovi capi emergenti, in altre, in particolare nel reggino, si va facendo strada una strategia «interclanica», finalizzata ad ottimizzare le pos 79

sibilità di profitto nelle attività illecite di maggiore rilevanza economica. Tale linea organizzativa si nota prevalentemente nel settore del narcotraffico e nei tentativi di infiltrazione nel “sistema appalti” ed è orientata, comunque, al rispetto dell’autonomia d’azione dei vari schieramenti in ordine alle iniziative criminali di più modesto livello e puramente connesse al controllo del territorio di competenza. In campo internazionale, la ‘ndrangheta può contare su una struttura molto solida, insediatasi direttamente nei Paesi produttori soprattutto di cocaina e in grado di gestire i traffici illeciti ed il reinvestimento dei relativi proventi in tutte le varie fasi, sia direttamente che attraverso collaborazioni intermafiose con le omologhe strutture endogene o con altre espressioni criminali di matrice straniera. Tali interazioni si registrano sempre più anche nel settore dell’immigrazione clandestina e della tratta di esseri umani. Negli ultimi tempÉ, data la spiralizzazione della violenza e la sovraesposizione determinata dagli ambiziosi intenti criminali dei nuovi reggenti ...j, è stato predisposto e sviluppato un Programma straordinario di intervento nella regione Calabria, che prevede varie linee d’azione, tra cui l’intens/ìcazione dei dispositivi di sorveglianza e di controllo del territorio calabrese, il rafforzamento di tutte le attività informative ed investigative, con 1 ‘applicazione di misure di prevenzione personali e patrimoniali, il “controllo” di tutte le operazioni anti-droga e la tutela degli amministratori locali; tale strategia sta producendo significativi risultati, grazie al sinergico impegno profuso dalla Magistratura e dalle Forze di polizia. [...] Particolare rilevanza è stata data all ‘attività di accesso ad organismi amministrativi. [...]. Non meno significativa è l’azione di contrasto attraverso 1 ‘aggressione ai patrimoni criminali della ‘ndrangheta. Si segnala, in proposito, la costituzione di un desk interforze per la condivisione delle informazioni fra le Forze di polizia, finalizzato ad imprimere impulso e ottimizzare i risultati conseguibili con lo strumento delle misure di prevenzione patrimoniali”. Lo stesso documento evidenzia una sia pur minima riduzione degli omicidi direttamente ascrivibili all’attività di questa organizzazione criminale; 45 nel 2004, 43 nel 2005 e 9 nel primo semestre dcl 2006.
La realtà di un
continuum, affettivo ed operativo, fra la zona di origine della famiglia malavitosa ed i suoi membri spostatisi altrove è confermata dalle osservazioni di Ciconte. Ogni iniziativa mafiosa “nasce al sud - è «costituita» nella regione di provenienza - e poi, successivamente, si sposta al nord, dove opera in diversi campi. Anzi, per essere più precisi, uno spezzone di questa organizzazione si sposta al nord, e mai l’intera struttura, perché il rimanente resta ben impiantato e radicato al sud. Questa regola generale, comune a tutte le mafie, è ancora più valida per la ‘Ndrangheta, come è stato ampiamente provato in una serie di processi nei tribunali calabresi e in alcuni, anche recenti, di Milano e di Torino”.
Una certa peculiarità settoriale e geografica è confermata ancora da Ciconte, il quale evidenzia che “l’avvio di piccole imprese nel campo dell’edilizia, l’utilizzazione di manodopera meridionale, pagata spesso in nero, e, infine, il ricorso a parenti e amici, sono tecniche di diffusione di penetrazione sul territorio seguite anche nei comuni che fanno da corona ai grossi agglomerati cittadini del Piemonte e della Lombardia, della Val d’Aosta, della Liguria, della Toscana”.

80

Per Sciarrone, più recenti opportunità di arricchimento sono state colte nei grandi appalti pubblici, a partire dall’autostrada Salerno - Reggio Calabria. “Accanto alla tradizionale imposizione del pizzo, le ‘ndrine si accordano attivamente con i grandi operatori dell’edilizia nel Nord Italia, instaurando con essi uno scambio reciprocamente vantaggioso. I mafiosi ottengono l’affidamento dei lavori di subappalto e in cambio scoraggiano eventuali concorrenti e garantiscono la tranquillità dei cantieri. Spesso sono gli stessi imprenditori dcl Nord a ricercare e so!lecitare un patto di collusione, riconoscendo esplicitamente l’autorità dci mafiosi e facendo ricadere gli extracosti derivanti da tale patto sull’ente appaltante attraverso la revisione dei prezzi, varianti e perizie suppletive”. La loro struttura organizzativa di tipo orizzontale, inoltre, ‘favoriscc la diffusione e il radicamento delle stesse cosche in aree non tradizionali. La maggiore capacità di networking della ‘ndrangheta è infatti testimoniata da una sua maggiore e più pervasiva presenza in territori diversi da quelli di origine”.
È importante sottolineare che, oltre a costituire un danno per le imprese oneste ed a rappresentare una modalità di guadagno temporaneamente lecito, l’appalto rappresenta un mezzo di ulteriore infiltrazione e di rafforzamento di un’immagine legale nelle singole comunità locali. “Vincere un appalto significa entrare in contatto con gli amministratori locali, la burocrazia comunale, le imprese, i professionisti del luogo; significa, in una parola, stabilire rapporti e relazioni con gli ambienti sociali e politici di una comunità” (Ciconte).
Nell’analizzare i fenomeni relativi alla criminalità organizzata, è opportuno riferirsi all’usanza dell’invio degli affiliati alle organizzazioni criminali meridionali in soggiorno obbligato nei paesi del nord, allo scopo - secondo una teorizzazione iniziata dopo l’unità d’Italia, ripresa dal fascismo per i dissidenti politici e generalizzata nei decenni successivi al secondo dopoguerra - di sradicarli dal loro habitat, riducendone i contatti. E chiaro che, con il passare del tempo, l’affinamento dei mezzi di comunicazione e il radicarsi di queste persone nelle nuove residenze con l’allargamento, il rafforzamento e la mimetizzazione del nucleo familiare grazie anche alla presenza delle generazioni successive, nate nei comuni ospitanti, la più naturale conclusione è stata quella di importare queste forme di criminalità nelle nuove realtà, saturando così l’intero territorio nazionale.
Scrive ancora Ciconte che, ‘secondo un’opinione largamente condivisa, il soggiorno obbligato e le conseguenze indesiderate legate al grande esodo di lavoratori meridionali in seguito ai processi di emigrazione interna degli anni cinquanta e sessanta, hanno avuto non poche responsabilità relativamente alla presenza e all’infiltrazione delle organizzazioni mafiose in Nord Italia. I due fenomeni si sono temporaneamente e geograficamente sovrapposti l’uno sull’altro. Il soggiorno obbligato sembra essere stato un potente fattore di inquinamento e di trasmissione del fenomeno mafioso. E figlio del dornicilio coatto che fu introdotto nella legislazione italiana con la legge Pica, che doveva servire a reprimere il brigantaggio esploso all’indomani dell’unità d’Italia. [...] Il legislatore dei primi anni del secondo dopoguerra era convinto che il mafioso avrebbe avuto difficoltà a conti-

81

nuare nella sua attività e a mantenere rapporti con altri mafiosi se fosse stato allontanato dal suo ambiente [....] La realtà si sarebbe incaricata di dimostrare come tale scelta avrebbe prodotto effetti molto diversi da quelli immaginati dal legislatore. Il mafioso, contrariamente a quello che si era pensato, si sarebbe mostrato capace di insediarsi nelle realtà del nord perché favorito sia dalla sottovalutazione e dall’incomprensione delle caratteristiche che le mafie andavano assumendo al nord sia dal fatto che i soggiornanti erano in sostanza liberi di agire a proprio piacimento una volta compiute le formali incombenze della firma periodica presso la locale stazione dci carabinieri”. Infatti, ‘i soggiornanti fanno di tutto per passare inosservati, per non attirare su di loro l’attenzione delle forze dell’ordine, per rendersi invisibili. La loro aspirazione è l’anonimato, l’invisibilità, non la ribalta delle prime pagine dei giornali. Devono essere ben conosciuti nel loro mondo, nel loro ambiente, ma devono rimanere sconosciuti al carabiniere e al poliziotto. Un soggiornante obbligato deve essere, prima di tutto, invisibile, una persona anonima. Favoriva questa scelta il fatto che le sedi di soggiorno erano generalmente piccoli centri o, al massimo, comuni di media grandezza, dove non sempre c’era l’attrezzatura culturale necessaria, da parte di chi doveva sorvegliare, per comprendere queste tipiche modalità di comportamento di soggetti indiziati di appartenere alla mafia”.
Bisogna riconoscere con Ciconte come ‘gli uomini di mafia operanti in «terra straniera» - cioè in contesti lontani dai loro luoghi di origine e ostili alla loro cultura - abbiano avuto la capacità di adattarsi con l’ambiente circostante e di mimetizzarsi sfuggendo ai controlli e perfino alla percezione della loro pericolosità”.
A questo proposito, un rapporto della Criminalpol del 1979, relativo alla situazione in Emilia Romagna, sottolineava che “una volta raggiunta una certa tranquillità e fiducia, al termine della misura di prevenzione, detti personaggi sono rimasti in zona, acquistando progressivamente importanza sia sotto il profilo economico, sia sotto quello mafioso, perché divenuti protettori dei loro compaesani che, giunti dalle province siculo-calabresi, sono stati sistemati ed utilizzati secondo precise finalità di lavoro onesto e illecito”.
L’assenza di una corretta percezione della reale pericolosità della criminalità organizzata e di un conseguente impegno a tutto campo per il suo contrasto, anche per evitare etichettamenti generalizzati e facilmente oggetto di critiche, ha facilitato, nel tempo, l’infiltrazione e l’assestamento di queste presenze su tutto il territorio nazionale. Come scrive Ciconte, ‘la storia di numerosi mafiosi ci ha insegnato che molti tribunali italiani, per varie ragioni - perché non si era riusciti a raggiungere la prova certa, perché i testimoni erano stati impauriti, perché le indagini non erano state condotte bene, perché qualche giudice, o poliziotto o carabiniere era stato corrotto - non avevano accertato la responsabilità penale di fior di mafiosi che sono stati assolti per insufficienza di prove, come recitava la formula di un tempo, o, addirittura, per non aver commesso il fatto. Molti di questi imputati, mandati assolti «in nome del popolo italiano», furono uccisi in regolamenti di conti o in agguati ordinati da chi si era arrogato il diritto di comandare «in nome del popolo mafioso». Era la migliore dimostrazione che erano dei ma-

82

fiosi, seppure non riconosciuti come tali dai tribunali. A conferma di una situazione del genere, alcuni collaboratori di giustizia, che hanno operato in Emilia Romagna, hanno ammesso di aver commesso alcuni reati per i quali erano stati precedentemente assolti “.
A questi aspetti di carattere culturale, di amore del quieto vivere e di carenza di professionalità, se ne devono aggiungere, altri, ben più gravi. Nel bilancio globale, infatti, bisogna inserire situazioni di compiacenza e protezione, anche se, spesso, i responsabili non vengono identificati. “«Le notizie sono vere, ma non riescono ad essere provate in sede giudiziaria». Certo, un’affermazione del genere scritta in sentenza è per lo meno singolare, ma, in definitiva, mette in luce una difficoltà, e di non poco conto, nelle indagini. E davvero inquietante dover constatare come, per lunghi anni, sia potuto accadere, e durare, questo intreccio fra esponenti delle forze dell’ordine e criminali locali”.
Come ricorda ancora Ciconte, in occasione di un’ importante indagine effettuata a Milano, emerse, nel corso delle indagini, che “gli avversari venivano eliminati attraverso la sistematica delazione alle forze di polizia, peraltro pesantemente coinvolte in una fitta trama di corruttela”.
Per quanto riguarda le attività della criminalità organizzata nel nostro Paese, si può leggere sul Rapporto di SOS Impresa del 2005 che, “presi alla gola dagli strozzini, gli imprenditori in difficoltà arrivano a pagare fino al 150% annuo di interessi sui prestiti, contro il 120% dello scorso anno. Così come per le «assicurazioni» offerte dal racket in cambio di protezione, aumentate in media del 30% ed in alcuni casi, con l’introduzione dell’euro, addirittura raddoppiate. Ogni anno 28 miliardi di euro escono dalle tasche degli imprenditori per finire in quelle dei criminali: ogni ora 3 milioni di euro passano dalle mani dei commercianti a quelle dei mafiosi. Il giro d’affari complessivo di usura, racket, furti, rapine, truffe, contrabbando, abusivismo e cybercrime supera i 71 miliardi di euro, il 40% dci quali gestito dalla criminalità organizzata italiana e straniera. Un salasso che, negli ultimi cinque anni, ha provocato la chiusura di 357 mila imprese. Di queste, 105 mila hanno chiuso i battenti perché rimaste impigliate nelle reti degli usurai”. Così, “la moria di imprese lascia spazi che la criminalità organizzata occupa con sempre maggiore destrezza e proponendosi in una nuova veste: nasce il criminale imprenditore che sostituisce il tradizionale esattore, gestore di manovalanza”.
Inoltre, “é evidente il proposito, da parte del crimine organizzato, di intervenire con proprie imprese nelle relazioni economiche, stabilendo collegamenti collusivi con la politica e la burocrazia soprattutto per il controllo del sistema degli appalti e dei servizi pubblici [....j Ogni attività economica-imprenditoriale viene «avvicinata» dai «signori del pizzo» con il volto «conveniente» della collusione, piuttosto che quello spietato della minaccia, per evitare forme d’allarme sociale e di ribellione”.

83

Anche se riferita anzitutto alle realtà meridionali, può essere utile riportare la descrizione di quello che Ciconte definisce ‘il ciclo del cemento”. Ciò in considerazione del fatto che si può ben pensare che lo stesso sia stato introdotto dalle organizzazioni criminali in quelle realtà del nord in cui sono riuscite a riprodurre il proprio sistema organizzativo e dove sono state capaci di garantirsi una propria saturazione del territorio in collusione con politici locali. “In zone come la Calabria e la Sicilia, storicamente ad alta densità mafiosa, le attività essenziali per la vita e la gestione quotidiana dei cantieri di costruzione - il movimento terra, i trasporti, la fornitura di materiali inerti e calcestruzzi - sono nelle mani effettive di imprese mafiose o controllate dalla mafia che sono state acquisite con il taglieggiamento o con l’usura. I gruppi mafiosi non sono certo in grado di penetrare nella progettazione o negli interventi di alta ingegneria gestionale. ma sono sicuramente capaci di intervenire in tutte le fasi successive. Come dimostra la storia di questi decenni, essi hanno avuto la capacità di formare una serie di società in grado di acquistare e gestire autocarri per movimentare via gomma, soprattutto in ambito locale, i materiali utili alla costruzione di un’opera, grande o piccola che fosse. Nello stesso tempo sono stati capaci di assicurarsi una penetrazione nelle ditte fornitrici di materiali impiegati nei cantieri, a cominciare dalla materia prima, ossia il cemento. E oramai assodata l’esistenza di un vero e proprio «ciclo del cemento», che in ogni suo passaggio offre enormi opportunità alle organizzazioni criminali, a partire dal controllo delle cave e degli alvei dei fiumi per l’estrazione della sabbia e degli inerti “.
Secondo i dati di SOS Impresa, il giro d’affari dei reati, in miliardi di euro, è il seguente:

Per quanto si riferisce all’usura, bisogna sottolineare che si tratta di un reato atipico, nel quale si creano particolari rapporti fra autore e vittima e che, nella seconda non si instaura solo una dipendenza economica, ma, in molti casi, anche psicologica, con un rapporto che può ricordare la ‘sindrome di Stoccolma”. Questa situazione può spiegare il fatto che, in contrasto con l’ampiezza del fenomeno nel nostro Paese, il numero delle denunce risulta essere in calo.
Sempre riguardo a questo reato, in una ricerca a livello nazionale effettuata per conto della Confesercenti nel 2000 (Omicron, 28, 2000), veniva evidenziato che,

84

Tipologia

Denaro movi mentato

% gestita dalla criminalità

Costi per i commercianti

Commercianti colpiti



organizzata



Usura

30,0

36%

12,0

150.000

Racket

10,0

95%

6,0

160.000

Furti e rapine

7,0

15%

2,1

90.000

Truffe

4,6

20%

4,6

500.000

Contrabbando

2,5

80%

400,0

15.000

Abusivismo

13,0

20%

1,8

==

Cybercrirne

4,2

30%

1,1

==

per la quasi totalità dei commercianti intervistati, le denunce non vengono presentate per paura e per l’inadeguatezza degli aiuti dello Stato. “Completamente diversi, invece, i dati sui taglieggiarnenti, per i quali, oltretutto, c’è un’omogeneizzazione territoriale nelle risposte. Oltre la metà degli intervistati è convinta che i commercianti sono vittime di atti estorsivi. A Milano il 95 % crede nell’esistenza di questo fenomeno e stima che il costo medio annuo per ogni vittima supera i trenta milioni di lire. Tutti concordi anche nel sostenere che gli estorsori sono soprattutto affiliati alla criminalità organizzata, e, in percentuale più bassa, appartenenti a bande di quartiere” (Omicron, 28, 2000). Di particolare significato anche la convinzione che “il motivo per cui è difficile sconfiggere la criminalità organizzata è da ricercare nella forte collusione tra mafia e potere politico”. Una motivazione certamente valida a livello centrale e locale.
Per Dalla Pellegrina ed altri, “il fenomeno criminale dell’usura sfugge, per sua natura, ad una precisa valutazione quantitativa. Una ricerca della Banca d’Italia stimava in oltre 300.000, nel 1993, le famiglie attratte dal mercato illegale, con un valore dei prestiti vicino ai 4.000 miliardi di lire. Più recentemente, il Forurn delle Associazioni antiusura ha sostenuto che nel 2002 fossero circa mezzo milione le persone in mano agli usurai o prossime a finirci. Infine, secondo dati del Sindacato nazionale antiusura e tutela dei consumatori (SNARP) nel 2003 sono state oltre 100.000 le vittime dell’usura”.
Nell’analisi di Dalla Pellegrina ed altri, è possibile trovare una serie di valutazioni relative al rischio di usura delle 103 province italiane.
Nella graduatoria relativa al calcolo dell’Indice globale di rischio usura (IGU), la provincia di Imperia, con un punteggio di 18,26, è collocata al 32° posto in Classe di rischio “E” a “rischio medio-basso”. In questa posizione, rappresenta la prima provincia del Nord Italia, dopo 3 province in classe “A” (rischio molto-alto), 7 in classe “B” (rischio alto), 6 in classe “C” (rischio medio-alto), 13 in classe “D” (rischio medio) ed altre 2 nella stessa classe “E”. Tutte le province comprese nelle classi di rischio “A”, “B” e “C” sono collocate geograficamente nel Sud del Paese.
Nella tabella di Previsione delle Denunce per usura e classi di rischio (modello Poisson), la provincia di Imperia si colloca al 49° posto con un punteggio di 4,75 per gli effetti fissi (FE), che la colloca in classe di rischio (FE) “D” e al 79° posto con un punteggio di 3,45 per gli Effetti casuali (RE), che la colloca in Classe di rischio (RE) “D”. A titolo indicativo, si può sottolineare che quella di Imperia è la provincia collocata nella posizione migliore fra quelle liguri [Genova: 15,00 - “A” - 11,50- “A”; La Spezia: 5,40- C” -4,19- “D”; Savona: 3,50- “D” -4,01 -
Nella tabella di Previsione delle Denunce per usura e classi di rischio (modello binomiale negativa), la provincia di Imperia si colloca al 76° posto con un punteggio di 4,00 per gli effetti fissi (FE), che 1 colloca in classe di rischio (FE) “E”

85

e all’81° posto con un punteggio di 3,40 per gli Effetti casuali (RE), che lo colloca in Classe di rischio (RE) “E”. Sempre a titolo indicativo, si può evidenziare che, anche in questa classifica, quella di Imperia è la provincia meglio posizionata fra quelle liguri [Genova: 13,150 - “A” - 11,69 - “A”; La Spezia: 4,88 - “D” - 4,12 - “D”; Savona: 4,62 - “D” - 3,98 - “D”j.
‘Per le sue caratteristiche, oggi questo reato sembra in gran parte appannaggio della criminalità, soprattutto organizzata, con l’obiettivo fondamentale di acquisire il patrimonio dell’usurato. Si tratta, quindi, di un fenomeno particolarmente pericoloso e in stretta connessione con quello del riciclaggio del denaro. Infatti, si tratta di ‘un mercato dell’usura rivolto alle piccole-medie imprese in difficoltà con fini prevalentemente di riciclaggio. Lo scopo è quello di appropriarsi di un esercizio o di un’impresa apparentemente «puliti» dove far convogliare flussi di denaro provenienti da attività illecite [ ] Per quanto riguarda l’offerta di usura, occorre mettere in luce una diversità nelle preferenze tra i fornitori legali di credito e gli usurai, pur essendo entrambi orientati alla massimizzazione dei profitti attesi, che si riflette nel ruolo giocato dalla garanzia che affianca tipicamente i contratti di credito. Le banche disegnano il contratto in modo da massimizzare le probabilità di rientro del prestito, maggiorato degli interessi, e trovano costoso il trasferimento di proprietà della garanzia. Gli usurai trovano invece vantaggioso il trasferimento nelle proprie mani della proprietà della garanzia, in quanto fonte di un valore d’uso illecito, assente nella valutazione della banca” (Dalla Pellegrina e altri).
Bisogna sottolineare che quest’interpretazione di molti studiosi non è condivisa da tutti. SOS Impresa, ad esempio, ha sempre professato prudenza quando si è accomunata l’usura alla criminalità organizzata. ‘Nella nostra esperienza, ormai decennale, raramente le vittime che si sono rivolte a noi (circa 1.000 contatti l’anno) avevano in essere rapporti usurari con esponenti legati alla criminalità organizzata. Da qui la convinzione che pensare all’usura come una delle attività mafiose è sembrata un luogo comune, come quello di accomunare usura e pizzo, il frutto di studi condotti a tavolino senza «sporcarsi le mani» con il mondo dello strozzo” (Rapporto SOS Impresa 2005).
Lo stesso Rapporto di SOS Impresa indica come, negli ultimi anni, il numero delle denunce per i reati di usura sia in costante diminuzione, anche se evidenzia che “non rispondenti alla vastità del fenomeno, che è invece in netta ripresa”. Solo un’anima pia, infatti, può pensare che ciò avvenga per un’effettiva riduzione dei reati, anche se è necessario ripetere che l’aspetto quantitativo delle denunce ufficiali rappresenta il punto di partenza per un’analisi del fenomeno. Nel rapporto è riportata una tabella di fonte Istat, relativa ai procedimenti per usura nel periodo
1998-2004.

86

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004* 2004**
Regioni
Piemonte 64 79 53 50 48 77 34 62
Vai D’Aosta 5 12 3 2 4 3 4 7
Lombardia 113 117 72 68 83 96 58 106
Trentino A.A lI 7 3 3 0 2 1 2
Veneto 40 31 15 30 30 25 7 12
FriuiiV.G. 11 14 8 12 16 21 10 18
Liguria 50 43 19 19
25 26 10 18
EmiliaR. 36 33 24 25 23 17 17 31
Toscana 65 75 32 49 34 41 17 31
Umbria 25 11 1 16 11 13 8 14
Marche 17 17 11 9 4 14 6 11
Lazio 239 166 144 175 149 119 70 128
Abruzzo 41 45 19 41 26 22 21 38
Mouse 17 15 11 13 18 6 2 4
Campania 143 116 66 114 127 68 39 71
Puglia 87 77 46 56 50 54 40 73
Basilicata 17 10 1 8 8 7 3 6
Calabria 47 54 47 54 47 39 28 51
Sicilia 164 143 79 87 74 83 40 73
Sardegna 21 15
9 10 15 6 7 12
Italia 1.213 1.080 663 841 792
739 422 768
* gennaio - giugno; ** proiezione 2004
Un’ulteriore tabella, riportata dal Rapporto SOS Impresa 2005, rielaborata dalla Confesercenti su dati Istat, inquadra il numero delle denunce e delle persone denunciate nel periodo 1990-2003.
Anni 1990 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003
Denunce 180 1.486 1.194 1.213 1.080 663 841 792 739
Personedenunciate 2.361 1.638 1.185 1.115 852 977 981 860
Analizzando la serie storica delle graduatorie delle città in cui è stato registrato il maggior numero di denunce per il reato di usura, è possibile rilevare che, rispetto a questi dati, si tratta di un fenomeno pervasivo e stabile a Roma, Napoli, Catania e Catanzaro, ed una pratica molto diffusa a Palermo, Messina, Taranto, Bari, Frosinone e Pescara. In questa tabella, la provincia di Imperia non compare mai fra le prime venti interessate dal problema. Secondo gli estensori del Rapporto SOS Impresa 2005, però, ‘questo dato non rende bene il rischio usura in corso se non rapportato alla dimensione territoriale della provincia ed analizzato insieme al volume dei protesti, dei fallimenti, delle sofferenze bancarie che sono in crescita. Dalla combinazione di questi fattori è stato definito un modello QRU (Quoziente rischio usura), che permette di stilare una classifica delle città nelle quali il fenomeno rappresenta un allarme sociale. La graduatoria, oltre alle province già citate, evidenzia una situazione di particolare gravità anche in quelle di Rieti, Vibo Valentia e Campobasso”. Come si può osservare, la provincia di Imperia non fi 87

gura neppure fra le prime venticinque province considerate a “rischio usura” in base al criterio “QRU”.

Fra le motivazioni che possono concorrere a spiegare il basso numero di denunce per il reato di usura, oltre agli aspetti già ricordati di natura psicologica e, soprattutto, legati alla necessità impellente di liquidità da parte del potenziale usurato, è necessario sottolineare che “la capacità di contrastare sul piano penale l’usura rappresenta il punto debole della legge e dell’azione dello Stato. I tempi giudiziari registrano una lentezza d’inaudita gravità; nel 44 % dei casi il rinvio a giudizio arriva dopo due/quattro anni dalla denuncia, mentre per avere la sentenza di 1° grado la parte offesa, nel 70 % dei casi, deve attendere più di quattro anni. In alcune situazioni si registra un’attesa anche di sette/nove anni. La lentezza con cui si arriva a sentenza non rappresenta l’unica nota negativa, perché è l’intero iter giudiziario ad essere caratterizzato da lungaggini e rinvii da cui consegue spesso la prescrizione del reato per decorrenza dei termini. Si chiude così il 20 % dei processi, mentre, solo nel 58 % dei casi il processo per usura si conclude con una condanna. Quasi tutti i condannati per reati di usura (pena massima i anno e sei mesi) rimangono però a piede libero, perché patteggiano, ovvero si avvalgono delle attenuanti. In nessun caso vengono applicate le misure di restrizione patrimoniale” (Rapporto SOS Impresa 2005).

88

umero
.
rogressivo

.
Citta

Quoziente
.
rischio usura

1.

Pescara

28,05

2.

Siracusa

22,69

3.

Messina

20,46

4.

Catanzaro

20,06

5.

Rieti

19,60

6.

ViboV.

18,82

7.

Lecce

17,94

8.

Taranto

16,50

9.

Reggio C.

15,99

1

Campobasso

14,71

11.
12.

Genova

13,62

11,60

13.

Latina

11,05

14.

Catania_____

10,80

15.

Cosenza

10,22

16.

Foggia

10,16

17.

Palermo

9,21

18.

Torino

9,20

19

Benevento

9,07

20.

8,77
Salerno
__ 8,73

21.

22.

8,27

23.

Matera 7,34

24.

A rigento 7,33

25.

Frosinone 7,21

D’altra parte, a detta di molti esperti, la legge n. 251 del 5 dicembre 2005 in tema di modifiche alla recidiva ed alla prescrizione in tema di usura ed associazione mafiosa non migliorerà la situazione, né per le vittime ne per la lotta alla criminalità. Come ricorda ancora il Rapporto SOS Impresa 2005, essa “contiene, al suo interno, una serie di norme che modificano in maniera determinante alcuni importanti istituti del nostro diritto penale, come la prescrizione e la recidiva, abbassando ulteriormente i termini di prescrizione per reati non secondari e, in alcuni casi, fonte di allarme sociale. La corruzione, l’usura, il favoreggiamento, il furto aggravato, l’associazione mafiosa ed altri vedono, da una parte, un aumento della pena massima detentiva accompagnata. però. da un nuovo meccanismo di calcolo dei termini della prescrizione, che ne riduce fortemente la durata. La Corte di Cassazione ha individuato in 9 anni il tempo medio di durata dei processi per reati puniti con una pena compresa tra 5 e 8 anni che giungono al vaglio della Corte stessa. Mentre per l’Appello occorrono mediarnente sette anni e mezzo. L’usura è un caso embiematico: soffre del grave limite di una difficoltà intrinseca nella ricostruzione delle prove ed i processi durano mediamente oltre gli Otto anni”. In questo quadro, il reato d’usura può andare incontro alla prescrizione in sette anni e mezzo, vedendo dimezzati gli attuali quindici anni previsti dalla legge 108 dcl 1996. “Il reato di usura, già di per sé in larga parte non colpito, sarebbe di fatto estinto, improcedibile”. A proposito del reato di corruzione, bisogna ricordare che gli interventi legislativi del precedente Governo ne hanno ridotto notevolmente i termini per la prescrizione, ed è stato fatto notare che “quando la montagna di carte diventa enorme e i ‘udienza preliminare si trascina per tempi lunghi, si arriva facilmente ad una prescrizione che solo chi è in mala fede considera un ‘assoluzione”.
Relativamente al reato di estorsione, “il racket è un’attività criminale generalmente volta ad ottenere da un operatore economico il pagamento periodico di una certa somma in cambio dell’offerta di «protezione» da una serie di intimidazioni che, in realtà, è lo stesso proponente a mettere in atto. Questa forma di estorsione è un fenomeno assai diffuso, generalmente sommerso e per molto tempo sottovalutato, tanto da essere considerato un fatto quasi normale, un affare «privato» delle vittime oppure qualcosa di secondario fra le varie attività della criminalità organizzata, in particolare mafiosa. In realtà, il pizzo è la più antica attività della mafia, la base della sua attività criminale: un sicuro strumento economico per mantenere l’organizzazione e per acquisire capitali da reinvestire in altre attività criminali o nell’economia legale; il modo più efficace per esercitare il controllo sul territorio. Il rackct si concentra nel Sud, dove la criminalità mafiosa e carnorrista condizionano storicamente la vita e la sicurezza di molti cittadini e ne limitano la libertà d’impresa e di sviluppo; ma, negli ultimi tempi il fenomeno si è e- steso ad altre regioni del Paese” (Ministero dell’Interno, Commissariato antiracket ed antiusura). A proposito di questo reato, è possibile osservare dalla seguente tabella, relativa ai procedimenti aperti per il reato di estorsione nel periodo 1998-2004 (Rapporto SOS Impresa 2005) che le denunce non presentano la stessa riduzione riscontrata per quanto riguarda il reato di usura.

89

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004* 2004**
Regione
Piemonte 520 481 355 442
485 507 254 515
Valle d’Aosta 7 10 8 6 8 5 4 7
Lombardia 794 951 689 787 888 921 493 960
TrentinoA.A. 54 55 42 46 54 41 17 36
Veneto 258 308 206 273 266 247 148 288
FriuliV.G. 73 90 56 81 108 118
42 106
Liguria 169 212 135 142 150 163 77 157
EmiliaR. 520 481
221 241 306 268 152 295
Toscana 317 359 213 225 306 270 139 278
Umbria 72 76 37 70 55 66 50 91
Marche 113 102 70 110 93 99 53 107
Lazio 748 570 530 538 627 596 298 605
Abruzzo 162 142 117 170 146 146 70 142
Molise 56 47 28 55 32 32 18 33
Campania 1406 1411 1136 1348 1439 1449 815 1599
Puglia
1231 1310 741 854 935 816 456 895
Basilicata 75 95 68 82 83 94 53 103
Calabria 604 749 659 694 776 713 344 727
Sicilia 1609 1281 1062 1131 1133 1218 661 1346
Sardegna 271 254 131 163 147 188 77 162
TOTALE 8890 8800 6503 7458 8240 7948 4229 8452
* gennaio - giugno 2004; ** proiezione 2004
Anche il racket, pur nella semplicità della brutalità e della violenza con cui si realizza, nasconde le “finezze” di un “sistema” e delle sue modalità di assestamento. Come sottolinea Tano Grasso, citato nel Rapporto SOS Impresa 2005, ‘il moltiplicarsi in tempi ristretti di atti intimidatori, infatti, può esprimere sia dinamiche interne al mondo criminale volte a definire nuovi equilibri e nuove supremazie, ma essere sintomatico di una consolidata acquiescenza ai condizionamenti mafiosi da parte del mondo imprenditoriale. L’atto intimidatorio ha senso solo perché tende a piegare una resistenza: se tutto è definito, se le relazioni in campo tra imprese e camorra sono già date, a che serve compiere atti clamorosi che hanno l’unico effetto di richiamare l’attenzione delle forze dell’ordine e della magistratura
?“.

90

Per disporre di un quadro più indicativo dell’incidenza di fatti estortivi in una determinata provincia, gli estensori del Rapporto SOS Impresa 2005 hanno studiato un modello che, incrociando i dati delle denunce con quelli di altri reati sintomatici di intimidazioni alle aziende e di richieste di pizzo quali gli incendi dolosi e gli attentati dinamitardi, permette di ricavare l’indice “ISE” (Indice sintomatico di fatti estorsivi) che, a loro avviso, fornisce un quadro più verosimile dell’incidenza dcl fenomeno estorsivo in una data provincia, basandosi su reati effettivamente denunciati nell’ambito di un’attività criminosa in gran parte sommersa. Secondo quest’indice, è stato possibile tracciare la seguente graduatoria delle 20 province italiane maggiormente interessate dal fenomeno.

Come evidenzia Ciconte, la truffa sostituisce l’estorsione negli ambienti che si presentano ancora ostili per i mafiosi. Inoltre, questo tipo di reato non è considerato fra quelli in grado di generare un senso di insicurezza fra la popolazione. ‘Eppure. l’insidia è del tutto evidente, perché attraverso i meccanismi che presiedono all’ideazione, alla messa in opera delle truffe e dei fallimenti, con tutto il corollario della ricettazione, la criminalità organizzata riesce non solo a guadagnare soldi illegalmente ma, quel che è peggio, riesce ad entrare in contatto con vari professionisti - con una spiccata preferenza per gli esponenti dcl mondo bancario - coinvolgendoli in attività illegali che possono considerarsi come rientranti a pieno titolo nelle attività mafiose. Questi professionisti sono gli uominicerniera, personaggi di straordinaria importanza per l’aggressione mafiosa al tessuto economico ed imprenditoriale dei nuovi territori oggi rappresentati dai mercati finanziari dove circola e si scambia denaro in grandi quantità. Gli uomini-

91

N. progr.

.
Città

Denunce

Incendi
dolosi

Attentati dinamitardi

Totale

ISE

I

ViboV.

9

118

149

276

16,2

2

Caltanissetta

29

278

113

420

15,4

3


49

301

228

578

10,2

4.

Messina

90
9

_jj_
77 41


9,5

5.

Crotone


127

7,3

6

Enna______

11

110

3


7,0

7.

Siracusa

65

203

6

274

6,9

8

Catanzaro

99

84

67

250

6,7

9.

Palermo

57

686

37

780

6,3

10

Lecce

52

239

81

372

6,2

11


28

393

35


5,9

12.

Brindisi

58

133

41

232

5,7

13.

Cosenza

91

289

31

411

5,6

14


43

107



5,0

15.

gg__

100

202

35

337

4,8

16.


29

177

7

213

4,7

17


28

113

53

194

4,5


89

182

26

383

4,4

18.


19.

Benevento





4,2

20.


99

411

53

563

3,5

20.

Catania

125

237

15


3,5

cerniera sono un punto di forza delle strutture mafiose e invece per il sistema legale sono un grande punto di debolezza perché segnalano ed indicano la fragilità di un certo numero di rappresentanti di un ceto sociale che costituisce uno dei Capisaldi dello sviluppo economico della regione”.
Come noto, e come viene ricordato nel Rapporto SOS Impresa 2005, ‘oltre all’ agricoltura ed alla pesca, altri due settori subiscono il controllo asfissiante delle mafie: tutto il comparto delle costruzioni: (cave, movimento terra, materiali inerti, cemento e calcestruzzo) e l’autotrasporto. Storicamente è il controllo sistematico degli appalti pubblici, per mezzo della corruzione e dell’intimidazione, che ha trasformato la mafia contadina, «delle coppole storte», in quella imprenditrice e si conferma come un’attività primaria di tutte le mafie e di cosa nostra in particolare. La capacità di condizionare gli appalti pubblici, di imporre forniture e manodopera è evidenziata da numerose indagini che hanno riguardato, anche di recente, i lavori di ristrutturazione dell’aeroporto di Reggio Calabria, la Tav nella tratta Roma - Napoli, il riammodernamento della A3, definita comunemente «l’autostrada dei boss» per gli appalti e i sub appalti gestiti direttamente dai dan. Le indagini di polizia giudiziaria hanno evidenziato come il fenomeno sia esteso a tutto il Mezzogiorno e si avvalga di un’area grigia composta di fiancheggiatori e conniventi che consentono forte capacità di infiltrazione e scarsa esposizione”.
Le modifiche apportate negli anni più recenti alla legge Merloni dcl 1994 in tema di appalti pubblici facilitano le modalità operative delle organizzazioni criminali. Infatti, “la nuova legge aumenta la percentuale da attribuire ai subappalti: dal 30 % a una quota «non inferiore al 40 %», e per di più la rende obbligatoria. Già le stazioni appaltanti in Italia restano 24 mila, un numero che rende impossibili i controlli. Ora, l’attribuzione a un soggetto privato (il «general contractor») dell’intera gestione dell’appalto, diminuisce ancora la trasparenza e la visibilità dei processi. Nel Nord Italia sono molte le opere pubbliche in cantiere, dall’alta velocità ferroviaria alle autostrade, e la Commissione antimafia ha denunciato un nuovo fenomeno diffuso nelle aree di non tradizionale insediamento mafioso:
l’ingresso in scena della mafia albanese, che, grazie ai capitali accumulati con lo sfruttamento della prostituzione e il traffico di stupefacenti avrebbe iniziato a intervenire nel settore dell’intermediazione della mano d’opera. La Direzione nazionale antirnafia ha più volte indicato il subappalto come la via che consente alle organizzazioni criminali di appropriarsi della gestione concreta degli appalti, intervenendo sulla conduzione dcl cantiere” (Omicron, 38, 2002).
Per concludere questo panorama, è necessario fare riferimento al fenomeno, articolato e complesso, della contraffazione. Un fenomeno nei confronti del quale, da tempo, la criminalità organizzata ha manifestato il proprio interesse.
Come ricorda la Direzione centrale della Polizia criminale, “l’industria internazionale del crimine è alla ricerca di attività che presentino un’elevata redditività e un basso rischio imprenditoriale, caratteristiche tipiche proprio del business dcl falso; in tal senso, la contraffazione ha acquisito forte diffusione nel nostro Paese per la presenza di un’elevata domanda di «falsi», collegata a carenze legislative cd informative, al lassismo diffuso circa il rispetto delle norme e all’inadegua 92

tezza delle risposte repressive da parte delle Istituzioni, ai problemi di coordinamento tra i diversi attori coinvolti nella repressione del fenomeno e anche alla lievità delle sanzioni previste”.
La situazione è aggravata dal fatto che, soprattutto in zone del Paese caratterizzate per una bassa cultura della legalità e in costante carenza di occasioni di lavoro lecite, la possibilità di “lavorare” in strutture fornitrici dcl mercato parallelo viene percepita come “normale”. Questa realtà, inoltre, favorisce un ulteriore sfruttamento della manodopera, oltre che il mancato versamento di qualsiasi onere assicurativo e previdenziale. Questa situazione può spiegare la recente istituzione in Italia, nel 2004, di una banca dati multimediali costituita presso l’Agenzia delle Dogane, e, con la legge 14 maggio 2005 n. 80, dell’Alto Commissariato per la lotta alla contraffazione, istituzione che agisce in raccordo con le Forze di polizia, ed in particolare con la Guardia di Finanza.
Quest’ultima, nel rapporto annuale sull’attività svolta nel 2005, ha evidenziato che, nel corso dell’attività di contrasto alla contraffazione, sono stati oltre 16.000 gli interventi effettuati, quasi 600 le persone arrestate ed oltre 74 milioni gli articoli contraffatti sequestrati.
Nell’ambito dell’ultima edizione del Forum della Pubblica Amministrazione è stato presentato dall’Agenzia delle Dogane il progetto Falst aff (Fully Automated Logical System to Against Forgery & Froud), per la lotta alla contraffazione, definita “il lato oscuro del mercato della globalizzazione”, e valutata un fenomeno in constante crescita, che rappresenta il 7-10 % del commercio mondiale e colpisce tutti i settori produttivi.
Prima di noi, altri Paesi hanno cercato soluzioni ad un problema considerato di estrema gravità. I nostri vicini francesi, ad esempio, approvarono nel 1994 la legge del 5 febbraio, relativa alla repressione della contraffazione. A seguito di questa legge, nel 1995, fu creato il CNAC, Comité National Anti-Contrafaon, presieduto attualmente da Bernard Broclant, député-maire della vicina Cannes. Il Comitato - che riunisce i servizi pubblici direttamente coinvolti (dogana, polizia, gendarmeria, ministeri dell’Industria, della Giustizia, della Cultura eccetera) cd una quarantina di partner privati - si propone lo sviluppo di attività d’informazione, sensibilizzazione e formazione; il miglioramento dcl dispositivo esistente sia sul piano legislativo e regolamentare, sia in termini di applicazione e valutazione dei risultati ottenuti; il rinforzo delle attività di cooperazione a livello europeo ed internazionale, soprattutto nei confronti dei Paesi d’origine delle principali contraffazioni.
Precedentemente, nel 1954, era stato creato il Comité Colbert - che raggruppa una settantina di industrie francesi produttrici di prodotti “di lusso” - per rappresentare un punto di riferimento all’interno del settore del “lusso francese”, tutelarlo e condividere una stessa ambizione internazionale, una visione comune dell’importanza del saper fare, della creazione e dell’etica professionale.

93

Fra le più recenti normative, sono da sottolineare il Regolamento di base del Consiglio dell’Unione Europea n.1383/2003, adottato il 22 luglio 2003 ed il Regolamento della Commissione europea n. 1891 del 21 ottobre 2004, in cui vengono dettate le nuove misure normative intese a vietare l’introduzione, l’immissione, l’esportazione, la riesportazione e il collocamento di merci contraffatte.
La contraffazione si pone come punto di snodo fra l’economia sommersa, la criminalità diffusa e le attività del crimine organizzato transnazionalc, coinvolgendo piccoli criminali nostrani, famiglie criminali, immigrati, disoccupati e clienti sempre più invogliati dalla possibilità di risparmiare, “apparire” al di là del proprio essere e “fregare” lo Stato, massima aspirazione dell’italiano medio. La contraffazione, dunque, ingioba un danno per le imprese colpite, in termini economici e di immagine, e per le loro maestranze, un danno per lo Stato che perde entrate fiscali, [il danno per l’erario si aggirerebbe tra 1,2 e 1,8 miliardi di euro all’anno], un danno per le persone impiegate nel settore, quasi sempre non in regola o sottopagate e un danno per gli acquirenti, quando non informati della qualità del prodotto acquistato. Un ulteriore grave danno si verifica nei settori della contraffazione di farmaci, prodotti alimentari, strumenti ottici e medicali, pezzi di ricambio ed apparecchiature elettroniche, elettriche e meccaniche, in cui vengono messe direttamente a rischio la vita e la salute dei consumatori.
Per quanto riguarda la produzione e la commercializzazione di beni contraffatti, l’Italia occupa il primo posto in Europa ed il terzo nel mondo. Secondo stime effettuate, nel decennio 1991-2001, il volume mondiale del traffico avrebbe registrato un incremento del 1.600 % , con un fatturato di oltre 100 miliardi di dollari e una perdita di oltre 100.000 posti di lavoro regolari nella sola Unione Europea. La Direzione centrale della Polizia criminale valuta che i prodotti contraffatti siano valutabili tra il 7 % e il 9 % dell’intero commercio mondiale. Per quanto riguarda l’Italia, nel 2001, il valore delle merci contraffatte sequestrate ammontava a 12 milioni di euro ed a 13 milioni nell’anno successivo. Da parte sua, l’ICE, Istituto nazionale per il commercio estero, valuta in 7 miliardi di euro all’anno la perdita subita dalle aziende italiane a causa della contraffazione dei loro prodotti. Per quanto riguarda la provenienza dei prodotti contraffatti presenti sul nostro mercato interno, il 50 % viene fabbricato in Italia (il 70 % al Sud ed il 30 % nel Centro-nord).
A titolo di esempio, si può valutare il numero dei capi sequestrati nel settore del tessile, abbigliamento e pelletterie:
Anno N° capi sequestrati
1998 3.980.828
1999 3.886.023
2000 6.434.186
2001 7.425.197
2002 7.864.309
2003 10.321.436

94

A questo proposito, come ricorda ancora la Direzione centrale della Polizia criminale, “allorquando si effettuano sequestri di materiale contraffatto di ottima fattura ed in quantità industriale, tale merce, come dalle risultanze investigative vagliate anche dalla Magistratura, non è destinata alla vendita da strada quanto piuttosto alla rete ufficiale di distribuzione ditali manufatti”. Con oggetti qualitativarnentc inferiori e, comunque, in altri casi, “si tratta per lo più di bancarelle o punti vendita non in sede fissa, privi di autorizzazione, che operano all’interno e nelle immediate adiacenze di mercatini rionali oppure in aree ad elevata frequenza di traffico pedonale. L’attività di commercio abusivo viene esercitata in larga parte da cittadini extracomunitari (con gravi implicazioni per l’ordine e la sicurezza pubblica), quasi sempre controllati da organizzazioni criminali che provvedono all’approvvigionamento dei prodotti e alla custodia nei depositi”.
Al fenomeno della contraffazione si lega strettamente quello dell’abusivismo. Il Rapporto SOS Impresa 2005 calcola che “si possano stimare gli abusivi nel commercio in circa 400.000 operatori di cui 100.000 stagionali (3 su quattro sono stranieri), e, facendo una stima prudenziale degli incassi in 150 euro giornaliere, si possa valutare in 13 miliardi di euro il giro d’affari annuo che ruota intorno all’abusivismo, il 20 % del quale finisce soprattutto nelle tasche delle mafie straniere che controllano la produzione, la distribuzione e anche la vendita al minuto”. Nel settore dei fiori il giro d’affari del mercato abusivo è stimato in 500 milioni di euro.
Dalla Relazione sullo stato della lotta alla criminalità organizzata in Calabria del 2000 della Commissione parlamentare antimafia emerge il dato che “la presenza della ‘Ndrangheta al Nord si è via via intensificata negli anni, al punto da essere senza ombra di dubbio la struttura più diffusa e meglio radicata in regioni come la Lombardia e il Piemonte”. Il “metodo di lavoro”, riscontrato e documentato in atti giudiziari consiste nell’acquisizione di un settore economico, nel rafforzamento dci legami con il sistema bancario, nel mantenimento di legami con settori della pubblica amministrazione e, in alcuni casi, con la connivenza delle forze dell’ordine”. Una novità ‘apre scenari impensabili e interessanti. Ci sono, infatti, nuovi canali finanziari che vengono utilizzati da più soggetti che appartengono non solo alla criminalità organizzata, ma anche alla criminalità economica non mafiosa e ai comitati di affari legati alla corruzione della pubblica amministrazione’,.
Per quanto riguarda la presenza di eventuali forme di criminalità organizzata in Liguria e nel Comune di Ventimiglia, può essere utile fare riferimento alle Relazioni semestrali prodotte dalla DIA, Direzione Investigativa Antimafia, che, in alcuni casi si riferiscono in maniera generica ad intere regioni, in altri possono fornire indicazioni più specifiche.
Nella Relazione semestrale del 2° semestre 2000, viene riportato che “le più recenti risultanze info-investigative confermano ulteriormente l’espansione dci presidi criminali riconducibili al fenomeno ‘ndranghetistico sull’intero territorio nazionale, in particolare in Lombardia, Piemonte, Liguria, Toscana, Lazio ed Um 95

bria, ove la presenza di personaggi calabresi si è fatta sempre più qualificata sia sotto il profilo dello spessore dei soggetti insediati che per il livello delle attività criminali espletate. Spesso dette attività vengono condotte in collaborazione con le locali consorterie criminali le quali, in alcuni casi, operano in stato di totale o parziale subordinazione, consentendo alle cosche un controllo capillare del territorio anche in aree storicamente estranee al fenomeno”.
Gli stessi concetti si ritrovano nella relazione del semestre successivo: “le recenti cronache giudiziarie testimoniano il consolidamento di presidi criminali in aree estranee al contesto regionale calabrese, costituite da vere e proprie proiezioni delle famiglie mafiose di origine. Così, tra le principali in Lombardia, Liguria, Piemonte e Toscana. Gli attuali standard organizzativi hanno consentito l’acquisizione di ingenti introiti finanziari in grado di sviluppare, accanto ai tradizionali business, attività di natura imprenditoriali, apparentemente lecite, che si prestano a costituire veicoli d’infiltrazione della malavita all’interno del sistema economico” (Relazione sernestrale, 1° semestre 2001).
L’attività di contrasto conseguente alla presenza di queste forme di criminalità nella regione è confermata dalla segnalata collaborazione con la polizia francese atta a concretizzare attività di monitoraggio tendenti a verificare la potenziale in- filtrazione di personaggi di spicco della ‘ndrangheta insidiatisi nella regione Liguria” (Relazione sernestrale, 10 semestre 2002).
Nei rapporti successivi, ancora la DIA evidenzia che “ulteriori insediamenti di personaggi criminali calabresi sono, infine, localizzati nelle aree di Ventimiglia (Imperia) e di Sarzana (La Spezia), Ortonovo, Ameglia e Arcola, caratterizzate dalla presenza di numerose comunità di immigrati calabresi”. (Relazione semestrale, 2° semestre 2002).
Inoltre, “la Liguria ospita una nutrita colonia di calabresi, al cui interno sono presenti elementi o intere famiglie riconducibili alla ‘ndrangheta. Questa presenza si configura secondo due diverse tipologie: la prima, dedita in gran parte allo spaccio di stupefacenti e a modeste attività estorsive; la seconda è costituita da interi nuclei familiari che, giunti in precarie condizioni economiche, in pochi anni si sono affermati nei più disparati settori dcll’imprenditoria, quali l’edilizia, la ristorazione e lo smaltimento dci rifiuti, con l’impegno di ingenti capitali di dubbia provenienza. Tali ultimi gruppi, a composizione rigidamente familiare, si sono aggiudicati appalti pubblici, conseguendo, nel contempo, una definitiva riabilitazione sociale” (Relazione semestrale, 2° volume 2° semestre 2003).
Infine, a proposito della presenza della ndrangheta calabrese, la DIA riferisce che ‘la Liguria è uno dei punti “caldi” per le operazioni di riciclaggio dei sodalizi mafiosi calabresi. Ventimiglia (IM) è un punto nevralgico per i collegamenti con le cosche stanziali in Calabria” (Relazione semestrale, 2° semestre 2004).

96

Per completare il quadro relativo alla specifica realtà locale, si deve segnalare che, sempre nella Relazione semestrale, 2°volumc 2° semestre 2003, nella rappresentazione grafica relativa alle “principali proiezioni fuori regione delle cosche calabresi”, Ventimiglia viene citata per la presenza di una non meglio identificata cosca ‘locale”.
La DIA ricorda anche le segnalazioni di operazioni sospette pervenute da parte dell’Ufficio Italiano Cambi, come previsto dall’art. 3 della legge 197/9 1. In Liguria, nel 2° semestre del 2002 sono state 56 su un totale di 2876 (1,95 %) e su 1578 (3,55 %) nel solo nord Italia. Nel 2° semestre dcl 2003 sono state 69 su un totale di 2481 (2,78 %) e su 1507 (4,58 %) nel solo nord Italia (Relazioni semestrali, 2° semestre 2002 e 2° semestre 2003).
Uno degli intervistati ha messo in evidenza la difficoltà di vivere ed operare in “una realtà lontana, ai confini dell ‘Impero, sia relativamente a Genova, sia a Roma”, ed ha ricordato come, da sempre la Direzione nazionale antimafia abbia considerato quella di Imperia una provincia pericolosa, guardando con un occhio di riguardo i contatti fra la Calabria e la Liguria. Da sempre è stato difficile separare le attività lecite da quelle illecite, con un conseguente calo di attenzione per l’insieme dei fenomeni. Questa situazione di difficoltà si è aggravata negli ultimi anni, quando, con le politiche messe in atto dal governo di centro-destra, si è arrivati “all ‘estinzione della categoria dei collaboratori di giustizia”. Le stesse politiche, peraltro, che hanno svuotato la DIA di risorse e dinamismo.
Queste indicazioni di carattere generale trovano conferma in documenti più specifici, che fanno riferimento a specifici episodi riferiti alla realtà locale.
Una richiesta di rinvio a giudizio per una quarantina di persone da parte della procura della Repubblica presso il tribunale di Genova del 1995 si fondava sulla seguente motivazione: “per aver promosso, diretto ed organizzato una associazione di tipo mafioso denominata «ndrangheta», operante prevalentemente nella provincia di Imperia e formata essenzialmente da persone di origine calabrese legate ad organizzazioni criminali insediate in Calabria, avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettarnento e di omertà che ne deriva per commettere delitti di traffico di sostanze stupefacenti, tentati omicidi e lesioni, rapine, estorsione, usura, porto e detenzione di armi anche da guerra e di esplosivi, per acquisire in modo diretto ed indiretto la gestione o, comunque, il controllo di attività economiche, concessioni, autorizzazioni, appalti, servizi pubblici nonché per realizzare profitti e vantaggi ingiusti. Con le aggravanti richiamate, trattandosi di associazione armata e per aver finanziato le attività economiche controllate con il prezzo, il prodotto e il profitto di delitti”.
È significativo aggiungere che l’attività, protrattasi per una quindicina d’anni nell’ultima parte del secolo scorso, era avvenuta anche a Ventimiglia, dove peraltro risiedevano alcuni degli imputati. L’analisi dei cognomi, delle date e dei luoghi di nascita di costoro permette di apprezzarne i legami parentali, l’origine calabrese ed i meccanismi di spostamento e di impianto nell’estremo ponente, già precedentemente descritti in maniera teorica e generica.

97

Lo stesso documento ricordava che, “‘da alcuni decenni, la Provincia di Imperia e parte di quella di Savona sono oggetto di costante capillare infiltrazione da parte di cosche di origine calabrese che, in queste zone, hanno posto salde radici. Approfittando della folta presenza, in varie zone del ponente ligure, di immigrati di origine calabrese oggi pienamente inseriti nella preesistcntc comunità e dediti ad attività lavorative ed economiche del tutto oneste e legali, gli appartenenti alle cosche della ‘ndrangheta hanno trovato un terreno fertile per la loro opera di intrusione nel territorio, per attivare una costante penetrazione ed un capillare controllo delle attività criminali, per fare di queste zone una riserva territoriale lontana dalle attività investigative più attive ma non per questo meno importante dal punto di vista dell’utilità apportata alle varie organizzazioni di provenienza. Questa penetrazione è potuta avvenire in modo praticamente incontrastato per più ordini di ragioni:
- innanzitutto la struttura stessa della mafia calabrese (comunemente denominata ‘ndrangheta) ha reso possibile il radicarsi delle varie cosche in modo assolutamente non appariscente. Com’è noto, la ‘ndrangheta - a differenza della mafia siciliana - non ha una struttura verticale ed un vertice che tutto dirige e regola. Al contrario, è una struttura orizzontale formata da tante organizzazioni sparse sul territorio e denominate “Locali”. I singoli “Locali” possono collegarsi tra di loro - e il più delle volte ciò avviene - in un organismo superiore denominato ‘“Crimine”, nel quale sono rappresentati tutti i “‘Locali” che ne fanno parte. Ma quest’organismo è soltanto un organo di collegamento tra le organizzazioni territoriali e non il vertice dell’organizzazione; ovviamente, l’autonomia tra le varie organizzazioni rende più difficile il contrasto investigativo da parte delle forze dell’ordine e dell’autorità giudiziaria, e lo svelamento della struttura associativa è spesso addirittura impossibile;
-in secondo luogo, il radicamento in Liguria della “ndrangheta è avvenuto con forme e modalità tali da evitare che l’attenzione delle forze di polizia venisse richiamata sulle attività delle cosche. I fatti di sangue ascrivibili alle cosche operanti nella zona sono numericamente limitati (ove si consideri quanto è successo in Calabria); si sono evitate contrapposizioni sanguinarie con le opposte organizzazioni che tentavano di assumere il controllo delle attività criminali della zona (si veda quanto è avvenuto a Sanremo, dove l’insediamento di appartenenti alla Nuova famiglia e il contemporaneo allontanamento degli esponenti della ‘ndrangheta dalle attività economiche precedentemente controllate - per esempio, i prestiti ad usura nel Casinò e fuori - è avvenuto in modo quasi indolore; forse addirittura concordato); dopo gli iniziali coinvolgimenti in fatti clamorosi, come i sequestri di persona, gli appartenenti alle organizzazioni liguri hanno evitato accuratamente ogni coinvolgimento in attività più lucrose ma più eclatanti. sempre nella logica indicata;
-la terza ragione per la quale questa presenza è rimasta a livello quasi sotterraneo è costituita dalla capacità che queste organizzazioni hanno avuto di operare praticamente su un duplice livello; quello illegale sottostante e uno legale di copertura. Livello legale che veniva svolto con l’esercizio di attività economiche svolte spesso con la compiacente complicità delle amministrazioni locali, i cui rappresentanti elettivi chiedevano ed ottenevano l’appoggio esplicito delle organizzazioni criminali calabresi”.
98

L —

Anche il traffico di autovetture rubate, che è stato segnalato avvenire quotidianamente in direzione Italia-Francia, viene portato ad esempio dell’esistenza di vere e proprie strutture di criminalità organizzata, le sole capaci di gestire l’insieme di una organizzazione così capillare e complessa. “L ‘invenzione continua di nuovi sistemi ed accorgimenti per far passare queste auto denota il fatto che si tratta di reati commessi dalla criminalità organizzata, non sempre riconosciuta per una sorta di buonismo dei Tribunali”.
Per concludere questa esposizione e completare l’inquadramento della realtà in
oggetto all’interno della regione Liguria,, si può citare quanto è stato scritto nella
Relazione del Dipartimento della Pubblica Sicurezza al Parlamento per l’anno
2003.
“La particolare configurazione geografica della Regione, la vicinanza alle frontiere, il lungo tratto costiero e la presenza di importanti scali portuali e aeroportuali, rappresentano motivi d’attrazione per la criminalità organizzata nazionale. Inoltre, il notevole sviluppo raggiunto, nelle attività legate al turismo, all’imprenditoria e alla floricoltura, che garantiscono un diffuso benessere, è un ulteriore elemento di richiamo per soggetti malavitosi perché offre opportunità di stringere legami tra sodalizi anche di spessore internazionale. Il porto di Genova, in particolare, ha affermato il proprio ruolo strategico all’interno delle rotte marittime del narcotraffico che legano il Sud America all’Europa.
Nell’area sono storicamente presenti aggregati malavitosi di origine calabrese, siciliana, campana e pugliese che hanno rapporti di collaborazione con i gruppi autoctoni e mantengono stretti legami con i dan delle aree di origine e le organizzazioni criminali delle regioni limitrofe. La criminalità diffusa, interessata alla commissione di reati contro il patrimonio, al piccolo spaccio di sostanze stupefacenti e, in genere, alla consumazione di reati predatori, completa il quadro criminale apparentemente scevro, comunque, da conflitti violenti tra le citate componenti.
I rapporti tra la delinquenza autoctona e quella organizzata si sono concretizzati, soprattutto, nei settori del traffico e dello spaccio di sostanze stupefacenti.
Per questo settore, si segnala che, nell’anno 2003, sono stati sequestrati kg 2.823,206 di sostanze stupefacenti (+21,57% rispetto al 2002) e sono state segnalate 1.103 persone 816 delle quali in stato di arresto.
La «‘Ndrangheta» ha qui cercato progressivamente di riprodurre i meccanismi operativi e funzionali già sperimentati nelle aree d’origine, al fine di assicurarsi l’acquisizione di mercati e la presenza di organizzazioni logistico-strategiche nelle aree ove insistono i propri interessi sviluppando, nel contempo, relazioni operative con proprie similari strutture esistenti in Piemonte ed in Lombardia.
Parrebbe, invece, fuori luogo il riferimento ad una volontà tesa ad ogni forma di controllo del territorio imposto tramite l’intimidazione diffusa e il vincolo di omertà. Sul territorio ligure operano alcuni «locali» della «‘Ndrangheta», vale a dire strutture organizzate e articolate a loro volta in «‘ndrine». I «locali» liguri svolgono un ruolo equilibratore con funzioni di comando e controllo, nonché di coordinamento o pacificazione qualora le circostanze lo rendano necessario.

99

In particolare, si possono annoverare i «locali» di Ventimiglia, Genova, Lavagna, Sanrerno, Rapallo, Imperia, Savona, Sarzana e Taggia. Tra di essi, il «locale» di Ventimiglia si distinguerebbe anche per il ruolo di equilibratore tra le istanze delle articolazioni paritetiche, per le funzioni di coordinamento delle attività della «‘Ndranghcta» in Liguria e nel basso Piemonte, nonché per essere un qualificato punto di collegamento con i sodalizi presenti in territorio francese, a Nizza, Antibes e Mentone.
Pur rilevandosi una presenza più consistente di rappresentanti della comunità della Piana di Gioia Tauro e di Reggio Calabria, nel Ponente e di soggetti della costa ionica calabrese, nel Levante, si osserva che l’importanza dell’appartenenza alle matrici originarie si attenua di fronte alla dinamica affaristica criminale.
Nella Riviera di Levante è riscontrata la presenza di soggetti catanzaresi e crotonesi, subordinatamente collegati a esponenti reggini, attivi nel capoluogo ligure.
Le principali attività illecite gestite dalla «Mafia» calabrese sono il traffico internazionale di sostanze stupefacenti, attraverso i collaudati canali di importazione (dal Marocco tramite la Spagna e la Francia, dal Sud America tramite l’Olanda), il controllo del gioco d’azzardo, lo sfruttamento della prostituzione, l’infiltrazione nei settori economici e finanziari legati agli appalti, l’edilizia, lo smaltimento dei rifiuti ed la partecipazione in società ed imprese anche commerciali.
La criminalità organizzata siciliana è rappresentata nella Regione, da soggetti, per lo più di origine nissena, che fanno riferimento alla famiglia di Giuseppe Madonia, con interessi nel narcotraffico e nel gioco d’azzardo.
Il porto di Genova, per la sua importanza commerciale, ha attratto sul territorio ligure anche gruppi criminali campani e pugliesi, attivi nel contrabbando del t.l.e. e nel traffico di stupefacenti. Non è, comunque, da sottacere la posizione di rilievo mantenuta dagli scali portuali della provincia di Savona nel settore del traffico internazionale di stupefacenti.
Particolare interesse riveste l’attività di riciclaggio e di reinvestimento di denaro operato da esponenti della «Carnorra» nella Riviera di Ponente ed in Costa Azzurra. Sono state anche registrate operazioni di riciclaggio riferibili all’ambito forovivaistico e al giro di prestiti a tassi usurari ai giocatori senza liquidità, attratti dal Casinò di San Remo. Ulteriori tracce di gruppi criminali collegati alla «Camorra» napoletana operante in vari settori (video poker, spaccio di sostanze stupefacenti e sfruttamento della prostituzione) sono state censite nella provincia di La Spezia, con collegamenti con paritetiche articolazioni operanti nel nord della Toscana.
E, infine, di interesse comune per tutti i sodalizi criminali, a motivo dell’elevata resa economica e del basso rischio, lo sfruttamento del gioco d’azzardo all’interno delle bische clandestine e la gestione dei video-poker.
Sono presenti sul territorio regionale malavitosi albanesi, nigeriani, cinesi, e nordafricani. La loro attività si svolge attraverso alleanze d’affari e iniziative slegate da quelle dei sodalizi mafiosi storicamente presenti nel territorio.
Tra le organizzazioni criminali del capoluogo e del savonese, particolare attenzione suscitano quelle di origine albanese, pericolose per la violenza e la determinazione con cui perseguono i propri fini illeciti, (prevalentemente nel settore

100

del traffico internazionale di droga, con il sostegno dei sodalizi calabresi e, in modo sempre più organizzato, anche nello sfruttamento della prostituzione e nella gestione della manodopera di propri connazionali). I proventi conseguiti nelle attività illegali sono in parte utilizzati per aumentare la competitività nel mercato criminale (finanziando operazioni sempre più ampie e transnazionali), in parte reinvestiti in Albania, con speculazioni altamente remunerativc. I gruppi criminali organizzati di origine cinese si distinguono nel controllo e nello sfruttamento dei flussi migratori illegali di propri connazionali (anche con modalità particolarmente aggressive) introdotti nel territorio dello Stato attraverso la frontiera italo-slovena, con l’utilizzo di una complessa rete organizzativa criminale avente diramazioni in Lombardia, Emilia Romagna e in altri Stati europei.
Le organizzazioni criminali nigeriane hanno privilegiato lo sfruttamento della prostituzione di proprie connazionali e lo spaccio di sostanze stupefacenti attuato, in prevalenza, nel capoluogo e nella provincia di La Spezia.
E
’ stata segnalata anche la presenza, soprattutto nelle province di Imperia e La Spezia, di gruppi criminali provenienti dal Maghreb, attivi nei settori dello spaccio di sostanze stupefacenti, dell’immigrazione clandestina, dello sfruttamento della prostituzione e dei reati predatori. L’area regionale. infine, è utilizzata per il transito di curdi diretti in Francia e Germania [...j Nella provincia di Imperia sono presenti pregiudicati calabresi e campani che agiscono in collegamento con i gruppi di appartenenza dell’area d’origine, assumendone spesso le veci di mandatari locali anche per attività criminali da sviluppare nei Paesi d’oltralpe, come ad esempio Francia e Spagna. A tal proposito, è da citare un gruppo calabrese operante in Taggia responsabile della gestione di un ramificato traffico internazionale di armi e droga, unitamente a cosche operanti in Lombardia e Piemonte. Più in particolare la presenza ‘ndranghetista è evidente:
- nei comuni di Diano Marina e San Bartolomeo a Mare, ove soggetti calabresi avrebbero tentato di acquisire licenze nel settore del commercio ambulante;
- in San Remo, ove gruppi calabresi in ascesa starebbero superando la tradizionale competitività con i dan camorristici. Questi ultimi tuttora, molto attivi nel mercato florovivaistico ove da anni tentano di radicare interessi criminali simili a quelli sviluppati intorno all’analogo mercato di Pompei;
- in Ventimiglia, ove, da tempo, le cosche reggine hanno costituito strutturate proiezioni per il traffico di droga e per attività di supporto a latitanti, anche in territorio francese”.
Per quanto riguarda in particolare la provincia di Imperia, “nel corso dell’anno
2003 sono state effettuate le seguenti attività ai sensi dell’art.17 della legge 26
marzo 2001 n. 128:
- ricettazione: 130 operazioni condotte, 92 reati scoperti, 4 persone arrestate e 279 persone denunciate in s.l.;
- delitti concernenti armi ed esplosivi: 55 operazioni condotte, 53 reati scoperti, 2 persone arrestate e 44 persone denunciate in s.l.;
- adozione del piano coordinato di controllo del territorio.
Operazioni di polizia più significative:

101

- 29 gennaio - Sanremo - Personale della Polizia di Stato ha tratto in arresto 6 persone, di cui 4 calabresi, responsabili di associazione per delinquere finalizzata alla fraudolenta realizzazione cd al conseguente utilizzo di carte di credito false; tra gli arrestati un noto affiliato alla cosca «Pesce»;
- 5 agosto - Sanremo - Operazione «Sfinge» - Militari dell’Arma dei Carabinieri, hanno arrestato 5 persone e ne hanno denunciate altre 6, tutte coinvolte, a vario titolo, in un traffico di sostanze stupefacenti. Il sodalizio criminale era in contatto con le cosche ioniche della «‘Ndranghcta»;
- 11 settembre - Ventimiglia - Militari della Guardia di Finanza hanno tratto in arresto una persona trovata in possesso di kg. 20 di eroina;
- 25 settembre - Ventimiglia - Militari della Guardia di Finanza, durante un controllo su un TIR proveniente dalla Spagna, hanno rinvenuto e sequestrato kg. 50 di cocaina, procedendo all’arresto dci due cittadini italiani a bordo del veicolo”.
Inoltre, in collaborazione con la questura di Verona, ‘il 14 marzo sono stati effettuati numerosi arresti di componenti di un’organizzazione italo-rumena dedita al traffico di sostanze stupefacenti e di armi”.
Da parte sua, il Rapporto Ecomafia 2001 redatto da Legambiente, sottolinea il fatto che “la Liguria è da tempo considerata una delle regioni del Nord Italia maggiormente coinvolte nei traffici e smaltimenti illegali di rifiuti che si muovono lungo la penisola. Già nella scorsa edizione del Rapporto Ecomafia, Legainbiente aveva richiamato l’attenzione sull’esigenza di innalzare le attività di controllo e monitoraggio svolte dalle istituzioni e dalle forze dell’ordine. Un’esigenza che viene ribadita anche quest’anno, anche in base ai risultati delle indagine condotte dalle forze di polizia nel corso dcl 2000 sul fronte degli smaltirnenti illegali di rifiuti”. Per limitarsi alla zona di nostri interesse, viene ricordato che “una discarica è stata posta sotto sequestro dai Carabinieri di Ventimiglia insieme con il Noe di Genova. In un’area del comune di Bevera, in provincia di Imperia, sono stati trovati abbandonati rifiuti solidi urbani, inerti, elettrodomestici cd altri residui ferrosi. I carabinieri dovranno accertare se lo scarico dei rifiuti avvenisse dietro pagamento, visto che nel terreno si recavano a scaricare camion, furgoni e altri mezzi pesanti”.
Fra i fenomeni di criminalità che interessano in maniera specifica la città di Ventimiglia, si può segnalare quello relativo all’utilizzo fraudolento di carte di credito rubate o donate. In particolar modo, a detta di uno dei testimoni privilegiati, la realtà commerciale di Ventimiglia - concentrazione di esercizi, saturazione di clienti e vicinanza con il territorio francese - favorisce l’utilizzo fraudolento di carte di credito rubate o donate.
Recenti analisi effettuate oltralpe, hanno localizzato circa il 50 % di questo reato sulla costa ligure. Un’analisi effettuata da uno dei più importanti istituti di credito francesi, relativo al trimestre marzo-maggio 2006, ha messo in evidenza il fatto che, con questo strumento, sono stati frodati 62.000 €, di cui 32.000 nella sola Liguria; di questi, 25.500 in provincia di Imperia e 19.300 € nella sola città di Ventimiglia.

102

Il documento evidenzia anche che questa situazione é facilitata dal comportamento italiano, che sta adeguandosi con molta lentezza alle nuove norme EMV di sicurezza relative alla sicurezza delle carte bancarie: mentre in Francia l’adeguamento dci diversi terminali è fra l’84 % ed il 99,5 %, gli stessi valori per l’Italia arrivano all’ 1 % ed allo 0,8 %.
I negozi in cui queste carte sono state usate, ed i cui operatori possono essere definiti con una gamma di aggettivi che va da “molto indaffarati” a “distratti” a “compiacenti” a “conniventi”, sono stati 195 in Liguria, 148 in provincia di Imperia e 78 solo a Ventimiglia. Un unico negozio di Ventimiglia ha consentito l’utilizzo di 35 carte frodate, vale a dire l’8,15 % delle frodi effettuate in Liguria, il 4 % di tutte le frodi nazionali, il 10 % di quelle nella provincia di Imperia e il 13 % di quelle messe in atto nella sola Ventimiglia.
Gli articoli più acquistati sono stati alcolici e superalcolici, tabacchi e pezzi di motocicletta. Appare evidente che, almeno in parte, si tratta di merce destinata all’economia sotterranea delle banlieues francesi, con cui è assodato un collegamento diretto con i sistemi di finanziamento del terrorismo islamico. Questa realtà apre, quindi, ulteriori complicità giuridiche e morali che travalicano l’episodio oggettivo, facilmente liquidabilc con la ridotta entità economica del singolo acquisto.
In questo sistema possono rientrare anche gli episodi di “voi à la portière” che permettono - non a caso, ad autori residenti nelle banlieues di cui sopra - di rubare una carta di credito che, entro la mezzora successiva, viene utilizzata a Ventimiglia, prima che il derubato abbia avuto il tempo materiale di bloccarla. A proposito di questo fenomeno, certo non esclusivo della Còte d’Azur, secondo qualcuno “ha ridotto la presenza degli italiani in quella zona”, grazie anche al comportamento non sempre corretto e collaborativo dei poliziotti francesi, segnalato da più parti. Non sempre - come, d’altra parte, nei commissariati di polizia di mezzo mondo - le vittime di “voi à la portière” sono accolte a braccia aperte quando vanno a sporgere denuncia.
In questo quadro di maghrebizzazione neppure strisciante della fascia costiera fra Gibilterra e Liguria, si può ricordare che l’analisi di Tarrin ed altri evidenziava, a inizio 2001, la centralità della città di Marsiglia per quanto riguarda l’economia sotterranea, che risulta in mano a poco più di un centinaio di famiglie (22 algerine, 29 tunisine e 75 marocchine): “126 famiglie che possiedono in media sette negozi o depositi di carico lungo la rete, dalla frontiera italiana al Marocco, per un totale di 882 imprese”.

i u3

Dopo un inquadramento della realtà nazionale relativamente all’andamento statistico dei reati ed alle principali tipologie di reati connessi alle organizzazioni criminali e ad alcuni legami con la realtà di Ventimiglia, è possibile riportare alcuni dati specifici, in valori assoluti ed in percentuale rispetto a 100.000 abitanti, riferiti alla criminalità nel comune di Ventimiglia, forniti dalla Questura di Imperia.

Distribuzione in valore assoluto dei reati rilevati da tutte le Forze di timiglia (Imperia) nel periodo 2002-2006
* Dati riferiti al periodo 1.1.2006-3 1.7.2006

Polizia nel Comune di Ven

U4

Anno

2002

2003

2004

2005

2006 *

Attentati

O

O

O

i

O

Stragi

O

O

O

O

O

Omicidi

O

O

O

O

O

volontari






Tentati omicidi

O

O

i

i

O

Lesioni dolose

31

49

65

56

26

Reati sessuali

1

3

4

2

3

Furti in negozio

44

18

17

47

49

Su veicoli

231

293

105

96

59

In abitazione

22

20

94

40

37

Altri furti

882

920

828

870

373

Totalefurti

1179

1251

1044

1053

518

Ricettazione

325

441

265

223

106

Rapine

10

5

17

13

6

Incendi

3

6

3

3

3

Estorsioni

1

1

5

5

0

Usura

1

0

0

0

0

Sequestri

3

0

3

1

0

persona






Associazione

3

3

0

1

0

a delinquere






Stupefacenti

44

42

86

65

22

Altri

1807

1350

1484

1423

715

Totalereati

3408

3151

2977

2846

1399

Comune di Ventimiglia (Imperia) nel periodo 2002-2006
* Dati riferiti al periodo 1.1 .2006 - 31.7.2006

È possibile osservare che il reato di lesioni è in forte aumento nel periodo 2002-
2004 ed in diminuzione nel biennio successivo. Per quanto riguarda l’insieme
degli altri reati, essi presentano un andamento irregolare a carattere ondulatorio,
e, nel loro complesso il totale si presenta in lieve calo.
Per il periodo 2002-2003 è possibile effettuare una comparazione completa,dai valori nazionali a quelli relativi alla realtà ventimigliese.

105

Anno

2002 2003

2004

2005

2006

*

Attentati

0,0 0,0

0,0

3,9

0,0


Stragi

0,0 0,0

0,0

0,0

0,0


Omicidi

0,0 0,0

0,0

0,0

0,0


volontari






Tentati omicidi

0,0 0,0

3,9

3,9

0,0


Lesioni dolose

121,6 192,1

254,9

219,6

101,9


Reati sessuali

3,9 11,8

15,6

7,8

11,8


Furti in negozio

172,5 70,6

66,7

184,3

192,2


Suveicoli

905,9 1149,0

411,8

376,5

231,4


In abitazione

86,3 78,4

368,6

156,9

145,1


Altri furti

3458,8 3607,8

3247,1

3411,8

1462,7


Totalefurti

4623,5 4905,9

4094,1

4129,4

2031,4


Ricettazione

1274,5 1729,4

1039,2

874,5

415,7


Rapine

39,0 19,6

66,7

50,9

23,5


incendi

11,8 23,5

11,8

11,8

11,8


Estorsioni

3,9 3,9

19,6

19,6

0,0


Usura

3,9 0,0

0,0

0,0

0,0


Sequestri

11,8 0,0

11,8

3,9

0,0


persona






Associazione

11,8 11,8

0,0

3,9

0,0


a delinquere






Stupefacenti

172,5 164,7

337,2

254,9

86,3


Altri

7086,2 5294,1

5819,6

5580,4

2803,9


Totale reati

13364,712356,9

11674,5

11160,8

5486,3


Distribuzione in

percentuale per 100.000 abitant

i dei reati rilevati

da tutte le For

ze di Polizia

nel

Distribuzione in percentuale per 100.000 abitanti dei reati rilevati da tutte le Forze di Polizia nel Comune di Ventimiglia (Imperia), nella provincia di Imperia, nella regione Liguria e su tutto il territorio nazionale negli anni 2002-2003
A questo proposito, è possibile rilevare che i reati di omicidio, rapina ed estorsione sono complessivamente inferiori alle medie provinciali, regionali e nazionali. Il totale dei furti, al contrario, è superiore alle altre medie, e il totale dei reati relativi alla produzione e al commercio di sostanze stupefacenti è inferiore al dato provinciale e superiore a quelli regionale e nazionale.
Per quanto riguarda il periodo 2004-2006, infine, è stato possibile estrapolare, per il solo Comune di Ventimiglia, anche i dati relativi ai reati di percosse, minacce e ingiurie, ed al reato di riciclaggio che, nel biennio precedente sono compresi nella voce “altri”. I primi tre appaiono in crescita, a riprova di una realtà locale culturalmente violenta, basata sulla prevaricazione e caratterizzata da un livello di conflittualità particolarmente elevato.
Anno 2004 2005 2006 *

Distribuzione in valore assoluto dei reati di percosse, minacce, ingiurie e riciclaggio, rilevati da tutte le Forze di Polizia nel Comune di Ventimiglia (Imperia) nel periodo 2004-2006
* Dati riferiti al periodo 1.1.2006-3 1.7.2006

106


Omicidi

Rapine

Totale furti

Estorsioni

Produzione commercio stupefacenti

2002






Ventimiglia
Prov. Imperia
Reg. Liguria
Italia

0,0
0,0
0,5
1,1

39,0
31,6
51,8
69,8

4623,5
3120,9
2840,7
2277,1

3,9
5,3
4,0
6,3

172,5
207,8
98,0
66,2

2003







Ventimiglia
Prov. Imperia
Reg. Liguria
Italia

0,0
1,4
1,4
1,2

19,6
30,3
51,0
72,1

4905,9
3020,7
2901,6
2294,7

3,9
6,7
5,0
6,5

164,7
168,3
83,7
64,4

Percosse

9

12

9

Minacce

35

69

32

Ingiurie

55

54

28

Riciclaggio

8

2

3

Distribuzione in percentuale per 100.000 abitanti dei reati di percosse, minacce, ingiurie e neiclaggio, rilevati da tutte le Forze di Polizia nel Comune di Ventimiglia (Imperia) nel periodo 2004-2006 - * Dati riferiti al periodo 1.1.2006-3 1.7.2006

Dopo la considerazione dci dati, certo non esaustivi, ma, come detto, punto di partenza obbligato per l’analisi della realtà, può essere interessante prendere in considerazione le risposte relative alla situazione della criminalità fornite dai testimoni privilegiati.
Quando ho accennato ad alcuni colleghi francesi della mia analisi su Ventimiglia, le loro reazioni automatiche sono state “immigration irregulière et contrafaon”, “blanchiment et contrefaon” [“immigrazione irregolare e contraffazione”, “neiclaggio e contraffazione”]. Per i francesi esperti del settore, certo più interessati ad alcune problematiche rispetto ad altre, questi sono i principali concetti legati alla parola Ventimiglia. Da sempre, la città è stata considerata “‘un grande vettore d’entrata dell ‘immigrazione irregolare, quasi totalmente dall’ Italia verso la Francia. Oggi i flussi sono più equilibrati che in passato, ma sempre negativi per la Francia “. Dobbiamo peraltro ricordare che, in Francia, l’immigrazione irregolare è un reato; è stato anche riconosciuto che “‘in linea generale, gli italiani lavorano bene al servizio anti-immigrazione e che, ad esempio, per quanto riguarda le coste sud dell ‘Europa, riescono a contrastare il flusso dell’immigrazione irregolare”. Per quanto si riferisce al secondo fenomeno, è stato ricordato che “‘dietro la con traffazione, proprio perché rappresenta un affare economico molto importante, c ‘è la grande criminalità organizzata, e, almeno per la Francia, anche la conseguente perdita di posti di lavoro”. In maniera più definitiva, “‘Ventimiglia è il simbolo della contraffazione”. E stato anche messo in evidenza che, d’altra parte, ‘“l’arsenale giuridico di ogni Paese non è mai fatto a caso, ma in funzione della concezione e percezione della gravità di un fenomeno. Ciascuno si da o non si da organizzazioni adattate alle propri esigenze”.
Per quanto riguarda la cosiddetta “microcriminalità” - termine profondamente incsatto. ma, purtroppo, entrato nell’uso comune per indicare l’insieme dei reati che caratterizzano la nostra quotidianità e che, per questo motivo, sono all’attenzione della gran parte dei cittadini e dei media - la situazione nel suo complesso viene considerata meno grave di quella di molte realtà circostanti.

107

Anno

2004

2005

2006 *

Percosse

35,3

47,1

35,3

Minacce

137,2

270,6

125,5

Ingiurie

215,7

211,8

109,8

Riciclaggio

31,4

7,8

11,8

Qualcuno si è domandato anche “perché e ‘è poca microcriminalità ?“, sottintendendo il fatto che, come già ricordato, una certa tranquillità sia fisiologica di una significativa presenza di criminalità organizzata, in quanto necessaria per non alzare l’allarme sociale ed attirare una maggiore attenzione delle Forze di polizia.
Una risposta a questa situazione è stata data con il fatto che non ci sono particolari luoghi di aggregazione “negativi”, quali le discoteche, anche se è stato fatto notare che, “la sera, passato il periodo estivo, c ‘é poca sicurezza per le strade, perché girano bande di maghrebini, locali e di passaggio”. “La vita è peggiorata come vivibilità e come microcriminalità”. Un tecnico ha puntualizzato che, almeno in certe realtà, “lo scippo non rende più in termini di economicità/rischio”, e che anche “i borseggi, solitamente ad opera di francesi e sudamericani, si sono ridotti dopo il riordino della planimetria del mercato “.
Anche i reati di strada, che spesso colpiscono i cittadini “normali” più per gli aspetti collaterali legati “all’estetica”, alla buona fama del quartiere ed alla morale, quali lo spaccio di sostanze stupefacenti e la prostituzione, non sembrano raggiungere livelli particolarmente preoccupanti. Per quanto riguarda il primo, viene valutato che i tossicodipendenti - in gran parte “vecchi tossici storici” eroinodipendenti - siano alcune decine e che lo spaccio, gestito da maghrebini, sia limitato, e “si stia spostando, con un irraggiamento verso l’entroterra e le frazioni”. D’altra parte, è ancora un tecnico che parla “il grande mercato della droga, in termini di qualità e quantità, è a Sanremo”.
Anche la prostituzione è ritenuta un fenomeno poco presente e molto poco visibile, e questa situazione viene confermata dall’esiguità degli annunci economici particolari che si trovano sui giornali locali. “Forse”, è stato detto, “chi ne ha bisogno va in Costa Azzurra”, anche perché “qui è una realtà molto piccola e se un ventimigliese andasse a puttane lo verrebbero a sapere tutti”.
Un discorso molto più complesso è rappresentato dai fenomeni criminali collegati e collegabili alla presenza di organizzazioni criminali, che come detto precedentemente e come storicamente dimostrato per il passato fanno riferimento soprattutto alla ‘ndrangheta calabrese. Un fenomeno che - come riportato nei capitoli precedenti - viene riconosciuto nelle analisi effettuate a livello centrale e, al momento, meno a livello locale. “Cosa fa la ‘ndrangheta a Ventimiglia ? Fa tutto, dottore” è stata la risposta lapidaria ad una domanda volutamente generica e falsamente ingenua.
La risposta emblematica di uno dei miei interlocutori, forse legata ad un particolare momento di depressione lavorativa, peraltro ben giustificata, è stata: “cosa vuole che le dicano che c ‘è la ‘ndrangheta. Non sanno nemmeno come si scrive”. D’altra parte, nella possibile ammissione dell’esistenza di un fenomeno di questo genere intervengono diversi meccanismi di difesa e scotomizzazionc ben prevedibili. Le forze di polizia - che, come ripeto, non sono abituate, ed ancor meno obbligate, in sede non istituzionale, ad esternare le proprie reali convinzioni - si limitano a basarsi sui dati ufficiali e sono tenute a un assoluto riserbo per quello che si riferisce ad eventuali indagini ed operazioni in corso. Inoltre, è chiaro che

i 08

riconoscere l’esistenza di qualcosa che non si riesce a controllare e debellare significherebbe sottolineare la propria incapacità ed i propri limiti. Infine, è noto che anche la gestione delle singole operazioni rientra in quella di più ampi equilibri geo-politici ed operativi. Mi è stato assicurato che “non e ‘è interesse della criminalità organizzata per il racket”, che “mancano gli avvertimenti e gli atti intimidatori, tipici di questo reato”. Questo segnale è considerato importante, perché “qualcuno è sempre in ritardo nel pagare e gli si manda comunque il messaggio”. “Le denunce mancano”.
In questa fase di bilanci ridotti all’osso, appare evidente a chi conosca un poco il funzionamento degli apparati investigativi dello Stato che, per le strutture a carattere regionale delle forze di polizia, Ventimiglia è troppo lontana e costa troppo spostarvi personale e lasciarvelo in missione per il tempo che sarebbe necessario. Inoltre, la necessità di indagini lunghe si scontra con l’esigenza - del Corpo e dei singoli responsabili - di ottenere risultati importanti e spendibili anche sul piano dell’immagine a breve e medio termine. Da qui, in molti casi, la necessità di indagini “mordi e fuggi” per rispondere ad eventuali lamentele dei politici e dei cittadini ed alle critiche dei giornali, e per implementare le statistiche.
Più espliciti sono stati alcuni cx appartenenti alle forze di polizia: “tutti lo negano, ma il racket c ‘è”; “nell ‘edilizia è emerso. E probabile che ci sia anche altrove, anche se si può dire solo per intuito e ragionamento”. “Per gli incendi dolosi, nell ‘edilizia e nel commercio, il racket c ‘è, ma sotto controllo”. “Il pizzo diffuso non c’è”. “Il pizzo serve aprocurare denaro per la criminalità organizzata, ma ci sono ben altri metodi per fare soldi”. “Non risulta un racket classico; chi paga eventualmente il pizzo paga favori pregressi”. “Con il raddoppio ferroviario in corso e la movimentazione di terra, con la costruzione di porticcioli, considerando le presenze che ci sono in zona, non può non esserci racket. Quello che manca é un lavoro d’analisi e di controllo complesso, con la necessità di analisi lunghe e approfondite, di controlli quotidiani e di appostamenti”.”Oggi, ci sono altre priorità che non l’attività investigativa. Attività più banali e più paganti sul piano mediatico”. “Il racket? O scavo io o non scava nessuno”.
Anche da parte di altri interlocutori, la risposte non sono state del tutto sicure ed univoche.
Per quanto riguarda l’usura, ad esempio - praticamente inesistente rispetto alle denunce alle Forze di polizia - le opini sono discordanti ed anche la Chiesa cattolica, solitamente molto attenta a queste problematiche , anche con iniziative di aiuto alle vittime, si è dimostrata molto cauta rispetto alla sua esistenza. Per qualcuno, “è un sospetto concreto, considerando la presenza delle sacche di povertà che ci sono”, per altri “ci può essere contro commercianti e imprenditori in d(fficoltà finanziarie”. “In passato c ‘erano discoteche, disturbate dal racket, ma adesso sono tutte chiuse”. Un pubblico amministratore ha escluso che, sia professionalmente, sia parlando con gli amici, qualcuno gli abbia mai riferito richieste di pizzo. A fianco del racket, è stato ricordato il grave fenomeno delFabusivismo edilizio: “in un recente sequestro hanno trovato che era abusivo tutto, anche gli

109

operai che erano tutti in nero”. “Da qualche tempo, sono stati segnalati fenomeni di caporalato”.
Una serie di risposte fa riferimento ad una maturazione delle modalità operative della ‘ndrangheta e ad una sua capacità di adattamento alla situazione ed alle esigenze del mercato. Si tratta di una forma di criminalità con una struttura non rigidamente verticistica, ma piuttosto, come è stata definita da uno dci miei interlocutori “a mercurio” per la sua capacità di adattamento all’ambiente circostante. Si è assistito ad una crescita culturale della ‘ndrangheta che si dedica all’imprenditoria con nuovi sistemi. “La ‘ndrangheta esiste ed è sempre esistita. Con la frontiera c ‘erano controlli più stretti rispetto ad armi, droga, latitanti e se ne parlava. Oggi le complicità sono diverse”. “Il meccanismo criminale si è molto modernizzato”. “Sono finite le lotte fra gruppi criminali. Oggi c ‘è un accordo generalizzato, ed è possibile per tutti applicare una mentalità più imprenditoriale e meno de/in quenziale”.
Anche la presenza di riciclaggio viene considerata “ovvia”, in considerazione della tradizione geografica - prima dell’adozione della moneta unica avveniva anche grazie all’incetta degli stipendi dci frontalieri, presentata come un servizio di cambio franco-lira - cd alla soluzione di continuità con la Costa Azzurra, che rendono naturali forme di collaborazione fra la criminalità organizzata di Italia e Francia, “l’Au-Deà et l’An-Delà de la Frontière”.
In breve, è ancora un attento osservatore della realtà ventimigliese che sintetizza la realtà attuale di Ventimiglia: “da piccolo laboratorio artigianale della criminalità a laboratorio di attività criminali a livello industriale”.
Volendo implementare questo quadro, si possono citare, solo a titolo di esempio, alcuni episodi di cronaca, certo non esaustivi, ricavati dalla lettura dell’edizione locale di alcuni quotidiani: nel maggio 1999, furono sequestrate 2.700 borse false e furono scoperti nascondigli per questa merce in garage della città. Risultarono coinvolti anche commercianti italiani; nel maggio 2000 fu scoperta un’organizzazione di italiani finalizzata al riciclaggio; nel 2002, la titolare di un banco del mercato del venerdì fu denunciata per la quarta volta per vendita di prodotti con marchi contraffatti, organizzata con apposito catalogo; nel luglio 2004 furono sequcstrati 45 chilogrammi di cocaina a bordo dell’auto di una persona originaria di Cosenza, e, quest’anno, nel mese di aprile furono sequestrate a Bordighera 12.000 borse contraffatte e 500.000 curo; a fine maggio, armi e droga in un casolare di Perinaldo; e nel luglio, ancora cinture e borse contraffatte. A partire dal 2002, si registrarono una serie di incendi, forse non tutti classificabili di origine dolosa, fra cui ad una struttura per concerti serali, all’autoporto, a stabilimenti balneari, ad un cantiere edile, a un’azienda agricola, al furgone di un imprenditore con tentativo di estorsione, al dopolavoro ferroviario e a diversi locali. Questa tipica forma di comunicazione criminale, frequentemente adoperata anche nelle realtà vicine, è continuata anche recentemente con incendi ad autovetture e moto di pregiudicati, a cassonetti dci rifiuti ed auto casualmente (?) vicine.

110

L’esame delle stesse fonti ha consentito anche di farsi un’idea delle dinamiche della realtà politica locale - caratteristica simile a quella di gran parte del ponente ligure e di molte altre realtà italiane - interessata da inchieste della Magistratura a tutto campo, ‘dai buoni casa sospetti, ai buoni pasto sospetti”, all’organizzazione delle manifestazioni estive, alle lottizzazioni sospette, falso e truffa aggravata ai danni dello Stato, per ricordane solo una parte.
In un’intervista al giornale “IL Secolo XIX” del 6 ottobre 2004, il Procuratore della Repubblica Gagliano, competente per territorio, dichiarava: “...che piaccia o meno, in questo estremo lembo di Liguria, quasi a cadenza settimanale arrivano notizie che chiamano in causa pubblici amministratori. E il sottoscritto é il primo a dolersene. Soprattutto come cittadino mi auguro che non tutti i sospetti si traducano in prove, altrimenti vorrebbe dire che siamo nelle mani della disonestà”.
Lo stesso magistrato ha voluto ricordare come - considerando che si tratta di un territorio caratterizzato dalla presenza della frontiera, della vicina Costa Azzura, del casinò, della manifestazione del Festival e di un elevato numero di cxtracomunitari - esista una disarmonicità degli organici degli uffici giudiziari con carenze di personale significative per il buon funzionamento delle strutture, che, nello specifico, penalizzano non poco l’attività giudiziaria della procura di Sanremo. A titolo di esempio, è stato evidenziato che questa situazione ha portato all’attuale esistenza di circa 20.000 processi pendenti.

111

6. Le forze di polizia
In considerazione anche della passata situazione di realtà di frontiera, le tre principali forze di polizia nazionali sono presenti a Ventimiglia.
Mentre, come già ricordato, per quanto riguarda l’Arma dei Carabinieri e la Guardia di Finanza non è possibile effettuare considerazioni specifiche relative agli organici cd alle eventuali carenze rispetto alle necessità operative, una breve analisi è possibile per la Polizia di Stato.
A proposito dell’Arma si può dire, però, che, a seguito della soppressione dei servizi connessi alla presenza della frontiera, si è già provveduto a reimpiegare altrove il personale interessato. Inoltre, è in programma l’istituzione del servizio del poliziotto-carabiniere di quartiere, come, d’altra parte, “l’Arma ha sempre fatto con la pattuglia appiedata fin dalla sua nascita”.
Per quanto riguarda la Polizia di Stato, a Ventimiglia si trovano attualmente un Commissariato distaccato dipendente dalla Questura di Imperia, con un organico di 55 poliziotti e 7 impiegati civili, per un totale di 62 persone; un Settore della Polizia di Frontiera, dipendente dalla Zona di Torino, con circa 120 persone, una Sottosezione della Polizia stradale, dipendente dalla Sezione di Imperia, con circa 15 persone ed un Ufficio della Polizia Ferroviaria con circa 20 persone. In tutta Italia, gli organici della Polizia di Stato sono stati stabiliti da un decreto del 1982; pertanto, sul piano formale, sono corretti, anche se appare evidente che richiederebbero un aggiornamento rispetto alle esigenze ed ai cambiamenti quantitativi e qualitativi della popolazione e delle attività dello specifico territorio.
La Polizia di Frontiera lavora all’interno del CCPD, Centro di Cooperazione di Polizia e Dogana, struttura interforze istituita nel giugno 2002 a Ventimiglia simultaneamente ad una speculare struttura francese a Modane, a seguito dell’accordo di Chambery dell’ottobre 1997. Nelle strutture vanno concretizzate le forme di cooperazione, principalmente nel settore dello scambio di informazioni, tra membri dei competenti Servizi nazionali delle due parti ed il coordinamento delle misure congiunte di sorveglianza nelle rispettive zone di frontiera”. Questi obiettivi furono sottolineati nella Dichiarazione congiunta di Imperia del 10 luglio 2002 dei due Ministri dell’Interno, in cui fu indicata l’attuazione di pattugliamenti misti in ambito stradale ed autostradale nella fascia confinaria di 30 chilometri in funzione di contrasto all’immigrazione clandestina.
Per parte italiana, partecipano alla costituzione la Polizia di Stato, l’Arma dei Carabinieri, il Corpo della Guardia di Finanza e il Dipartimento delle Dogane del Ministero delle Finanze, mentre da parte francese concorrono la Polizia nazionale, la Gendarmeria nazionale e la Dogana.

112

Dal lato italiano, nello scorso anno, il CCPD ha effettuato un’attività informativa relativa ad 8791 persone, 1740 documenti e 6548 veicoli. Il Settore della polizia di frontiera ha arrestato 212 persone, ne ha denunciate 1320, fotosegnalandone 1379 e sequestrando 8 kg di sostanze stupefacenti.
Si tratta di realtà che, anche se imperniate soprattutto su un lavoro burocratico e di collegamento, contribuiscono alla concretizzazione di operazioni congiunte, quali quelle ricordate.
Il comunicato stampa della prefettura di Imperia del 19 agosto 2005, ad esempio, evidenziava le operazioni contestuali di contrasto alla contraffazione commerciale e alle infiltrazioni della criminalità organizzata effettuate nel periodo luglio- agosto 2005 presso i valichi stradali di Ponte San Luigi e Ponte San Ludovico e del mercato settimanale di Ventimiglia da parte delle rispettive forze di polizia italo-francesi:
Controlli effettuati 957
Merce sequestrata 6711
Contravvenzioni elevate 1770
Veicoli controllati 815
Persone controllate 1691
Persone denunciate 8
Persone arrestate 3
Forza impiegata 353
Mezzi impiegati 29
Infrazioni penali rilevate 90
Per evidenziare come - quale possa essere l’impegno, come detto, al di sopra di ogni sospetto e di ogni critica, delle forze di polizia di entrambe le parti - lo stesso impegno rischi di essere, comunque, minimo rispetto al traffico che interessa questa frontiera e come, quindi, permanga il problema del passaggio, nei due sensi, di n ‘importe quoi può essere utile citare i dati del Rapporto pubblico tematico della Corte dei Conti francese su “Lesportsfranaisface aux mutations du transport maritime: i ‘urgence de i ‘action”, del luglio 2006. “I dati dei controlli restano molto limitati per quanto riguarda i traffici. Nella regione PACA, 1055 automezzi pesanti sono stati controllati sull’A8 fra Aix en Provence e la frontiera italiana nel 2005, quando, nel 2004, il solo traffico di scambio e di transito dal punto di frontiera di Ventimiglia ha interessato 1.290.000 automezzi pesanti”.
Quello che salta subito agli occhi anche di un non esperto è la presenza di un Ufficio della polizia di frontiera ditale entità in una realtà in cui una frontiera “vecchio stile” non esiste più da anni. L’incongruenza fu notata anche a livello ministeriale, tanto che nel 2003 fu iniziata un’operazione che avrebbe dovuto portare alla ristrutturazione dell’ufficio della Polizia di frontiera con il trasferimento di parte del personale al Commissariato distaccato e ed in altri uffici della provincia. Ciò avrebbe consentito di rinforzare l’organico dcl primo, permettendo l’effettuazione di un più efficiente e coordinato controllo del territorio. Malaugu 113

ratamente, le resistenze trovate, imputate da molti alla maggior parte delle organizzazioni sindacali, hanno bloccato l’operazione, di cui non è facile prevedere il completamento.
Si tratta di un problema di politica sindacale, giustificata dall’interesse corporativo dei sindacati per i loro iscritti, con poca cura per il buon funzionamento del pubblico servizio e le esigenze dci cittadini nel loro complesso. “La divergenza degli interessi corporativi e degli interessi per la comunità è tlpica dei sindacati di polizia”, ha ricordato uno degli intervistati. Anche se ciò non significa certo una giustificazione per questo atteggiamento né un sollievo per i cittadini danneggiati, si può sottolineare che si tratta di un fenomeno generalizzabile a tutto il pubblico impiego e specifico delle forze di polizia di quasi tutto il mondo.
Tutta la letteratura ad esempio, indica che, negli Stati Uniti i sindacati di polizia sono estremamente corporativi e rappresentano i più strenui oppositori a qualsiasi modifica delle modalità del servizio che possano disturbare i sonni e le abitudini dei loro associati. Per restare ad una realtà più vicina, il Rapporto Carraz - Hyest del 1998 è significativamente embiematico del fallimento dei tentativi del Governo francese - inutilmente impegnato a razionalizzare il dispiegamento del personale della Polizia nazionale e della Gendarmeria in rapporto alle nuove esigenze di controllo del territorio - bioccati dagli interessi del personale stesso e dei sindaci dei paesi coinvolti dalle modifiche proposte.
Nel nostro caso, è evidente che la permanenza in loco da decenni di parte del personale e dei loro nuclei familiari ha portato alla sedimentazione e al consolidamento di interessi di ogni genere, all’interno e all’esterno delle strutture. Dalla ripartizione in dan, con riferimenti geografici alla realtà esterna, alle faide, alle “guerre per bande”; dall’orticello bucolico al lavoro del coniuge alla gestione di locali pubblici ad altro, che un’ottica di opportunità supportata da strutture logistiche e da incentivi - che dovrebbero essere previsti dal Dipartimento della Pubblica sicurezza, ma che invece non esistono - potrebbe cercare di evitare. E noto, purtroppo, che questo senso dell’opportunità e questa politica del personale sono molto carenti all’interno della nostra polizia nazionale. “I poliziotti: trovato un posto in cui stanno bene, è impossibile trasferirli per mille motivi, a partire dalla mancanza di soldi”. Come è stato acutamente fatto osservare “siamo riusciti a coniugare il peggio del militare e del civile”.
A proposito di opportunità e di sensibilità al problema, è noto che sembra trattarsi di una caratteristica non particolarmente valutata all’interno delle nostre forze di polizia e, peraltro, dell’intero comparto sicurezza, da intendersi nel senso più ampio del termine. Basti pensare al fatto che non è vietato ad un poliziotto prestare servizio nella stessa città in cui la moglie gestisce una sala giochi - attività cominerciale certamente da considerare a rischio; ma la stessa critica può valere, sempre a titolo d’esempio, per il poliziotto coniuge di un avvocato: “uno lo indaga, I ‘altro lo dfende’. Per evitare che questa possa sembrare la fisima esasperata di un teorico a spirito calvinista, soprattutto in un Paese dai mille diritti e pochi, rarefatti, doveri, voglio solo ricordare, a titolo di esempio, che in Canada esiste il

114

divieto formale per qualsiasi membro di un corpo di polizia di effettuare spese ed acquisti in uniforme per non mettere in imbarazzo il negoziante. Senza peraltro pensare di poter arrivare all’adozione di norme di questo livello - che hanno tante probabilità di essere adottate quanto quelle di mettere ordine al mercato del venerdì - mi è stato gentilmente ricordato, che “in Italia non è neppure previsto il Codice di deontologia per il personale della polizia in uso da tempo nelle altre realtà europee”. Altre forze di polizia italiane, quali l’Arma dei Carabinieri, peraltro, adottano criteri di incompatibilità ambientale non basate su norme scritte, ma, comunque, su più generali criteri di opportunità.
Si tratta di problematiche, come detto, amplificate ed aggravate dalle caratteristiche delle realtà “provinciali” quale quella di cui ci stiamo occupando, e che tendono a stemperarsi in quelle di maggiori dimensioni. E, ovviamente, non riguardano solo le forze di polizia o gli apparati dello Stato. Una personalità di primo piano, che niente ha a vedere con queste strutture mi ha detto: “dal primo giorno in cui sono arrivato, ho sempre evitato qualsiasi invito a pranzo. Perché in questa città accettare un invito da qualcuno signfìca automaticamente mettersi contro qualche altro”. Una sensibilità e una delicatezza istituzionali non facili da trovarsi a tutti i livelli.
Per quanto riguarda la Polizia locale, infine, l’organico prevede 41 agenti di polizia e 2 persone senza questa qualifica. A questo organico mancano almeno 12 persone, con una carenza del 30 %. Inoltre, è necessario sottolineare che, come molte altre realtà, nel caso specifico, turistiche, Ventimiglia è interessata, anche se in maniera significativa sia pure per periodi limitati - la giornata del venerdì in particolare - dalla presenza di city users in quantità molto elevata e non previsti dalle tabelle degli organici. Tabelle che, solitamente, calcolano il numero di a- genti di polizia municipale sulla base degli abitanti e non su quella delle reali esigenze operative della singola realtà (lavoratori pendolari, studenti, turisti eccetera). Di questa situazione non sembra essere particolarmente consapevole la Giunta comunale che, ancora recentemente, disattendendo ogni impegno e promessa, ha assegnato ad altri settori della Amministrazione le uniche due assunzioni consentite dagli attuali limiti legislativi.
Questa situazione, fra l’altro, impedisce l’attuazione del 3° turno serale, per cui l’assenza di un servizio gestito dalla Polizia locale a Ventimiglia si protrae dalle 20.00 alle 08.00.
Potrebbe essere auspicabile la creazione di un Consorzio con le Polizie municipali dei Comuni limitrofi (indicativamente, almeno Airole, Dolceacqua, Olivetta San Michele e Camporosso). Ciò porterebbe ad un totale di una quarantina di agenti, che potrebbe consentire la focalizzazione del loro impiego a Ventimiglia nella giornata di venerdì e l’istituzione di un servizio di autopattuglia nel territorio di tutto il Comprensorio negli altri giorni, oltre, ad esempio, la razionalizzazione e il miglioramento delle attività di formazione. Questo auspicio si scontra con la tradizione di basso profilo” che caratterizza la Regione Liguria in tema di polizia locale: l’assenza di una scuola regionale si accompagna alla quasi totale

115

assenza di consorzi, spiegabile con il tipico campanilismo ligure, rapidamente fatto proprio anche dai nuovi arrivati.
Con le altre forze di polizia - come del resto avviene nella gran parte del Paese, fatte salve le realtà che si distinguono per responsabili particolarmente illuminati e di buona volontà - la collaborazione non può essere definita organica e bidirezionale, ma solo su singoli episodi. Le pattuglie miste antiabusivismo sono state definite “solo fumo negli occhi” e le forze di polizia nazionali sono state accusate di trincerarsi dietro le loro competenze specifiche in materia di ordine pubblico e di intervenire poco per quanto riguarda i fenomeni di abusivismo e contraffazione. Per quanto riguarda il secondo aspetto, mi è stato chiesto un po’ polemicamente “se la vendita di marchi contraffatti non rappresenti un reato di competenza anche delle polizie nazionali ? “.
Le realtà piccole, come noto, per le loro caratteristiche intrinseche, esaltano le caratteristiche, positive e negative, dei rappresentanti dell’autorità, facilitano l’instaurarsi di buoni rapporti, ma risvegliano anche gli aspetti più meschini dell’essere umano. Piccole vendette, ripicche, frizioni, desiderio di protagonismo, auto-convincimento di rivestire una maggiore importanza istituzionale non facilitano sempre le modalità di un’intelligente e doverosa collaborazione. Le caratteristiche personali di un singolo responsabile influenzano nel bene e nel male i rapporti e le possibilità di collaborazione di intere strutture ed istituzioni. A questo, bisogna aggiungere l’attuale situazione di poca chiarezza relativamente alle competenze ed ai compiti, ed il fatto che anche i valori della “sotto-cultura di polizia”, con ipotetiche gerarchie e graduatorie fra i diversi corpi, acquistano ulteriore importanza e significato. Anche per questo, spesso, i cittadini hanno l’impressione che le forze di polizia non intervengano come e quando essi vorrebbero.
D’altra parte, se esponenti delle stesse forze di polizia hanno riconosciuto che “a Ventimiglia la polizia non è poca”, uno degli intervistati ha riferito che “a Ventimiglia le forze di polizia non sembrano mai essere abbastanza. Almeno, le diverse polizie si occupino di cose diverse: oggi tutte si occupano di tutto e nessuno interviene”. E noto che - in momento storico in cui tutti pretendono le forze di polizia al proprio servizio, spesso senza conoscerne i limiti oggettivi e l’attività - quali ne siano l’impegno e l’operare, queste non sono mai ritenute sufficienti e tali da soddisfare la maggioranza dei cittadini. E quindi comprensibile che, indipendentemente dal loro impegno oggettivo, ci possa essere chi non trova il loro lavorare soddisfacente e adeguato alle sue esigenze.
In generale, è stato sottolineato che ‘le forze di polizia sono prigioniere dell’immagine di sé che devono trasmettere e di una sicurezza effimera che viene loro chiesto di assicurare” e che, anche per questo motivo, “ci sono stati dei cambiamenti rispetto ai loro obiettivi”. “C’è troppa mediaticità e poca sostanza legata alla sicurezza, per esempio le manifestazioni per la cultura della legalità”.

116

Alcuni intervistati hanno formulato critiche più mirate e specifiche, relative alla professionalità, alle problematiche ed alle modalità di lavoro. Mancano un controllo approfondito ed una conoscenza del territorio, manca la raccolta e l’analisi delle informazioni, fondamentale per fare andare avanti le indagini”. “E impossibile effettuare determinate operazioni: mancano i soldi per gli straordinari e si rischierebbe di paralizzare interi uffici”. “Non capisco perché ci sia un trattamento diverso per i commercianti regolari e quelli irregolari. Questo caos amministrativo è ingiusto, e poi, più lasciano correre e più ne avremo”.
Nel caso di Ventimiglia, è evidente che nella giornata del venerdì, in cui si effettua il mercato settimanale, viene a crearsi in tempi rapidi una saturazione dcl territorio estremamente elevata, cui non è palesemente possibile far fronte in maniera significativa con le forze a disposizione, del tutto sproporzionate. L’efficace descrizione dell’organizzazione dei venditori ambulanti effettuata da Hily e Rinaudo - e peraltro verificata de visu da chi scrive - le loro strategie di occupazione del territorio e le tattiche di sganciamento indicano come qualunque intervento risolutivo e duraturo sia dcl tutto inattuabile.
Come è stato ricordato in una delle interviste “è vero che, oggi per ripristinare la legalità servirebbero migliaia di uomini, con il rischio che ci scappi anche il morto, ma perché si è lasciata degenerare la situazione Jìno a questo punto ?“.
Per quanto riguarda la Polizia locale, il mercato del venerdì assorbe il 50 % della sua forza organica effettiva: circa 6-7 persone al mattino e 5 nel pomeriggio. Gli altri Corpi impiegano mediamente mezza dozzina di persone ciascuno per turno, oltre al dispositivo ordinario previsto per la città. Quando sia reso possibile nell’ambito della pianificazione regionale, possono essere impiegate limitate aliquote del reparto mobile o del battaglione mobile. In alcuni casi è stato utilizzato anche l’impiego di un elicottero.
Esaminando il sito della Prefettura di Imperia (27 giugno 2006), si può apprezzare il fatto che il mercato sia sempre all’attenzione del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica. Appare altrettanti chiaro che gli sforzi - notevoli in rapporto alle forze disponibili ed alle altre prioritarie “emergenze” legate alla situazione nazionale ed internazionale - rappresentano vere e proprie gocce nel mare. “Una vasta e capillare operazione di bonifica del territorio”, effettuata dalle Forze di Polizia e dalla Polizia locale, “non limitata solo all’area del mercato, ma estesa, grazie alla collaborazione della Polizia ferroviaria e alle unità di rinforzo inviate dal Dipartimento della Pubblica sicurezza, anche alle stazioni ferroviarie di Sanremo e Ventimiglia, nonché ai capolinea degli autobus della città di confine, al fine di verificare l’eventuale arrivo di ambulanti abusivi” rappresenta, come detto, uno sforzo significativo che, proprio per questo riveste il carattere dcll’cccezionalità. Se pensiamo che questa operazione ha portato al risultato di cinque cittadini extracomunitari denunciati ex artt. 474 e 648 c.p. e di cinque cittadini denunciati cx art. 6 comma 3, L. 189/02; dell’arresto di un cittadino extracomunitario e dell’emissione di un foglio di via obbligatorio; e dcl sequestro di n. 800 oggetti contraffatti, ci possiamo rendere conto della lotta impari fra le forze

117

di polizia, ulteriormente limitate dalla leggi vigenti, ed il migliaio di extra-comunitari venditori abusivi del mercato del venerdì. Chi scrive ha potuto osservare direttamente l’impegno ammirevole, protrattosi per ore, delle forze di polizia per ‘filtrare” gli arrivi dei venditori via treno. Un impegno che, se per le risorse disponibili impiegate ha rappresentato il massimo sforzo, sul piano dei risultati ha costituito la classica goccia nel mare. Una situazione defatigante che, a lungo andare, non potrà non riflettersi anche sul vissuto personale degli operatori.
Si può citare anche il comunicato, apparso sui quotidiani locali nell’aprile 2002, in cui si segnalava che, un servizio di controllo effettuato con l’impiego di oltre 100 agenti, provenienti anche da Genova, aveva portato all’arresto di 5 persone ed alla denuncia di altre 50.
A tutto ciò non si può non aggiungere che, come ricordato, ‘il Tribunale non accetta più corpi di reato perché saturo di quelli che già conserva; che, anche per il reato di lesioni, è prevista la denuncia a piede libero e che la Questura non ha quasi mai posti liberi nei Centri di temporanea permanenza”.
Inoltre, dalle note di servizio di alcune Forze di Polizia - ma penso si possa ritenere una problematica generalizzata - è possibile rilevare il totale assorbimento del personale dalle attività relative al mercato, in termini di impossibilità ad effettuare altri servizi cd anche solo di spostamenti tempestivi ‘a causa dell’intenso traffico”.
E ovvio, inoltre, che queste problematiche non interessano solo le forze di polizia, ma l’intero sistema di pubblico soccorso.
In una lettera del Comandante provinciale dei Vigili del Fuoco dcl 20 luglio 2004, sono riportate ‘le preoccupazioni dello scrivente in merito alle condizioni di sicurezza all’interno del mercato e di quelle indotte alle zone limitrofe del mercato stesso. Il sopralluogo ha palesato che [...] non vi è possibilità di transito di mezzi di soccorso VF. [...] la corsia di transito [...j non è percorribile nemmeno dai più piccoli mezzi antincendio in dotazione a questo Comando. Le corsie interne del mercato, inoltre, sono risultate essere coperte con teloni, che inibiscono di fatto un eventuale transito dci mezzi di soccorso. Il posizionamento dei banchi, in molti punti, ha una configurazione tale da non consentire un adeguato deflusso dei frequentatori il mercato. Si è altresì constatato la presenza di numerosi gruppi elettrogeni alimentati a combustibili liquidi a servizio degli impianti elettrici dei banchi del mercato, il cui improprio utilizzo potrebbe aumentare i rischi di incendio dei materiali combustibili in esposizione. In ultimo, molte zone pedonali sono occupate da venditori ambulanti, che intralciano il libero movimento pedonale, con evidente aumento del tempo di esodo del pubblico. L’attuale lay-out del mercato, unitamente ai numerosi avventori ed al vastissimo pubblico, preoccupa lo scrivente per il conseguente aumento dei rischi per l’incolumità delle persone; infatti nel mercato e nelle zone limitrofe non è possibile prestare soccorso in tempi tecnici adeguati per la mancanza di idonee corsie per il transito dei mezzi di soccorso”.

118

A seguito di questa lettera, Il Comune ha provveduto ad emettere un nuovo regolamento, con una diversa disposizione dei banchi del mercato.
Nel febbraio 2006, a seguito di questa nuova disposizione, secondo il parere del “Comitato di Quartiere giardini mare”, “la corsia di emergenza è stata ristretta di circa un metro, essendo stati allargati i banchi”.
Nel luglio 2005, anche le organizzazioni di pubblico soccorso “Croce Rossa Italiana” e “Croce Verde Intemelia” segnalavano al Sindaco che “i mezzi di Soccorso continuano ad avere grosse difficoltà ad accedere in predetta zona. Una volta che si sono create le vie di fuga inidonee per il passaggio dei mezzi di soccorso, queste si restringono a causa degli ombrelloni e delle coperture dei vari banchi. [...j Gli spazi creati per il passaggio dei mezzi di soccorso sono ulteriormente ridirnensionati dall’occupazione degli spazi da parte di venditori abusivi. .. .j Si richiede maggior controllo anche sui parcheggi nell’area cittadina in conseguenza delle vetture dei cittadini estromesse dall’area interessata al mercato, in quanto anche gli interventi dei mezzi di soccorso nella città vengono rallentati da auto parcheggiate in maniera indisciplinata”.
Ulteriori aspetti della complessità della situazione possono essere letti nella risposta del sottosegretario all’Interno alla già citata interrogazione presentata nell’ottobre 2004 dall’onorevole Acquarone, tanto corretta nella forma quanto vacua nella sostanza.
Appare opportuno soffermarsi in particolare sull’attività della Polizia locale. Una serie di dati molto significativi - relativi all’andamento, quantitativo e qualitativo, del mercato delle vendite di merce contraffatta a Ventimiglia - si evidenziano nel Rapporto del Corpo di Polizia locale relativo ai sequestri di merce contraffatta operati dal 1987 al 2005.
“I primi sequestri di merce recante marchio contraffatto fanno data dai primi del mese di marzo del 1987, interessando la vendita in forma esclusiva di magliette con il marchio «Lacoste» sul locale mercato settimanale. Tale vendita viene gestita in forma esclusiva da napoletani, per lo più minorenni e da cittadini di nazionalità marocchina. Nell’estate dello stesso anno iniziano i primi sequestri di orologi con marchio «Rolex» e «Cartier», vendita abusiva gestita in forma esclusiva da «pataccari» napoletani. A fine anno, i sequestri risulteranno 75, tutti a carico di persone identificate e deferite all’Autorità Giudiziaria.
- Nell’anno 1988, il fenomeno dell’abusivismo commerciale appare in calo, compaiono i primi sequestri delle borse con il marchio «Louis Vuitton», vendute in forma abusiva da cittadini marocchini. A fine anno i sequestri saranno 36 e lo stesso trend si manifesta nell’annol989 dove i sequestri durante l’anno saranno solo 15, perlopiù di musicassette senza marchio SIAE, vendute in forma abusiva da cittadini marocchini.
- L’anno 1990 segna una notevole ripresa del fenomeno della vendita abusiva, è l’anno dei «Vu cumprà», che invadono le spiagge di tutta la penisola. Iniziano i sequestri operati a carico di cittadini senegalesi, che iniziano a smerciare le false

119

griffe come «Louis Viutton», «Trussardi», «Coveri» e «Armani», anche se la presenza di napoletani e marocchini è ancora massiccia sia nella presenza sia nel numero dei sequestri. A fine 1990, i sequestri operati saranno 90, con stragrande maggioranza a carico di persone identificate che ancora non fuggono alla presenza degli operatori di polizia. Il 1991 vede aumentare i sequestri a 99, con la crescita continua della presenza di cittadini senegalesi, che invadono il mercato della vendita abusiva spodestando marocchini e napoletani. Iniziano ad aumentare i sequestri a carico di ignoti, in quanto gli abusivi, pur non opponendo resistenza, abbandonano la merce detenuta. La merce sequestrata risulta essere sempre composta da magliette «Lacoste» e borse «Louis Vuitton», che vanno per la maggiore tra gli avventori del mercato settimanale.
- Il 1991 è l’anno in cui si operano i primi sequestri di merce non contraffatta, merce composta da chincaglieria posta in vendita in forma abusiva da cittadini marocchini.
- Il 1992 vede un rallentamento a 69 sequestri finali, con l’incremento delle operazioni a carico di persone non identificate.
- L’anno 1993 vede la comparsa nel mercato delle contraffazioni dei jeans «Levi’s» e delle griffe «Chanel», «Prada», «Breitling» e «Timberland»,, con il lento declino delle vendite delle magliette «Lacoste». A fine anno, le operazioni saranno152, indice di presenza ormai massiccia di abusivi, che si concentra ancora solo nella giornata del mercato settimanale. Nel medesimo anno, sono numerosi i sequestri amministrativi a carico di cittadini polacchi, che smerciano durante le serate estive sul lungornare merce con loghi dell’ex regime comunista.
- L’anno 1994 vede un trend al ribasso delle operazioni di sequestro operate che si attestano a 97, ma vede l’affacciarsi sul mercato settimanale dei primi cittadini cinesi, che vendono in forma abusiva merce però non contraffatta.
- Il 1995, con un numero di sequestri penali che si attesta a 113, segna anche il fenomeno che gli stessi vengono oramai eseguiti a persone non identificate che abbandonano la merce durante i controlli.
- L’anno 1996 vede uno stop improvviso dei sequestri penali, che si fermano solo a numero 22, forse per volontà politica dell’Amministrazione locale del periodo, mentre sono in considerevole aumento le presenze di cinesi e marocchini che vendono in forma abusiva merce non recante marchio contraffatto.
- Nell’anno 1997 si riprende con il contrasto alla vendita di merce contraffatta che porta al risultato finale di 94 sequestri.
- 111998 vede il picco di 224 sequestri, il 1999 a 194 sequestri e il 2000 a 134 sequestri. Sono anni in cui l’abusivismo extra-comunitario, generalmente senegalese, inizia a rappresentare un problema di ordine pubblico sul mercato settimanale, in quanto la negativa congiuntura porta a notevoli riduzioni di incasso agli ambulanti regolari, mentre i clienti francesi si indirizzano in forma massiccia sulle false griffe. I contrasti con gli ambulanti regolari e le resistenze agli operatori di polizia rientrano ormai nella consuetudine delle operazioni finalizzate alla repressione del commercio abusivo.
La vendita in forma abusiva, in questi ultimi anni, interessa la città di Ventimiglia tutti i giorni, mentre prima era solo confinata alla giornata del mercato settimanale. I sequestri a carico di persone identificate comportano quasi sempre la

120

resistenza degli abusivi, che, nella stragrande maggioranza sono clandestini sprovvisti di qualsiasi documento identificativo
- Gli anni 2001 e 2002 vedono un risultato finale di 93 e 80 sequestri, mentre nel 2003, causa le note vicende giudiziarie che stanno interessando personale del Comando Polizia locale, si vede un risultato finale di 19 sequestri.
Nel luglio del 2004, su indirizzo dell’Amministrazione, inizia una ripresa del contrasto all’abusivismo commerciale, che porta ad un risultato finale di 133 sequestri operati nella stragrande maggioranza a carico di persone non identificate. Nell’anno in corso [2005], con dati al 31 agosto, i sequestri hanno toccato il picco record di oltre 300, con una previsione di fine anno intorno ai 400 circa”.
L’andamento dei sequestri operati nel periodo 1987-2005 si può così schematizzare:

Come ricorda il Comandante nel testo di accompagnamento al calendario 2006 della Polizia locale “proprio i sequestri rappresentano l’aspetto quantitativamente più evidente dell’opera di contrasto: la Polizia locale di Ventimiglia nell’ultimo anno ha eseguito sequestri penali per circa 22.000 pezzi e sequestri amministrativi per circa 12.000 pezzi. Ma il fenomeno, comunque inarrestabile, è fonte diffusa di malumori. Se, da una parte, le ditte produttrici dei ‘marchi” interessati lamentano perdite incalcolabili, dall’altra, i commercianti vedono le proprie attività subire una concorrenza sleale da parte del commercio abusivo; in mezzo, i cittadini protestano poiché il fenomeno provoca l’assedio della città da parte di

121

Anno

N. sequestri

1987

75

1988

36

1989

15

1990

90

1991

99

1992

69

1993

152

1994

97

1995

113

1996

22

1997

92

1998

224

1999

194

2000

134

2001

93

2002

80

2003

19

2004

133

2005

333

masse di «ambulanti» con fastidi e disagi di ogni genere. Anche la nuova legge n. 80/2005, frutto di una legislazione di emergenza, si è arenata, di fatto, su alcune interpretazioni difformi della norma stessa, in particolare l’istituto dell’incauto acquisto, fattispecie prevista dal Codice penale. Ad oggi, dall’applicazione della norma, si è assistito solo ad alcuni sequestri di pochi articoli e all’irrogazione di multe elevatissime (sino a 10.000,00 €) a carico di sprovveduti acquirenti, in gran parte turisti stranieri, che probabilmente resteranno non pagate”.
Nello stesso anno 2005, il Nucleo commercio della Polizia locale ha effettuato la seguente attività:
- commercio ambulante
controlli effettuati 306
violazioni accertate 99
pratiche istruite 134
- controlli commercio fisso
controlli effettuati 129
violazioni accertate 23
pratiche istruite 99
- controlli pubblici esercizi
controlli effettuati 54
violazioni accertate 11
pratiche istruite 50
- artigianato
controlli effettuati 2
violazioni accertate O
pratiche istruite 3
- suolo pubblico e pubblicità
controlli effettuati 66
violazioni accertate 7
pareri 61
Analogamente, per quanto si riferisce all’attività del Nucleo controllo territorio
della Polizia locale, si possono evidenziare:
controlli edilizi 177
violazioni edilizie accertate 49
cantieri posti sotto sequestro 6
persone segnalate all ‘Autorità giudiziaria 129
accertamenti effettuati per atti delegati 52
dalla Procura della Repubblica

I 22

Si tratta - incrociando le disponibilità operative connesse all’organico e l’insieme delle problematiche della città di Ventimiglia, certo sovradimensionate per una realtà di 25.000 abitanti - del risultato di un impegno considerevole e degno di nota, svolto in una situazione molto più a rischio di quanto non si possa pensare in prima battuta. Il Comando della Polizia locale segnala ogni anno una media di 5-6 agenti feriti a seguito di aggressioni nel corso dell’attività di servizio.
Come è stato sottolineato da uno degli intervistati, “Ventimiglia è una città violenta. Una città che si caratterizza per una violenza verbale, ma non solo. Una città in cui tutti sono abituati a fare quello che vogliono e gli interventi dei «vigili urbani» sono visti come tendenti a limitare i propri comodi ed i propri supposti diritti soggettivi”. ‘Una situazione di prevaricazioni e minacce caratteristiche della loro cultura di origine”. Questa situazione è confermata dalla recente aggressione (agosto 2006) subita dal vicecomandante della Polizia locale ad opera di ambulanti italiani nel corso di un’operazione di controllo.
Anche lo scrivente, nel corso delle ricognizioni relative all’analisi in oggetto ha potuto osservare l’esistenza di comportamenti violenti tipici, riscontrabili più nella cultura e nelle realtà di altre parti d’Italia che non in una “tranquilla” realtà della costa ligure. In particolare, la protervia di certi commercianti, mobili e stanziali, evidentemente rassicurati dalla propria impunità e dalla propria cultura, appare degna di nota.
Questa situazione di costante equilibrio instabile tra illegalità diffusa ed impotenza di fatto porta ad una situazione di stress quotidiano per il personale della Polizia locale, che avverte la mancanza di tutela da parte delle proprie Istituzioni di riferimento. Questa realtà si evidenzia anche nell’elevata percentuale di domande di mobilità presentate dal personale, che desidera essere trasferito ad altri settori dell’amministrazione comunale (10-12 %).
Mentre sempre più si parla di agenti delle polizie locali come di “centurioni al servizio del sindaco” (Ferret), con tutte le conseguenze del caso di una polizia dei potentati locali al governo della città, nella realtà di Ventimiglia si ha l’impressione di un Corpo “sopportato” dai politici, a patto che ne segua i voleri, lasci stare gli “amici” e anteponga il quieto vivere al codice ed alla deontologia.
Anche se il sequestro della merce contraffatta è fra gli obiettivi del dirigente della Polizia Locale ed esistono, ovvie, dichiarazioni di impegno contro l’illegalità diffusa da parte dell’Amministrazione, in un articolo apparso su “La Stampa” dell’aprile 2006 un consigliere di opposizione sottolinea come a troppi verbali per occupazione di suolo pubblico redatti dalla Polizia Locale non sia stato dato seguito, con annullamento dei provvedimenti contro i commercianti interessati.
Una corretta definizione del Sindaco - non originale, ma utilizzata per sottolineare uno stato dell’anima generalizzato fra i Ventimigliesi - A Ventimiglia non sono mai contenti di niente. Come per il vigile, tutti lo vogliono, ma solo a multare gli altri”, ci aiuta a capire come debba lavorare la Polizia Locale di questa città.

123

Conclusioni
Per inquadrare la realtà di Ventimiglia, si può partire da una definizione estremamente asettica ed elementare di quella realtà: “una cittadina italiana di confine”.
Con il primo aggettivo si delinea un insieme di situazioni politico-giuridico- amministrative che contribuiranno a spiegarne la gran parte delle problematiche, simili, ovviamente, a quelle della quasi totalità del Paese. Con il secondo si delinea una situazione, come ricordato nel corso di questa analisi, anzitutto geopolitica, ma non solo, unica nel suo genere.
La gran parte delle problematiche di Ventimiglia può essere fatta risalire alla sua storia, di realtà di confine, appunto, che sul confine e sui piccoli “giochi” e trucchi di decenni ha basato la sua economia, senza essere capace, successivamente, di modificarla in rapporto ai cambiamenti, soprattutto di carattere internazionale, sopraggiunti.
Queste problematiche sono state aggravate negli anni, e, ragionevolmente, permangono tuttora, dalla sconsiderata politica giudiziaria che ha sparso per il Paese delinquenti di ogni tipo con l’istituzione dell’istituto del “confino”.
Ecco, quindi, “Ventimiglia città di confine e di confino”, come è stata definita da uno degli intervistati. Il “confine” è scomparso, o, comunque, è stato molto ridimensionato; il “confino” anche, ma ha lasciato tutte le sue conseguenze negative.
Nel corso di questo lavoro, ho raccolto, e accuratamente appuntato una serie di definizioni per la città di Ventimiglia che dimostrano l’attenzione dei miei interlocutori per questa realtà e la loro amarezza per l’attuale situazione, e che contribuiscono a delinearne la realtà: “Ventimiglia, la colonia mancata”, “Una città senza ambizioni”, “potenzialmente ricca e sciagurata”, “una città che non deve riciclare, ma deve riciclarsi”, “una città dormitorio di commercio e annessi al commercio”.
Alle definizioni raccolte nel corso di questo lavoro, voglio aggiungerle una mia, coniata in occasione di un giorno di mercato d’agosto: “Ventimiglia, un immenso reato a cielo aperto”. Una sorte di corte dei miracoli del terzo millennio, in cui si incontrano senza vedersi vittime e autori dei reati più diversi, rigorosamente in ordine alfabetico: contraffazione, furto semplice e aggravato, interessi privati in atti d’ufficio, omissione di atti d’ufficio, riciclaggio, scippo, truffa, utilizzo di carte di credito donate e rubate, violenza a pubblico ufficiale e violenza privata eccetera.
Non possiamo neppure dimenticare che questa città si inserisce storicamente all’interno delle dinamiche e degli equilibri politici che caratterizzano l’estremo ponente ligure e che certe situazioni possono essere interpretate anche come l’esibizione del proprio potere e la rassicurazione dei propri elettori.

124

Questa realtà, appunto ai confini dello Stato, si inserisce in una situazione che, peraltro, interessa tutto lo Stato. Uno Stato che spende milioni di euro per partecipare ad operazioni di peace-keeping e peace-enforcing ai quatto angoli del mondo e lascia senza carburante le autopattuglie delle proprie forze di polizia all’interno del Paese. A questo proposito, possiamo considerare come uno dei più recenti documenti esemplificativi dell’attuale realtà organizzativa della Polizia di Stato la lettera del SIULP di Imperia del 7 agosto 2006. Uno Stato che, di fatto, riduce al minimo i traslochi e gli spostamenti del personale, imponendo ai responsabili di lavorare con il materiale umano che si ritrova. Uno Stato che invia i propri Carabinieri all’estero in missioni di pace ed è costretto a ricorrere a reparti dell’Esercito per il controllo del territorio nazionale. Uno Stato che disincentiva in tutte le maniere possibili i propri dipendenti più motivati e impegnati. Uno Stato che - in costante indisponibilità di posti nei Centri di permanenza temporanea - vanifica qualsiasi attività di contrasto e controllo dell’immigrazione clandestina. Uno Stato che - in totale presenza di bizantinismi normativi e di garantismo esasperato - non trova altra soluzione al problema delle carceri che la liberazione dei detenuti, rinunciando, di fatto, al principio basilare della certezza della pena. Uno Stato che regola la ‘dichiarazione antimafia” con un’autocertificazione del diretto interessato, ed accorcia i tempi dei processi con l’istituto del “patteggiamento”. Uno Stato che fornisce ai suoi operatori un “Codice per gli stranieri” più grosso, centimetro alla mano, dell’insieme del Codice penale e del Codice di procedura penale.
Un Paese, come scrive Diamanti “dove le politiche urbane, più che le amministrazioni, le improntano gli immobiliaristi; quelle del lavoro, facendo di necessità virtù, le praticano gli imprenditori, mentre quelle educative sono, da anni, al centro di riforme e riformicchie che procedono per prove ed errori. Un taglio qui e un rammendo là”.
Sono ben consapevole del fatto che queste indicazioni si possono prestare a critiche di qualunquismo, ma sono altrettanto convinto che, di fatto, buona parte delle problematiche che, in questo momento, investono la realtà di Ventimiglia, possono essere fatte risalire a questo genere di cause e non ad altre.
Se Ventimiglia non fosse parte integrante, ancorché di confine, di un Paese noto per essere il paese del bengodi per delinquenti di ogni tipo, in jeans, djellaba o colletto bianco, un Paese dove non si vogliono norme certe per poter fare i propri comodi all’infinito, un Paese, come ricordato anche dal Presidente del Consiglio, che si caratterizza per una diffusa assenza del senso dello Stato, molti dei suoi problemi non sarebbero arrivati a questo stadio ed anche la lontananza dalla capitale non sarebbe solo negativa. Per la geografia, Mentone dista da Marsiglia e da Parigi più di quanto Ventimiglia non sia lontana da Genova e da Roma.
Sia chiaro, peraltro, che nella costante diatriba già ricordata fra Atene e Sparta, anche in questo caso i lamenti sono molto simili ai due lati della frontiera, e non ci si può certo consolare con il proverbiale mal comune mezzo gaudio”. Chi, il 3 giugno 2006 scrive al proprio Ministro dell’Interno: “Il fatto sempre più frequente per un poliziotto di ritrovarsi la sera stessa per la strada un minore arrestato

125

grazie al proprio impegno la mattina per un voi à la portière o per una rapina chiarisce perfettamente la situazione in cui si trova questo Dipartimento e, di conseguenza, il sentimento generale d’impunità che predomina fra i giovani delinquenti e di stanchezza dei poliziotti di ogni grado” è il Prefetto del dipartimento francese della Seine-Saint Denis.
È chiaro che, in qualsiasi momento, ma soprattutto nelle fasi di particolare crisi, il primo livello di argine, operativo, economico, politico e, soprattutto, morale è quello fornito dallo Stato sovrano, con il suo apparato legislativo e con il funzionamento dei propri strumenti. Quando questo è, di fatto, molto deficitario, se non del tutto assente, ed è tutto il sistema-Italia ad essere arrivato al capolinea, anche i problemi di una singola realtà ne risentono in maniera grave ed accentuata.
Nello specifico del contrasto alla criminalità, non si possono non ricordare, per quanto riguarda le forze di polizia, da un lato le continue emergenze che si succedono, i tagli che ne riducono i bilanci, gli sprechi e le sovrapposizioni e, dall’altro, le scelte, di forma e di sostanza, compiute nel corso degli anni.
I computer permettono di predisporre brillanti presentazioni in power point, con grafici colorati, tanto formalmente accattivanti quanto privi di sostanza, ma non evidenziano le realtà di leadership sul campo, le alleanze, le situazioni di carisma ed i rapporti interpersonali, quelli che si costruiscono e si evidenziano con i brindisi notturni, gli inviti a pranzo e alle feste di famiglia. Le attività di intelligence, effettuate sempre più attraverso i terminali e non sporcandosi le scarpe con l’attività investigativa sulla strada, non permettono di raccogliere informazioni di prima mano e di apprezzare sul campo i rapporti di conoscenza e di amicizia, i collegamenti, le frequentazioni, e le dipendenze fra le persone.
Lavorando in questo modo ci si adegua alla tecnologia e si segue l’andazzo di una società dell’apparenza, ma sarà sempre più difficile individuare quegli “uomini-cerniera” di cui parla Ciconte. Attraverso i dati statistici si tracciano quadri asettici e si forniscono fotografie limitate e artefatte che non aiutano la reale comprensione dei fenomeni criminali.
Inoltre, non si può non riflettere sul fatto che l’antistato di cui parlava anni fa il capo della polizia prefetto Parisi, abbia aperto da tempo “ambasciate” ben funzionanti e inserite nel tessuto sociale del Nord, non solo dell’Italia.
Non si può dimenticare, infine, che la realtà della nostra città, ed ancor più quella del nostro Paese, si inseriscono in una situazione mondiale ancora più complessa e dinamica. “In questi ultimi dieci anni”, come scrive Coen, “abbiamo assistito a un’estensione senza precedenti delle reti criminali nel mondo globalizzato, dove le frontiere hanno perduto la loro tradizionale funzione protettrice e dove ormai, come avviene nell’atmosfera senza confini, un battito d’ali di farfalla nei Caraibi può provocare una tempesta all’altra estremità del pianeta”.

1

Gli aspetti che possono essere presi in considerazione per analizzare la realtà di Ventimiglia sono la qualità della vita, la “piccola” criminalità predatoria quotidiana, la criminalità economica, la criminalità organizzata nei suoi diversi aspetti, il terrorismo cd il “mercato”.
La qualità della vita a Ventimiglia non sembra particolarmente elevata: gli svaghi sono limitati, non ci sono cinema e teatri, non ci sono discoteche; i giovani si spostano verso Sanremo ed in Francia, gli anziani non trovano iniziative particolarmente interessanti per le loro esigenze, i servizi potrebbero essere di migliore livello.
Lo spaccio e l’uso di sostanze stupefacenti non è particolarmente visibile, così come la prostituzione che, piuttosto che di strada, per quello che esiste, può essere considerata inserita e mimetizzata nel tessuto cittadino, così da non turbare i sonni dei vcntimigliesi e dei loro ospiti.
Analogamente, la ‘piccola” criminalità predatoria - termine entrato nell’uso corrente e per questo utilizzato, anche se ritenuto poco corretto, in riferimento al fatto che individua quelle forme di criminalità che più colpiscono o preoccupano il cittadino comune (scippi, truffe, furti in appartamento, furti dell’autovettura e all’interno di questa eccetera) - sembra collocarsi nella norma statistica, e forse anche ai suoi limiti inferiori.
La criminalità organizzata è certo presente a Ventimiglia. Non può non esserci a partire dai dati storici, sociologici e giudiziari. I primi possono essere considerati aleatori e, utilizzandoli, si possono certo rischiare accuse di “sociologismo d’accatto”, quando non di vero e proprio pregiudizio geografico. I secondi, dovendo considerare una situazione di consapevolezza solo al termine del lungo iter giudiziario che caratterizza la realtà del nostro Paese, innegabili, ma limitati.
Come si può vedere, dall’insieme dci rapporti redatti ancora negli ultimi anni dalle Forze di polizia, è segnalata la presenza in questa provincia, e nella città di Ventimiglia, l’intera panoplia di reati caratteristici delle diverse forme di criminalità organizzata nostrana.
A chi, guardandomi con malcelato stupore, ha negato l’esistenza della criminalità organizzata a Ventimiglia, ricordo quanto già riportato, scritto nella Relazione del Dipartimento della Pubblica Sicurezza al Parlamento per l’anno 2003, in cui si ritrovano tutte le caratteristiche evidenziate dall’insieme dei miei interlocutori, che, nella maggior parte non ritengo avessero letto il testo in oggetto.
“Parrebbe, invece, fuori luogo il riferimento ad una volontà tesa ad ogni forma di controllo del territorio imposto tramite l’intimidazione diffusa e il vincolo di omertà. Sul territorio ligure operano alcuni “locali” della “Ndrangheta”, vale a dire strutture organizzate e articolate a loro volta in “ndrin&’. I “locali” liguri svolgono un ruolo equilibratore con funzioni di comando e controllo, nonché di coordinarnento o pacificazione qualora le circostanze lo rendano necessario [....] il “locale” di Ventimiglia si distinguerebbe anche per il ruolo di equilibratore tra le i-

127

stanze delle articolazioni paritetiche, per le funzioni di coordinamento delle attività della “Ndrangheta” in Liguria e nel basso Piemonte, nonché per essere un qualificato punto di collegamento con i sodalizi presenti in territorio francese, a Nizza, Antibes e Mentone”.
Ai ‘tecnici”, costretti al diniego dalla loro proverbiale riservatezza, rinnovo la mia solidarietà e ricordo che, quando possibile, anche nell’antistato, le strutture logistiche e di Stato Maggiore si tengono lontano dalla prima linea. “Nella provincia di Imperia sono presenti pregiudicati calabresi e campani che agiscono in collegamento con i gruppi di appartenenza dell’area d’origine, assumendone spesso le veci di mandatari locali anche per attività criminali da sviluppare nei Paesi d’oltralpe, come ad esempio Francia e Spagna [...j In Ventimiglia, da tempo, le cosche reggine hanno costituito strutturate proiezioni per il traffico di droga e per attività di supporto a latitanti, anche in territorio francese”. Anche queste affermazioni sono state riprese dai miei interlocutori; ‘La ‘ndrangheta vuole una città di transito, una base logistica per facilitare i transiti”, “Il passaggio dei latitanti, pensi a Provenzano, alla necessità di avere un controllo totale del territorio”.
Pregiudicati provenienti da realtà geografiche e sociali impregnate da forme di criminalità organizzata risiedono a Ventimiglia e niente può far pensare - se non improbabili ravvedimenti o una formale presunzione d’innocenza in assenza di prove provate - che non continuino nelle classiche attività delinquenziali previste anche in una realtà quale quella in questione.
Attività dclinquenziali che possono concretizzarsi con poca difficoltà, non trovando resistenza da parte di una controparte poco propensa a forme di resistenza lecita o, anche per diretta conoscenza culturale, ben informate sulle conseguenze di eventuali contrapposizioni.
Non si può non pensare ad un protettorato della ‘ndrangheta, di una sorta di zona franca, costruito nei decenni e, non a caso, collocato in una realtà di frontiera con altri due Stati sovrani.
Inoltre, come ricordato, niente vieta di pensare che, pregiudicati e delinquenti residenti a Ventimiglia svolgano le loro attività illecite altrove, sfuggendo, quindi, ad ogni analisi e considerazione. Lo stesso discorso, come già detto, vale per tutte le operazioni relative all’attività finanziaria, effettuabile oggi in ogni parte del pianeta, dalla vicina Francia ai più diversi ‘paradisi fiscali”.
La presenza della criminalità organizzata garantisce la presenza di tutte le principali forme di criminalità economica, che, nel caso specifico fanno riferimento anche alla contraffazione di prodotti di ogni genere, dalle meno “sensibili” borse e cinture, agli occhiali, ai pezzi di ricambio per strumentazioni e macchinari vari, al cibo ai farmaci. A questo proposito, il Centro Studi Anticontraffazione di Milano indica le seguenti categorie di prodotti in ordine alfabetico: abbigliamento e attrezzature sportive; audiovisivi; chimico-farmaceutico; consumi domestici, ali-

128

menti e alcolici; editoria; elettronica di consumo; giocattoli; moda, abbigliamento e pelletteria; musica; occhialeria; orologi; sigarette; software; videogiochi.
È possibile che, per una gestione più tranquilla di questi mercati, l’organizzazione criminale si sia assicurata un più ampio controllo del territorio, allargando i propri confini in una fascia intermedia di organizzazioni commerciali borderline fra illecito e l’illecito, con una formale mascheratura di attività lecita.
Come detto, i sistemi di protezione giuridica, votati da Parlamenti sovrani, prima ancora delle scatole cinesi e dei paradisi fiscali, garantiscono l’impenetrabilità e la riservatezza, non solo rispetto ad un ricercatore privo di poteri di polizia giudiziaria. L’assenza a tutt’oggi di un’anagrafe bancaria operativa, ad esempio, la dice lunga in proposito.
Fra le attività certo interessate dalla criminalità organizzata sono quelle svolte nel settore dell’edilizia, sia per quanto riguarda la gestione di appalti, sia per forme di caporalato e di lavoro nero.
Fra i principali cespiti della criminalità organizzata operante nell’estremo ponente ligure si devono ricordare anche il traffico di sostanze stupefacenti - è già stata ricordata l’importante piazza di Sanremo - ed il possibile transito di armi.
Il fenomeno del terrorismo ha assunto oggi caratteristiche tali da richiedere un e- levato livello di guardia a tutto campo. Fra “cellule in sonno”, “cani sciolti” ed organizzazioni a diverso livello, “pentiti”, “dissociati” e “mai scoperti” la minaccia può celarsi in ogni tipo di realtà e di situazione. Se in passato, sembra che la zona di Ventimiglia sia stata interessata da passaggi di terroristi rispetto al vecchio confine oggi, salvo quanto appena accennato, sembra si possa ritenere peraltro non esistano minacce specifiche, concrete ed immediate.
Il mercato del venerdì rappresenta o, forse, è stato fatto diventare “il problema”. Il problema degli amministratori, chiusi fra le “indicazioni” e i “diktat” dei commercianti e le giuste larnentele dei cittadini residenti. Il problema delle forze di polizia, compresse fra il dovere di intervenire e l’impossibilità di farlo in maniera costante ed efficace in carenza di mezzi ed eccesso di norme. Il problema degli automobilisti, a partire da coloro che, con tutt’altre mete, si trovano semplicemente a transitare sull’autostrada o sulla statale Aurelia. Il problema delle autorità francesi che, per quanto sollevate dal fatto che il problema sia principalmente italiano, non possono ignorarlo a causa delle ricadute che, a vario genere, interessano anche il loro Paese.
Non si può non pensare che, negli ultimi anni, il mercato sia volutamente stato fatto diventare “il problema”, affidandogli la funzione di specchietto per le allodole, parafulmine di molte proteste e catalizzatore di altrettante attenzioni. E innegabile che raccolga in sé aspetti relativi a tutte le forme di criminalità e di qualità della vita sopra ricordate.
Rispetto alla qualità della vita, costituisce, quanto meno nella giornata del venerdì, un vero e proprio insulto a qualsiasi tentativo di comprensione e di accettazione da parte dei cittadini solo residenti e non interessati a possibilità di guadagno economico. Come è stato ricordato nel corso di un’intervista “chi viene a

129

comprare una borsa mangia anche un gelato”, e questo basilare principio moltiplica a dismisura il numero delle persone che a Ventimiglia abitano o, quanto meno, lavorano, favorevoli al mantenimento dello statu quo del mercato: “attività commerciale-sportello della cassa continua-casa dolce casa”. In realtà, sottratti tutti coloro che dal mercato comunque guadagnano, ed i frontalicri, che a Ventimiglia trascorrono la parte minore della loro esistenza, è chiaro che i contrari al mercato rappresentano una minoranza, certo anche per questo poco considerata.
Credo che solo il buon grado di civiltà dei cittadini “vittime” e lo stato di fatto di occupazione manu militari da parte dei mercanti - che impedisce interventi ripetuti e risolutivi - abbia impedito, fino ad ora, incidenti di grave entità. Anche se il costante posizionamento di banchi autorizzati al di là degli spazio previsti, con il continuo impedimento al transito di eventuali mezzi di soccorso e l’insulto al livello minimo di vivibilità fisiologica per gli abitanti delle strade più direttamente interessate costituisce un continuo pericolo in attesa dell’ “incidente” che nessuno si augura ma che la statistica dei grandi numeri suggerisce di aspettarsi. “A Ventiiniglia si mugugna, ma poi aspettiamo il morto”.
Se alla virulenza ed all’invasività dei commercianti autorizzati si aggiunge quella degli abusivi, che saturano ogni spazio “dimenticato” dai primi, portando ad uno scontro asimmetrico in termini di concrete possibilità di soluzione del problema si può ben comprendere come si tratti di una situazione - allo stato attuale di non soluzione - che racchiude in sé potenzialità deflagratorie di non poco conto. La stessa asimmetria, peraltro. che si ritrova nello scontro quotidiano fra uno Stato groggy ed una criminalità, in tutte le sue sfaccettature, pimpante ed anticipatrice.
Rispetto a forme di criminalità “minore”, un mercato di questo genere costituisce il paradiso ideale di borseggiatori, truffatori e piccoli criminali di ogni tipo. I dati delle denunce relative a questi fenomeni nella giornata del venerdì avvalorano solo in parte questa tesi. Ciò può essere interpretato come il risultato del reale e costante impegno delle forze di polizia, ma può essere letto anche come la conseguenza del controllo dell’antistato, interessato ad acquisire denaro da parte dei visitatori con sistemi meno cruenti.
Per quanto riguarda reati ascrivibili alla criminalità organizzata, il mercato è considerato il luogo principe della vendita di prodotti contraffatti: falsi-veri e falsi- falsi. Con i primi si possono intendere quei prodotti di bassa qualità, venduti a poco prezzo, nella quasi totalità da extracomunitari ed il cui valore intrinseco è ben noto a chi li acquista. Con i secondi, si intendono quelli relativi alla contraffazione di lusso, cioè prodotti molto simili, quando non identici a quelli originali, venduti a prezzi certo inferiori a quello del mercato ufficiale ma, comunque, elevati. La vendita di questi prodotti, cui solitamente si accede attraverso apposite indicazioni e percorsi filtrati, è solitamente gestita da italiani per evitare parte dei rischi di sequestro. Queste modalità sono state confermate da più di un testimone privilegiato, che ha ipotizzato la possibilità del coinvolgimento o, quanto meno, dcl tacito consenso delle industrie coinvolte, che potrebbero essere anche dietro la fabbricazione, effettuata in Paesi in via di sviluppo. Questa modalità di “vendi-

130

ta” consentirebbe, allargando la fascia di possibili acquirenti, di aumentare il fatturato mantenendo in circolazione, comunque, prodotti di ottima qualità e tali da non danneggiare l’immagine del marchio.
Nel corso di quest’analisi ci si è trovati spesso davanti a situazioni “ambigue”, non intcrpretabili univocamente e che portavano ad una possibile risposta dicotomica, che, in assenza di ulteriori possibilità d’indagine, restava tale. Si può ricordare, a titolo di esempio, l’estrema e non frequente chiusura culturale della comunità calabrese, il fenomeno-mercato, leggibile anche come “risorsa” o “falso-scopo” e la presenza di incendi in quantità tale da non poter essere interpretati inequivocabilmente come messaggi intimidatori.
L’attuale, innegabile, tranquillità formale della città può essere il risultato delle operazioni effettuate dalle forze di polizia e dalla magistratura, o il cambiamento di strategia delle organizzazioni criminali, interessate alla tenuta di un basso profilo che assicuri, quanto meno per quanto riguarda un eventuale allarme sociale, una maggiore possibilità operativa connessa anche ad un’ipotetica ridotta attenzione delle forze di polizia. Qualsiasi analisi degli aspetti economico-finanziari formali si limita ad una fotografia dell’apparente, che niente ha a che vedere con la situazione reale dei finanziatori e dei burattinai.
Anche il concetto, ripetuto da più intervistati, di una “Ventimiglia più tranquilla di Sanremo e di Diano”, “concretamente, Ventimiglia é più tranquilla di Sanremo, e così è stato anche in passato”, “a Ventimiglia non si spara per le strade, come succede anche qui vicino”, e confermato dai raffronti statistici, può essere letto come la prova della realtà tranquilla che alcuni vogliono accreditare oltre che, come detto, del concreto lavoro delle forze di polizia, ma anche come il risultato di una volontà politica della criminalità organizzata che in questa specifica area necessita di un ordine apparente e di un eventuale disordine - il mercato del venerdì - che si tende a razionalizzare.
Non si può sottovalutare neppure il fatto che, per la gente comune, quella che ne affolla le strade, Ventimiglia - così come tutta la fascia già ricordata fra Imperia e Nizza - si colloca in una zona a vocazione turistica, piacevole sul piano geografico e climatico, ben lontana da ogni percezione e da ogni immagine di criminalità organizzata. Questa realtà facilita non poco la commissione di reati ed il rafforzamento dell’organizzazione criminale.
Per quanto riguarda le forze di polizia, è ben lontana da me qualsiasi pretesa di fornire indicazioni, peraltro non previste nell’incarico assegnatorni dall’Ente locale. Molto sommessamente, mi permetto di far osservare a livello centrale e non certo periferico, compatibilmente con le ricordate restrizioni budgetarie ed operative, la necessità di razionalizzare le risorse sul territorio e di rafforzare il concetto di “opportunità” rispetto al comportamento dei singoli, l’utilità basilare di effettuare analisi sul campo mirate e continue e garantirsi la conoscenza ed il controllo del territorio.

131

Per le attività d’investigazione e di contrasto alle specifiche forme di criminalità organizzata e di economia sotterranea presenti, può essere utile valutare l’organizzazione di gruppi interforze, sull’esempio dell’esperienza dei GIR, Groupes d ‘Intervention Régionaux, francesi, che consentono interventi simultanei a tutto campo senza limiti giuridici ed operativi. Si tratta di gruppi interforze destinati alla lotta contro la delinquenza violenta, i traffici illeciti e l’economia sotterranea, in particolare nelle zone sensibili, coniugando l’azione dei servizi della polizia nazionale, della gendarmeria, delle dogane, dei servizi fiscali e dei servizi per la repressione delle frodi e delle direzioni del lavoro e dell’impiego.
Nello specifico, per il Comune, committente e destinatario di quest’analisi, ritengo importante evidenziare i seguenti punti che, per quanto di Sua competenza, ritengo molti importanti per il superamento dello statu quo e il contributo alla soluzione dci problemi evidenziati.
Salve le possibilità, in una fase intermedia, di suddividere i banchi nelle diverse aree esistenti in città, o, quanto meno, di creare uno spazio solo per gli extracomunitari, sarà comunque utile decidere il suo spostamento in un’area più decentrata, al fine di ridurre il blocco delle vie di transito ordinario e decongestionare l’attuale area interessata. Oggi, il mercato del venerdì rappresenta una situazione di grave emergenza gencralizzata ed istituzionalizzata che ‘si verfìca ogni settimana che il Signore manda sulla terra”. Una situazione in cui, al di là degli interessi calpestati di tutti i cittadini non volontariamente interessati, permane il rischio legato a qualsiasi episodio che possa richiedere l’intervento tempestivo di mezzi di soccorso o di sicurezza. Solo il caso - e non certo i gestori, palesi ed occulti del mercato - ha impedito che, fino ad oggi, siano avvenuti incidenti più meno gravi, per i quali, come sempre a posteriori, sarà interessante vedere come saranno individuate le responsabilità.
Valutare l’opportunità di organizzare, sulla falsariga dell’esempio francese, un mercato di tipo “etnico” e/o di un ‘mercato delle imitazioni”, destinati agli immigrati extracomunitari, eventualmente posizionato in un luogo diverso dall’ attuale mercato del venerdì. Ciò potrebbe spezzare l’alleanza regolari-irregolari, contribuendo al alterare l’attuale equilibrio vigente.
Bisognerà migliorare il livello di vivibilità della città, garantendo una migliore qualità dei servizi cd una più rapida risposta per quanto si riferisce alla pulizia, all’illuminazione ed alla manutenzione urbana ed al ripristino di quanto danneggiato o deteriorato.
Sarà opportuno potenziare l’organico della polizia locale in termini quantitativi - sia pure nei limiti delle attuali disponibilità finanziarie - e qualitativi, garantendone adeguate condizioni di lavoro, favorendone l’attività preventiva e repressiva a tutto campo, valutando l’opportunità di una dotazione di mezzi alternativi di autodifesa, ricordandosi che la polizia locale rappresenta comunque il biglietto da visita di ogni Amministrazione comunale.

132

Coinvolgere in una gestione strategica della città tutti gli attori, istituzionali e non, le forze sociali e gli operatori economici in un processo democratico di partecipazione e condivisione delle responsabilità e delle scelte. Sarà fondamentale programmare interventi integrati di sicurezza e vivibilità che portino alla riduzione delle diverse situazioni di disagio ed aiutino alla focalizzazione e all’isolamento di ogni forma di criminalità, e creare luoghi di incontro e di mediazione, che possano rappresentare valide alternative ai luoghi del rischio e del disagio.
Considerare che, sempre più frequentemente, le dinamiche urbane richiedono atteggiamenti di mediazione fra tutti gli interessati. Nel caso in cui ciò non sia possibile, però, è evidente che le decisioni devono essere prese in rapporto al valore quantitativo delle parti, all’interesse della comunità che si rappresenta e alle normative esistenti, piuttosto che in base a scelte politiche opinabili od a chiare prevaricazioni di minoranze violente.
Valorizzare l’appartenenza del Comune al FISU, Forum Italiano per la Sicurezza Urbana, organismo che raccoglie oltre un centinaio di realtà locali - Comuni, singoli e consorziati, Province e Regioni - impegnate, anche in una rete europea, a cercare nuove soluzioni alle problematiche della sicurezza e della qualità della vita. In quest’ottica, arrivare in tempi rapidi alla firma con il Prefetto del “Contratto di sicurezza”, da intendersi come traccia di lavoro comune e come impegno reciproco con lo Stato e con i suoi rappresentanti.
Ricercare soluzioni innovative che permettano di ridurre la crisi di posti di lavoro, grazie anche all’utilizzo delle aree liberi e liberabili presenti in città.
Attuare una riqualificazione culturale della città, anche attraverso la valorizzazione delle importanti risorse archeologiche esistenti ed attirando un turismo di qualità, che possa modificare in meglio l’attuale presenza.
Proseguire nelle scuole le iniziative di educazione alla legalità ed alla conoscenza reciproca, per fornire ai bambini e ai giovani indicazioni concrete a sostegno di quanto, comunque, non sempre garantito dalla istituzioni naturali. A questo proposito, saranno fondamentali anche informazioni relative al sistema criminale ed ai danni diretti e indiretti legati a fenomeni quali quello della contraffazione dei marchi commerciali.
Fra gli esempi da sottolineare come positivi e da potenziare, si possono ricordare le iniziative attuate negli ultimi anni dal personale del Commissariato della Polizia di Stato di Ventimiglia, come si può osservare dalla lettura del documento “Progetto Educazione alla legalità e alla convivenza democratica”, iniziato almeno nel 2003, con l’obiettivo “di promuovere e diffondere nel comprensorio intemelio il rispetto dci principi fondamentali della convivenza civile”. Il progetto è ancor più apprezzabile perché, con la sottoscrizione di appositi protocolli d’intesa, prevede il còinvolgimento di numerosi soggetti pubblici e privati, dal ministero della Giustizia, agli Istituti scolastici, alle associazioni sociali, culturali e di genitori, alle parrocchie eccetera. Uno dei progetti presentati si proponeva ‘di

133

stimolare riflessione e dialogo tra famiglie, educatori e giovani sui temi della legalità e della convivenza democratica”.
Nell’ambito di queste iniziative, bisogna ricordare anche l’organizzazione di seminari, convegni e iniziative volte a informare e sensibilizzare i bambini, i giovani ed i loro genitori alla necessità di un allargamento dell’area della legalità e della sua condivisione. Fra queste, le dimostrazioni delle attività della Polizia di Stato, il coinvolgimento della “Carovana Antimafia” dell’Associazione Libera e la presentazione delle problematiche più recenti relative alla vittimizzazione dei minori: il disagio giovanile e il bullismo, le baby-gang, l’utilizzo di internet, i maltrattamenti e gli abusi all’infanzia, la dispersione scolastica.
Per concludere, dall’esame di alcuni parametri relativi a forme di disagio nella città di Ventimiglia, si evidenzia la presenza, da tempo, dei sintomi di una malattia cronica di ancor più lunga data, che non si manifesta palesemente, per diverse ragioni, non ultima quella della sua negazione da parte della malata stessa.
A questo proposito, è interessante sottolineare che l’interesse per questa ricerca e per i suoi risultati, e la fornitura di informazioni congrue alla stessa sono stati tanto maggiori quanto più ci si allontanava dalla città, per arrivare a Roma e Parigi.
Bibliografia
Becca A. (2005), Buongiorno Ventimiglia!, Grafiche Amadeo, Imperia
Becchi A., 2000, Criminalità organizzata. Paradigmi e scenari delle organizzazioni mafiose in Italia, Donzelli editore, Roma

Carraz R., Hycst J.-J. (1998), Rapport au Premier ministre, Une meilleure répartition des effectifs de la police et de la gendarmerie pour une meilleure sécurité publique, La documentation fran9aise, Paris
Carrer F., 2003, La polizia di prossimità, Francoangeli, Milano
Carrer F. (2004), Qualità della vita, qualità dell’abitare e gestione dell’insicurezza, in Aa. Vv., Paesaggi sociali. Sociologia della città, del territorio e dell ‘ambiente, Coedit, Genova
Catanzaro R., Trentini M., 2004, “Criminalità organizzata e criminalità economica in Emilia Romagna,, Quaderni di Cittàsicura, 29, 87-172
Censis, 2004, 38° Rapporto sulla Situazione sociale del Paese 2004, Franco Angeli, Milano
Censis, 2005, 39° Rapporto sulla Situazione sociale del Paese 2005, Franco Angeli, Milano
Ciconte E., 2004, “Mafie italiane e mafie straniere in Emilia Romagna”, Quaderni di Cittàsicura, 29, 31-44
Ciconte E., 2004, “Mafie italiane e mafie straniere in Emilia Romagna”, Quaderni di Cittàsicura, 29, 175-443
Ciliento B., Pazzini Paglieri N. (1991), Ventimiglia, Sagep, Genova Coen M. (2003), “Reti criminali. Minaccia contro democrazia e sicurezza. Comprendere la natura del conflitto”, Osservatorio Strategico, supplemento n. 5, maggio
Comello E. (2000), Gestione integrata dell’area costiera di Ventimiglia, tesi di laurea (relatore prof. A. Vallega), Facoltà di Architettura di Genova.
Comune di Ventimiglia, Descrizione fondativa del Piano Urbanistico Comunale di Ventimiglia, http://www.comune.ventimiglia.it
Cour des comptes (2006), Rapport public thématique sur « Les ports franais face aux mutations du transport maritime: 1 ‘urgence de 1 ‘action », Juillet Dalla Pellegrina L., Macis G., Manera M., Masciandaro D., 2004, Il rischio usura nelle province italiane, Ministero dell’Economia e delle Finanze, Istituto Poli- grafico e Zecca dello Stato
Daniele G. (2005), Da imbuto a nioise. L ‘immigrazione nella zona i Ventimigliese Rapporto di ricerca - giugno 2004, COEDIT, Genova
Diamanti I. (2006), “Gli immigrati nel paese del bricolage”, La Repubblica, 12 agosto
Fall A. S. (2002), Enjeux et défis de la migration internationale de travail ouestafrica i, Cahiers de migrations internationales, Bureau International du Travail, Genève
Ferret J.(1998), “Les nouveaux enjeux de la police urbaine en France: les polices municipales. Etat des lieux et perspectives d’évolution”, Revue Internationale de Criminologie et de Police Technique et Scientìque, 1, 84
Gandolfi D., Viola E. (1986), Ventimiglia e il bacino del Roja: una “marca di confine “, in Quaini M. (a cura di), Carte e cartografi in Liguria, Sagep, Genova
Gazzola A. (2001), La percezione sociale del centro storico, in Costanzi C., Gazzola A. (a cura di), A casa propria. Le condizioni abitative degli anziani nel centro storico genovese, Franco Angeli, Milano

135

Gazzola A. (2003), Trasformazioni urbane. Società e spazi di Genova, Liguori, Napoli
Grande S. (1929), Liguria, UTET, Torino
Hily M.-A., Rinaudo Ch. (2001), ‘Vintimille/Menton: espace marchand/espace frontalier”, Catégories et lieux de la circulation migratoire: rapport intermédia ire, Migrinter, Poitiers
Indovina F. (1990), La città dffusa, Dipartimento di analisi economica e sociale del territorio, Istituto Universitario di Architettura di Venezia
Istat (2005), Popolazione residente e abitazioni nelle province italiane, 14° Censimento generale 2001, Istat, Roma
Legambiente (2001), Rapporto Ecomafia 2001, L ‘illegalità ambientale in Italia e il ruolo della criminalità organizzata, Legambiente, Roma, 5 marzo
Mazzino F. (1994), Un paradiso terrestre. I giardini Hanbury alla Mortola, Sagep, Genova
Meriana G. (a cura di) (1991), Valli di Sanremo e Ventimiglia, Sagep, Genova
Ministero dell’Interno, 2004, Lo stato della sicurezza in Italia, Roma, pubblicato in proprio
Ministero dell’Interno (2004), Dipartimento della Pubblica Sicurezza, Relazione al Parlamento sull ‘attività delle forze di polizia, sullo stato dell ‘ordine e della sicurezza pubblica e sulla criminalità organizzata per 1 ‘anno 2003, Roma, ottobre
Ministero dell’Interno, Direzione Centrale della Polizia Criminale, Analisi sul fenomeno della contraffazione, Roma
Ministero dell’Interno (2006), Nota sulla sicurezza in Italia, Ministero Interno, Roma, 14 agosto
Montuschi E. (1999), Sociologia, in Borutti S., Filosofia delle scienze umane. Le categorie dell ‘Antropologia e della Sociologia, Bruno Mondadori, Milano
Palmero G. (1994), Ventimiglia medievale: topografia ed insediamento urbano, Brigati, Genova
Polizia locale (2006), Contrastare la devianza sociale, Comune di Ventimiglia, s.e., Ventimiglia
Quaini M. (1986) (a cura di), Carte e cartografi in Liguria, Sagep, Genova
Sciarrone R., 2002, La ‘ndrangheta, in Barbagli M., Gatti U., a cura di, La criminalità in Italia, Il Mulino, Bologna
Secchi B. (2001), Prima lezione di urbanistica, Laterza, Roma-Bari
SOS Impresa, 2006, Le mani della criminalità sulle imprese, Rapporto 2005
Tarrius A., Missaoui L., Sempere J.-D., Perea-Lahbabi F. (2001), “Nouvelles formes migratoires, frontières des réseaux des économies souterraincs, frontières nationales, espace Schengen. Le cas des régions méditerranéennes franaises et espagnoles”, Catégories et lieux de la circulation migratoire: rapport intermédiaire, Migrinter, Poitiers
Thomas W. I. (1928), The child in America. Behaviour problems andprograms, Knopf, New York
Vigna P.L. 2004, “Conoscere per contrastare la criminalità organizzata in Emilia Romagna”, Quaderni di Cittàsicura, 29, 75-80
Wilson J. Q., Kclling G. (1982), ‘Broken Windows”, The Atlantic Monthly, 38

136

Siti internet
Banca d’Italia
- www.bancaditalia.it
Camera di Commercio di Genova
- www.ge.camcom.it
Camera di Commercio di Imperia
- www.cciaa-imperia.com
Censis
- www.censis.it
Centro Studi Anticontraffazione
- www.anticontraffazione.org
Comune di Ventimiglia
- http://www.comune.ventimiglia.it
Infocamere
- www.infocamere.it
Istat
- www.istat.it
Osservatorio Economico di Imperia (Azienda Speciale della Camera di Commercio di Imperia Riviera dei Fiori
) - www.cciaa-imperia.com
Polizia di Stato
- www.poliziadistato.it
Provincia di Imperia
- Descrizione fondativa del Piano Urbanistico Comunale di
Ventimiglia
- http://www.provincia.imperia.it
Regione Liguria
- Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale di Imperia -
http ://www.regione.liguria.it
Unioncamere
- www.unioncamere.it
Unione Camere di Commercio della Liguria
- www.lig.camcom.it
Ventimiglia net
- Legge Urbanistica Regionale della Liguria - XXmiglia.net

137